domenica 22 novembre 2009
Il "caso Battisti", una riflessione
venerdì 20 novembre 2009
La legittima difesa ad un violentatore
la ragazzina all'epoca dei fatti, due anni fa, aveva 11 anni
Violenza su minore, indagato Placanica
Sotto inchiesta a Catanzaro l'ex carabiniere prosciolto
per la morte di Carlo Giuliani durante il G8 del 2001
Quigiovedì 19 novembre 2009
In risposta a Di Ruscio
(Comunicato stampa)
Come al solito, è arrivata una risposta di Di Ruscio che non risponde a nulla, che evita accuratamente di entrare nel merito delle questioni poste. L’aspettavamo.
Si inizia parlando di superficialità e strumentalità, addirittura nella risposta si racconta di qualcuno che ne rimane amareggiato, delle nostre critiche precise e puntuali. Ovvio, le nostre sono critiche strumentali perché chi le pone ambisce a prendere il posto di Di Ruscio, che sicuramente lavora per la cittadinanza e non per se stesso. Infatti egli non fa politica per professione: no; non è contemporaneamente Sindaco ed assessore: giammai; non si è mai candidato alla presidenza della Provincia senza abbandonare l’attuale carica di primo cittadino: figuriamoci; e non sta di certo pensando di candidarsi alle regionali, rischiando di lasciare la nostra città al commissariamento: per nulla al mondo. D’altronde lavora per i suoi cittadini, non ricerca posti né cariche. Certo, noi siamo strumentali perché ambiamo a fare i politici di professione, stipendiati di lusso, e lo amareggiamo. A questo ci crede solo lui, perché la cosa è talmente ridicola che fa quasi tenerezza. La sua bramosia di potere è sotto gli occhi di tutti, la sua storia ne parla. Ed anche l’immediatezza nel rispondere ci lascia intravedere un Sindaco indaffarato e laborioso, che non si gira i pollici aspettando di leggere le ennesime critiche al suo operato inoperoso perché è giustamente oberato di lavoro. Peccato che poi risponda al volo, annoiato nella sua paciosa indolenza.
Ma poi va avanti, invece di tacersi per pudore straparla di cose che ignora, e di cose che lo preoccupano a tal punto da avere i nervi scoperti. Nessun accenno all’Asite ed alla Solgas, due partecipate indebitate fino all’osso e amministrate coi piedi. E se ne comprende il perché, di questo rumoroso silenzio: sono semplicemente indifendibili. Poi si permette di rimandare al mittente le questioni Ned e centrale a biomasse, lui, con la sua posizione “democristiana”, in pratica con una stucchevole non posizione. Difatti non s’è mobilitata la popolazione fermana per protestare, e non s’è mobilitata anche contro questa amministrazione comunale. La posizione del Prc di Fermo invece è sempre stata chiara al riguardo, una posizione ferma, coerente, certa. E siamo stati tra i pochi a proporre una soluzione per i lavoratori della ex Sadam. Ma non eravamo noi quelli che non propongono mai nulla da otto anni a questa parte?
Riguardo la sabbia di Marina Palmense, invece, la legge insegue noi del Prc, che però stranamente non abbiamo problemi con la legge. Non è stato rinviato a giudizio Di Ruscio per questo, evidentemente non è così.
E la viabilità otto anni fa era veramente impossibile, la gente non arrivava in tempo al lavoro: file interminabili. La Strada Nuova era una storica passeggiata difficoltosa, oggi con le macchine parcheggiate sopra è tutta un’altra cosa. Le rotonde ovali poi sono veramente geniali, o quella davanti al cimitero rifatta più volte, costosa e stretta, che oggi ci fa arrivare “agevolmente” ad una sede provvisoria della Provincia, altrimenti irraggiungibile. E le mini rotonde davanti a Villa Vitali e prima dei Cappuccini - che delimita una variante avariata ad “alto” scorrimento - ci hanno cambiato la vita. In ultimo, velo pietoso riguardo le diverse varianti che si vuol far credere fatte per la comunità e non per altro. Come se i soggetti interessati non fossero suoi grandi elettori. Come votassero tutti Prc.
Insomma, si diceva, come al solito si spande il nulla in maniera molto abile, attraverso alcuni mezzi di stampa che di questo nulla ne fanno agiografia, mercificando fantomatici risultati di un passato recente che però è sotto gli occhi di tutti, e che nessuno può mistificare. Quest’amministrazione è fumo negli occhi, anche nelle inconsistenti risposte del suo fac-totum.
Il Segretario di Federazione del PRC di Fermo
Il Segretario di Circolo del PRC di Fermo
Il Gruppo Consiliare del PRC di Fermo
mercoledì 18 novembre 2009
Militi cristiani
"Sono molto soddisfatta di aver posto in discussione insieme ad altri colleghi la mozione riguardante la sentenza della corte europea sul crocefisso nelle scuole. Interessante dibattito, che ha visto le sole note stonate dei comunisti, terminato non solo con l'approvazione della mozione ma con l'impegno del consiglio regionale a "promuovere" segni e simboli della nostra tradizione e storia. Quindi, ora, il via ad iniziative a partire spero dai sindaci che facciano esplicite ordinanze per il mantenimento del crocefisso nelle scuole e negli uffici pubblici e per metterlo dove manca.
La cosa più assurda è che questa sentenza laica e civile della corte europea ha prodotto reazioni fondamentaliste ed inurbane in uno Stato confessionale ed incivile. Come al solito, il Vaticano, cioè la nostra peculiarità che ci differenzia dagli altri Paesi evoluti, che ci mantiene retroguardia, manda avanti i suoi militi.
