martedì 14 maggio 2013

Il rimpasto mancato



Gli ultimi sviluppi della politica fermana che hanno portato alla farsa del mancato rimpasto della Giunta comunale, voluto a parole da FM e SEL, per ragioni diverse, oserei dire opposte, impongono una riflessione, ed una specificazione chiarificatrice del percorso che ha portato le forze di questo centro-sinistra, oggi slegate a livello comunale e nazionale, ad unirsi per proporsi in alternativa alla vecchia amministrazione capeggiata dall’ex sindaco Saturnino Di Ruscio.

Procediamo con ordine:

Mentre molte forze politiche di un ipotetico centro-sinistra si sedevano al tavolo della coalizione ancor prima di scegliere le componenti della coalizione stessa, acriticamente, a prescindere, quasi per osmosi, il Partito della Rifondazione Comunista fermano poneva un problema di non poco conto, un problema derivante dalla coalizione di centro-sinistra che aveva appena vinto le elezioni provinciali senza l’UdC all’interno, ma con l’apparentamento di una componente centrista come il Centro del Fermano, compagine guidata da Gaetano Massucci, che ha da subito abbandonato la coalizione stessa (forse proprio per candidarsi a sindaco di Fermo, chissà), creando non pochi problemi di ordine politico alla nascente amministrazione provinciale di Fabrizio Cesetti. Memori di queste scompostezze centriste e della continuità dell’UdC con la politica del centro-destra di Di Ruscio, il PRC fermano ha chiesto un incontro con l’allora segretario cittadino del PD, Peppino Buondonno, e il segretario provinciale, Cinzia De Santis. Questo dopo diversi passaggi interni al partito per trovare una linea comune da proporre, e da perseguire. All’incontro il PRC ha posto il veto sull’ingresso dell’UdC in coalizione, conditio sine qua non per iniziare un percorso assieme ad un possibile centro-sinistra, nei fatti ancora tutto da definire, nonostante i soliti noti si erano da subito seduti sulle rispettive sedie, poi diventate immancabilmente poltrone.

Ottenute le rassicurazioni del caso mezzo stampa (nell’ottobre 2010 esce il comunicato del PD che garantisce l’assenza dell’UdC dalla nascente coalizione di centro-sinistra), il PRC accetta di sedersi al tavolo politico. All’inizio si sono seduti anche alcuni esponenti de il Centro del Fermano, ma da subito se ne sono allontanati, nell’inconcludenza delle loro richieste e nella evidente distanza programmatica.
Dopo alcune discussioni accese inerenti il candidato Sindaco, si è giunti ad una sintesi sul nome della professoressa Nella Brambatti,  persona che sembrava mettere d’accordo tutti ed evitare le inutili Primarie, dalle quali esce sempre un candidato meno forte (vedi Bersani vs. Renzi alle ultime Primarie del PD), contrariamente a quello che si vorrebbe far credere.

Mentre tutto sembrava andare per il verso giusto, con un candidato Sindaco condiviso e in anticipo, nella consapevolezza di un centro-destra spaccato e alla deriva, con il Centro del Fermano uscitosene volontariamente, un fatto destinato a sconvolgere la coalizione e la futura amministrazione giunge come un fulmine a ciel sereno. Una serie di transfughi dell’UdC, negli anni passati contigui all’amministrazione Di Ruscio, e capeggiati dall’avvocato Giovanni Lanciotti, sembrano intenzionati a salire sul possibile carro dei vincitori (poi risultato tale, come sappiamo), e fanno pressione sulla coalizione nascente di centro-sinistra, attraverso la civica Fermo Insieme, di Bibi Iacoponi e Paolo Calcinaro, nata ai tempi del sostegno a Buondonno sindaco. Anche in quel caso gli unici a storcere il naso fummo noi del PRC, nella fattispecie il sottoscritto, decisamente contrario e convinto che sarebbero poi stati un problema. Ma il Circolo del partito decise di non ostacolare questo percorso nuovo, che avrebbe portato di lì a poco alla nascita di Fermo si Muove, con l’abdicazione di fatto sia di Bibi Iacoponi che di Paolo Calcinaro, quest’ultimo poi rientrato in gioco grazie all’incredibile risultato elettorale, che lo ha visto essere il più votato dai fermani.

Col senno di poi oggi tutti si sono resi conto che questo è stato il punto di non ritorno, l’orizzonte degli eventi del buco nero dell’amministrazione Brambatti. Qualcuno già subodorava, e proprio nell’opporsi alla nomina di Giovanni Lanciotti alla presidenza del Consiglio produceva il primo atto in discontinuità con la vecchia politica.
Questo atto, assieme alla critica della nomina di un assessore all’Urbanistica in contrasto con i requisiti richiesti dallo stesso nuovo sindaco Brambatti, cioè quelli delle preferenze e/o delle competenze, culmina con l’uscita del PRC dalla coalizione di centro-sinistra, dopo aver constatato anche la nomina del consigliere eletto Andrea Morroni alla presidenza della II Commissione consiliare, in contrasto con ogni logica di garanzia.
Tutte queste “spiacevoli sviste”, tanto per citare un assessore di questa giunta, hanno portato alle problematiche di oggi, che sembrano potersi risolvere con un semplice rimpasto. Una linea politica non discontinua con la precedente amministrazione e macchiata d’incapacità e pressappochismo non può risolversi spostando dei nomi come semplici pedine d’un gioco da tavolo. Non basta, non serve. In un nostro articolo uscito nel 2012 si riportava questo: Cambiare non un modello ma solo gli interlocutori: è questa per la “sinistra“ la più grossa e grave sconfitta.

Questi giochetti non portano più a nulla, i cittadini sono stanchi, e credo molto più consapevoli ora. La coalizione di centro-sinistra che amministra Fermo non rispecchia le dinamiche della politica italiana, che oggi vedono le larghe intese tra coloro che da noi continuano a dividersi sul nulla, consapevoli di aver fatto poco e male come amministrazione passata, e poco e male anche come amministrazione presente. 

Siamo al capolinea.

Il tempo, come sempre, è galantuomo. Oggi le scelte del PRC fermano sono riconosciute da tutti come le uniche possibili allora, e come tali vengono rispettate. Ma questo non basta, e non consola nessuno. Vedere questa amministrazione inconcludente non può che preoccupare, e nemmeno le dimissioni da segretario cittadino e il suo abbandono ultimo del PD da parte dell’uomo (Buondonno) che più ha impersonato questa metodologia politica ci può consolare, semplicemente perché il nostro Paese e la nostra città attraversano un momento di crisi talmente profondo da far passare in secondo piano queste dinamiche sterili e infruttifere. Troppo facile, troppo tardi, il mio laconico commento a questa vicenda.

Da semplice cittadino più che da ex segretario del PRC, mi auguro che alcune di quelle forze politiche di sinistra che a livello nazionale si stanno ravvedendo, pur non essendo immuni da colpe, nella formazione di “Italia. Bene comune”, nell’accettazione di tutti i diktat europei e delle Primarie interne al PD, oltre che nell’invocazione del voto utile in funzione antiberlusconiana (l’inganno più vergognoso degli ultimi anni, culminato nell’evidenza dell’inciucio); mi auguro che queste forze - dicevo - si armino di coerente coraggio e segnino un punto fermo, decretando la fine del fiancheggiamento amministrativo del PD anche a livello locale, segnando definitivamente la distanza tra la politica come megafono della protesta di popolo (redistribuzione, beni comuni, difesa del lavoro, reddito minimo), e la mera politica di Palazzo (inciuci, rimpasti, tatticismi, interessi privati).

Simone Tizi

mercoledì 27 febbraio 2013

Nemmeno gli alberi riconoscono le frontiere


Avevo annunciato che avrei parlato diffusamente delle mie dimissioni da Segretario cittadino del Partito della Rifondazione Comunista dopo le elezioni, qualsiasi fosse stato l’esito delle stesse. Per questo oggi mi appresto a farlo, anche se l’esisto estremamente negativo dell’esperienza di Rivoluzione Civile mi imbarazza, un po’ mi trattiene, in una sorta di rispetto per la sconfitta, e gli sconfitti. Ma poi penso che si deve andare avanti, contribuendo a costruire una memoria storica e critica per non ripetere ancora gli stessi errori. 

Le motivazioni della mia decisione, maturata alla fine del 2012 con non poca tristezza, sono la ovvia conseguenza di una lunga serie di scelte politiche sbagliate da parte della Dirigenza nazionale del partito, troppo spesso imposte o scarsamente dibattute. Già l’esperienza de La Sinistra/L’arcobaleno fu un’esperienza fallimentare: il primo tentativo di riunire una serie di partiti e leader politici molto diversi tra loro, e non tutti anticapitalisti, con l’unico scopo di creare un soggetto autosufficiente e percentualmente rilevante a sinistra. Con lo stesso scopo, e con l’aggiunta di una convinzione ottusa che la politica passi solo per il Parlamento, scordando quel cretinismo parlamentare di cui scriveva Marx in Rivoluzione e Controrivoluzione in Germania, si è approdati alla Federazione della Sinistra, tentativo presuntuoso e autodistruttivo di riunire due partiti comunisti che si erano già divisi prima, perché opposti nella prassi politica e non solo. Attraverso il periodo più buio di questa Federazione, mai nata definitivamente, cioè quando ci si divideva sull’opportunità o meno di partecipare alle Primarie del centro-sinistra, ci si è ricompattati con difficoltà attorno a quel progetto ultimo chiamato Rivoluzione Civile, guidato dal magistrato Antonio Ingroia. Ennesimo progetto spacciato per l’ultima opportunità di rientrare in Parlamento, nella rassegnazione evidente di una mancanza di capacità organizzativa senza i soldi e la visibilità della politica partitica tradizionale, oggi sempre più osteggiata dall’opinione pubblica e smembrata da movimenti di protesta sviluppatisi lontani dai luoghi tradizionali dell’informazione. 

Oggi, vanificata del tutto l’opportunità di rientrare in Parlamento, leggo che anche la Segreteria nazionale del PRC è dimissionaria. Anche se tardivo, lo ritengo un primo passo. Ora mi aspetto anche un’autocritica senza appello e quella capacità di comprendere come mai un programma che al 70% coincideva con quello di Rivoluzione Civile ha portato circa 8 milioni e mezzo di elettori a preferirgli un altro movimento. Evidentemente gli italiani non prestano attenzione solo ai programmi. Evidentemente ci sono mode passeggere e momenti storici differenti, che comportano riflessioni su parlamentarismo ed extraparlamentarismo, cioè sull’opportunità di essere l’uno o l’altro a seconda dei momenti storici stessi. Proprio per questo la sinistra comunista deve rassegnarsi all'idea di essere minoranza, parlando di programmi e bene pubblico, e di conseguenza ha solo un modo di esistere oggi: esistere fuori dal Parlamento. Ma deve farlo serenamente, lavorando al di fuori e cercando di riscoprire una propria identità, evitando aggregazioni tra diversi (un giorno qualcuno dovrà spiegarmi serenamente come si possa arrivare a pensare di formare un movimento unitario a sinistra con un partito che risulta iscritto all’ALDE) o alleanze varie. Solo così, un domani forse non prossimo, riuscirà a farsi capire e riconoscere; e forse anche a rientrare in Parlamento.

Detto questo, io credo che i comunisti hanno iniziato a smettere di esserlo quando hanno preteso di votare leader non comunisti e movimenti non comunisti. E hanno smesso, di conseguenza, un po’ alla volta, di contare a livello numerico, disperdendo un’eredità centenaria e un patrimonio immenso di idee e progettualità, di storia politica, di analisi e prassi comunista.

Nell’attesa che i compagni ritornino a essere tali, riprendendosi o riscoprendo l’ipotesi comunista contenuta nelle convinzioni del PRC originario, ho deciso di distaccarmene. Rimango comunque a disposizione per una eventuale rifondazione della Rifondazione, anche solo come tesserato onorato di poter perseguire ancora l’ideale comunista, cioè quello slancio d’egualitarismo di chi continua ancora a non immaginare il capitalismo come orizzonte ultimo dell’umanità.

Saluti comunisti,

Simone Tizi, un compagno deluso ma non rassegnato

lunedì 26 novembre 2012

Una sconfitta primaria (per la sinistra)



Doveva vincere Bersani, Bersani ha vinto. Dovevano farci credere che c'erano dei giovani “rottamatori” in un partito gerontofilo, ed hanno creato Renzi, il finto giovane, che doveva arrivare secondo, spostando però pericolosamente l’asse verso il centro-destra. Poi dovevano farci credere che hanno una visione aperta e di sinistra, per questo hanno candidato un gay con l'orecchino che rotacizza, e l'hanno fatto arrivare terzo, distaccato di molto. Poi dovevano farci credere che non era una corsa a due più il biracchio, ed allora hanno candidato un democristiano ed una sconosciuta, relegati a figure di riempimento. Nel mezzo, una marea di portatori d'acqua. Il PD ringrazia. E adesso che è stato verificato, percentualmente, che l'uomo di SEL non incide all'interno di questa coalizione, vediamo chi, da sinistra, coerentemente, farà retromarcia, e forte autocritica. 


E questa è la nota dolente, difatti. La partecipazione di Nichi Vendola alle Primarie, pastrocchio pseudo democratico importato dagli Stati Uniti (la politica secondo Veltroni), ha dato credibilità al PD da sinistra, e questa è una cosa inammissibile, un errore strategico marchiano e senza precedenti. Si doveva creare una coalizione a sinistra del PD, isolandolo, costringendolo a decidersi definitivamente da che parte stare, invece così c'è stata solo compromissione, di fatto distruggendo in pochi mesi un lavoro a sinistra essenziale per una rinascita.


Ora che abbiamo verificato inequivocabilmente che all'italiano medio, notoriamente smemorato, è stato proposto ed imbellettato, direi venduto, un modello giustificatorio per accordi con il Partito Democratico da parte di chi lo aveva da sempre osteggiato. Gli è stato descritto un mondo favoloso ove la "nuova" compagine di centro-sinistra, a smaccato predominio piddino, diventava una sorta di schermo difensivo al liberismo attraverso una serie di valori programmatici di equità e redistribuzione, di fatto smentiti dalla Carta d'intenti, in linea con le politiche economiche e sociali del governo Monti. E questo insieme illusorio di palesi menzogne è stato fatto passare come possibile solo se alla Primarie avesse prevalso Vendola, il nuovo deus ex machina della sinistra italiana. Quindi oggi, al di là del fatto che questa costruzione faceva acqua da tutte le parti, mi aspetto che, nel momento che si è certificata la sconfitta della tattica de crociato pugliese (ed anche qui stava l'inganno), questo popolo che si definisce di sinistra diserti la coalizione di centro-sinistra guidata da Bersani o, con minori possibilità, da Renzi. Voi mi direte che c'è un patto, c'è un impegno, bene, è vero, ma sono questioni di Vendola nei confronti dei suoi alleati; gli elettori invece dovrebbero essere liberi da impegni, e quindi scegliere diversamente, svuotando di fatto SEL e le sue Fabbriche. Ora vediamo se certa gente è seria e coerente, se ha a cuore la sinistra ed il bene comune, o se vorrà perseverare.


Veniamo alle questioni fattive. Il voto alle Primarie ha comportato da parte dei votanti l’accettazione di una serie di questioni dirimenti per la futura coalizione di centro-sinistra, dal Fiscal Compact alle missioni militari NATO (dalla Siria all’Iran, come se il centro-sinistra non si sia già lordato la sua presunta veste bianca col sangue del Kosovo). Massimo Rossi, portavoce nazionale della FdS, ha elencato alcune questioni estrapolate dalla cosiddetta Carta d’intenti:



“Promuovere un accordo di legislatura del centro liberale...” (leggi Casini)
“Assicurare la lealtà istituzionale agli impegni internazionali e ai trattati sottoscritti dal nostro Paese, fino alla verifica operativa e all’eventuale rinegoziazione degli stessi...” (leggi missioni militari)
“Appoggiare l’esecutivo in tutte le misure di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni si renderanno necessarie per difendere la moneta unica...” (leggi Fiscal Compact)
“Vincolare la risoluzione di controversie relative a singoli atti o provvedimenti rilevanti a una votazione a maggioranza qualificata dei gruppi parlamentari convocati in seduta congiunta” (leggi: scomparsa della possibilità di dissenso parlamentare)

Detto questo, passiamo alle analisi politiche delle coalizioni di centro-sinistra esistite ed esistenti. Partendo dai governi Prodi, sono stati l’avanguardia del liberismo in Europa tramite le liberalizzazioni di Bersani (che ancora continuano a produrre danni), hanno fatto guerre NATO, hanno prodotto tagli, il pacchetto Treu, hanno attaccato per primi l’art. 18 (vedi Marco Biagi, consulente dapprima dei governi di centro-sinistra e vero artefice della riforma del lavoro, che ha portato all’oggi. Uomo di Prodi, poi usato trasversalmente, anche da chi l’art. 18 manco sapeva cosa fosse), non hanno mai affrontato la questione del conflitto d’interessi di Berlusconi, di fatto salvandolo più volte, lui ed il suo impero mediatico. Sono stati sempre vicini ai poteri finanziari ed a quelli religiosi, in assoluta linea e continuità con ogni governo Berlusconi, che anzi hanno sopravanzato in fatto di liberismo, di guerre (i nostri aerei nelle missioni militari iniziano a bombardare col governo Monti) e sostenendo l’attuale governo Monti assieme, contribuendo ad inserire il pareggio di bilancio in Costituzione, una cosa che era fiore all’occhiello dei primi governi Cavour e Minghetti denominati Destra Storica.

Politicamente parlando, i governi di centro-sinistra e l’ultimo governo tecnico, di fatto sostenuto da entrambi gli schieramenti, sono stati più deleteri di quelli di centro-destra, ove questi ultimi si sono limitati ad attuare misure e leggi per salvare Berlusconi, che doveva render conto a Licio Gelli e Propaganda 2, sempre nell’ambito di piccolo cabotaggio paesano, assolutamente incapaci di incidere nell’assetto globale del potere finanziario mondiale. Sappiamo tutti che Berlusconi era un ostacolo per quei poteri internazionali che dovevano attuare politiche europee in linea con quelle americane, e che di fatto lo hanno fatto fuori con la scusa degli scandali e dell’impresentabilità politica (questioni reali, s’intende), sostituendolo con un uomo che rappresenta l’alta finanza e la massoneria internazionale (Gruppo Bilderberg, i capi del mondo Occidentale).

Questa crisi internazionale del modello capitalistico è una crisi indotta, voluta fortemente dal Capitale. Ed è servita ad acuire il conflitto, a rastrellare danaro attraverso una macelleria sociale più vasta e puntuale, il tutto a favore delle Banche e del potere economico, che da questa crisi ne esce rinsaldato. A tutto questo hanno contribuito fattivamente entrambi gli schieramenti di centro-destra e centro-sinistra, con quest’ultimo, in Italia, più idoneo e presentabile, cioè in grado di non pensare alle questioni personali del proprio leader per dedicarsi alle direttive dei gruppi di potere mondiali.

In ultimo Nichi Vendola. E’ un abile affabulatore, ed è riuscito nel doppio intento, da una parte, di far fuori la sinistra comunista in Parlamento, scindendola e disperdendola; e, dall’altra, di compattare una parte dei socialdemocratici del PD (erano SD) e qualche post comunista uscitosene dal PRC e dal PdCI. Ha costruito dopo la scissione, non si sa bene con quali finanze, dato che se ne uscì da un partito povero, un’immagine attraverso la nascita di una marea di sedi e di fabbriche in suo nome, dalle quali sono usciti una schiera di adepti al limite dell’adulazione, gente che se ne va in giro con magliette, bandierine e manifesti con il suo nome stampato sopra.
Tutto questo è un aspetto leaderistico che qualsiasi serio uomo di sinistra dovrebbe fortemente osteggiare, stigmatizzandone la deriva controproducente per il bene comune. Non starò qui ad affrontare le questioni inconcludenti della politica di SEL, altrimenti farei notte, e comunque servirebbe a poco.

Da uomo libero mal sopporto i legacci e le accettazioni di carte d’intenti e tagli futuri (45 miliardi di tagli annui per un ventennio). Ritengo i governi di centro-sinistra storicamente fallimentari (serve solo un’analisi storica degli ultimi anni per averne certezza, senza andare troppo indietro), assolutamente impossibilitati, oggi come ieri, di poter fare scelte economiche indipendenti, al di fuori dei diktat europei, o contrarie alle guerre NATO. Quindi senza alcuna possibilità di governare autonomamente, di incidere dal di dentro, di salvaguardare la sovranità nazionale, di fare il bene di tutti e non dei gruppi finanziari internazionali. Ritengo che oggi una sinistra reale non possa e non debba stare al Governo col PD, per le questioni suddette, note ai più, sviscerate in questi ultimi anni fino alla noia.

La sinistra col PD non c’entra nulla, non dovrebbe sostenere governi guidati da Bersani o Renzi. Non avrebbe dovuto partecipare alle Primarie.


sabato 24 novembre 2012

Economie di piazza


Come cittadino fermano memore delle passeggiate sulla Strada Nuova brulicante di gente accompagnato dalla mano ferma del mio babbo, e come uomo politico di sinistra attento alla bellezza dei luoghi, mi sento di esporre il punto di vista del Partito della Rifondazione Comunista in merito alla richiesta, fatta da alcuni esercenti, di parcheggi temporanei in Piazza del Popolo per il periodo natalizio, in concomitanza con i lavori in una porzione di strada in entrata.

La Piazza va vista e vissuta non tanto come un salotto ma come un punto fermo a Fermo. Cioè quello che nei corpi si chiama punto di quiete, senza il quale non esiste movimento. La stessa cosa, per dire, che faceva il buon Frank Lloyd Wright nella sua architettura organica, progettando sempre partendo dal camino, che diventava esattamente quel punto di quiete da cui creare il movimento, l'organicità del progetto. In ogni corpo come in ogni progetto deve esserci quel punto di quiete da cui poi far scaturire il movimento. La Piazza principale in ogni luogo civile storicamente rilevante si salvaguarda, diventa punto di quiete. Tanto per fare un solo esempio a noi vicino, nella varie foto negli anni di Piazza del Popolo in Ascoli non ricordo macchine parcheggiate, sempre e solo tanta gente e tavolinetti; mentre se guardiamo le varie foto negli anni della nostra Piazza del Popolo vi troveremo la storia delle autovetture in Italia: si possono datare le foto solo osservandone i vari modelli parcheggiati. Nella Piazza di Ascoli, però, ci sono locali di rilievo, talmente importanti che si partiva financo da Fermo per andarci anche solo un pomeriggio (locali che solo questa crisi voluta dal capitalismo ha intaccato); di contro nella nostra Piazza non c'è nulla, manco una pasticceria produzione propria di prestigio. Per questo loro sono Provincia da tempo e noi la rivendichiamo solo per mere questioni geografiche, senza meritarcela. Per questi motivi in Piazza ve sempre meno gente, il prestigio svapora e le botteghe lavorano poco e male. Fino a quando avremo certi cittadini, certi commercianti e certi politici, Fermo sarà sempre e solo un paesotto diviso tra clero e massoneria.

Simone Tizi, Segretario del Circolo del PRC di Fermo e P.S. Giorgio

giovedì 25 ottobre 2012

Malapolitica



L’altra sera, mercoledì 24 ottobre, l’amministrazione comunale ha convocato la cittadinanza fermana al Caffè Letterario per una discussione sul Progetto di riqualificazione di viale Ciccolungo. All’assemblea pubblica erano presenti il Sindaco e gran parte della Giunta, più i tecnici del Comune. La partecipazione da parte dei cittadini è stata discreta e molto sentita. Gli assessori ai Lavori Pubblici ed alla Viabilità, supportati dai tecnici, hanno illustrato diverse soluzioni adottabili. La discussione, decisamente accesa, ha evidenziato diverse questioni interessanti ed alcuni punti fermi. Anzitutto i residenti si sono trovati in maggioranza d’accordo sull’accettazione del senso unico in via definitiva e nello stesso senso di marcia attuato pro tempore, ma alla condizione di invertire l’altro senso di marcia in via Mercantini, altrimenti chiunque si servisse del viale (non solo i residenti) dovrebbe fare il giro dell’orto per tornare indietro, con consumi impropri ed inquinamento superfluo. Si sono trovati altresì d’accordo, in larga parte, sulla realizzazione del marciapiede verso il verde della scarpata come logica prosecuzione di quello già iniziato, che gira attorno alla “Madonnina”, e che consentirebbe una continuità per una passeggiata che arrivi direttamente in Piazza del Popolo, oppure per chi vuole andare comodamente a prendere le “scalette” o l’ascensore inclinato, affrontando un unico attraversamento pedonale (contestata, invece, la soluzione illogica e pericolosa del marciapiede verso i palazzi, che diventerebbe un percorso ad ostacoli tra le macchine che entrano ed escono dai rispettivi garage). Questo accompagnato da una reale riqualificazione del viale risistemando in maniera ordinata i parcheggi esistenti (che potrebbero attestarsi intorno ai 100 posti auto con almeno due riservati agli invalidi, come da norma) e rifacendo il manto stradale, oggi assolutamente gibboso, dissestato e pericoloso. Queste si sono dimostrate come le richieste più logiche ed effettivamente attuabili, e potrei finire qui l’articolo. Ma ieri si sono evidenziate altre questioni, dato che alcuni di noi hanno anche contestato la rampa in cemento oramai realizzata, perché sovradimensionata rispetto alla cabina montata e perché, come avevo scritto diverse volte, il costo delle penali (giustificazione adottata da questa amministrazione per la realizzazione dell’opera appaltata da quella precedente) non è stato valutato assieme al costo della manutenzione. Ho avuto modo di capire a fine serata, parlando con alcuni assessori, che la scelta dell’ascensore è stata solo ed unicamente una scelta politica, non voluta da tutti, cioè votata a maggioranza da questa Giunta – e coloro che si sono trovati in minoranza hanno democraticamente accettato tale scelta. Dico questo perché la mia denuncia fatta più volte sui costi di manutenzione di quest’opera ieri ha avuto conferma, dato che gli stessi costi si sono verificati assai maggiori di quelli che si sarebbero andati a sostenere se si fosse deciso di non realizzarla pagando le penali. Detto chiaramente, le penali ammontavano a 130 mila euro mentre manutenere l’ascensore costa, considerando la tassazione ed i prezzi attuali, 15 mila euro l’anno, quindi in soli dieci anni noi cittadini andremo a pagare 150 mila euro di manutenzione, 20 mila in più della penale stessa, e considerando una vita media dell’impianto di circa quarant’anni, noi cittadini pagheremo all’incirca 600 mila euro, cioè 470 mila euro in più – questo senza considerare che l’amministrazione comunale poteva accordarsi con la Ditta appaltatrice, concedendo ad essa lavori equivalenti da svolgersi in altri luoghi, evitando di fatto le penali stesse.
In ultima analisi, ci troviamo di fronte ad un eclatante esempio di malapolitica, di spreco del danaro pubblico, di approssimazione ed incapacità, che, come al solito, andremo a pagare noi cittadini.

Simone Tizi, residente e politico disarmato

P.S. Mi preme ricordare che non è vero che questo ascensore è servito a far sì che si parlasse del marciapiede e della riqualificazione in viale Ciccolungo. Nulla di più falso. E’ dalla mia nascita, nell’anno 1966, che vivo nel viale e che sento parlare dell’esigenza di un marciapiede e di una riqualificazione reale. Come mi sento di aggiungere anche che, in una carreggiata ridotta ed a doppio senso di marcia senza riga di mezzeria, a memoria di residente non si siano mai verificati incidenti gravi o frontali pericolosi. Questo va detto perché, quando si parla di pericolosità delle strade, bisognerebbe verificarne puntualmente la veridicità, di tali affermazioni. Questo non toglie il fatto che il viale abbisogna di un marciapiede per renderlo percorribile dai pedoni, quindi vivibile, ed il senso unico ne agevola la realizzazione.