Nella nostra città e nella nostra regione questi operai di Dio lo vogliono mettere pure dove non c'era, stravolgendo, ribaltando il senso della sentenza europea. Siamo al parossismo, esposti al ridicolo e immersi nella volgare ignoranza.
P.s. Da notare che, come al solito, siamo solo noi comunisti a fare opposizione.
martedì 17 novembre 2009
Centro-destra, la fine di un sogno
(Comunicato stampa)
E’ oramai generalizzato lo sbando in cui versa il PDL nel territorio.
Da Fermo a Porto San Giorgio a Montegiorgio è un continuo rincorrersi di veti, ricatti, ripicche, ma soprattutto di un preoccupante “nulla politico” da parte di una classe dirigente inadeguata per comprendere e saper rappresentare le reali necessità della comunità che con tanta speranza li aveva chiamati a risolvere i propri problemi.
Il trionfo del populismo, della bugia, della arroganza, del comando - e non del governo della cosa pubblica -, oltre alla mancanza di confronto hanno solo prodotto disastri e guasti di difficile soluzione.
A Fermo, dopo otto anni di questa amministrazione, oltre al fallimento politico di Di Ruscio & C., rimangono solo macerie.
Una politica economica, quella di Di Ruscio, piena di clientelismo, volta a creare una voragine di debiti come nel caso dell’ASITE, e contraddistinta dalla totale mancanza di attenzione per la tutela dell’ambiente e del territorio.
La sabbia di Marina Palmense, le varianti urbanistiche ad personam, le discariche incontrollate, la distruzione di aree nel centro storico - come l’area Vallesi -, le Centrali a Biomasse nate sul territorio, l’assenza di una politica per riqualificare il centro storico o di un’dea per migliorare la viabilità urbana. Tutte questioni che sono il segnale inequivocabile di un fallimento culturale e politico.
Attribuire come fa Di Ruscio ogni proprio fallimento a cause esterne alla sua volontà o a nemici e traditori infiltrati è la dimostrazione di un modo di agire di chi non riconosce i propri errori e limiti.
Il suo motto è vivere delle proprie certezze, eliminare ogni complessità, controllare l’informazione con finanziamenti o sponsorizzazioni da parte delle sue controllate ASITE e SOLGAS per essere sempre osannato e soprattutto per non essere disturbato nel suo lavoro, in questi otto anni volto unicamente ad accontentare i suoi fedelissimi a discapito della collettività.
Il trasformismo, il pressapochismo e l’opportunismo di Di Ruscio hanno poi raggiunto l’apice con i lotti Alberghieri di Casabianca.
Dopo aver tenuto tre anni fermi i progetti nel suo cassetto, in attesa di diventare Presidente della Provincia per agevolare il cambio di destinazione da alberghi a residenze, cosa poi miseramente fallita, è uscito sulla stampa affermando candidamente che tanto gli alberghi non si faranno mai, perché non convenienti per i privati.
Quale soluzione propone allora il Sindaco Di Ruscio?! Visto che ha avuto ben otto anni per trovarne una, non ci venga a dire ora che la sua idea è quella di abbassare di un piano gli alberghi, farne residenze per avere in cambio chilometri di meravigliosi marciapiedi, parcheggi posti a chilometri di distanza o forse stupende rotatorie da riempire di sponsor. Abbiamo l’impressione che come per la Ned, le Centrali a Biomasse o il project financing questa “soluzione” sarebbe scontata e poco credibile.
L’egemonia berlusconiana ha creato, purtroppo, tanti piccoli cloni sparsi nel territorio, con una grande concentrazione nel Fermano, spesso anche peggiori dell’originale.
La scientifica semplificazione di tutto come metodo populistico per creare consenso ha prodotto una perdita collettiva di distinzione tra il vero ed il falso, tra il giusto e l’ingiusto, tra il necessario ed il superfluo, tra l’opportuno e l’inopportuno, tra il corretto e lo scorretto, facendo venire meno un grande valore che deve essere alla base di ogni agire umano: la Dignità delle persone. Valore assoluto e senza compromessi che deve essere sempre alla base dell’agire politico. E’ stato questo il più grande limite del fallimento del centro-destra non solo nella nostra città ma in tutto il Paese. Così il sogno si traduce in incubo; e, come al solito, solo i cittadini ne pagano le conseguenze.
Il Segretario di Federazione del PRC di Fermo
Il Segretario di Circolo del PRC di Fermo
Il Gruppo Consiliare del PRC di Fermo
lunedì 16 novembre 2009
Ancora sull'idillio tra D'Alema e Berlusconi
Se Mediaset pagasse il giusto allo Stato, una cifra tra il 20 e il 30%, fallirebbe. La legge D'Alema va cancellata, la RAI restituita ai cittadini senza pubblicità e senza nomine politiche. Lo scorso anno Mediaset ha avuto un profitto di 692 milioni di euro, pochi per una società di proprietà di un concessionario dello Stato che governa lo Stato e anche la televisione di Stato. Chiunque saprebbe fare meglio, nessuno potrebbe essere peggio. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Beppe Grillo
mercoledì 11 novembre 2009
«L'addio al comunismo? Costato un milione di morti»

Le conclusioni dello studio aprono un dibattito ideologico
«L'addio al comunismo?
Costato un milione di morti»
La rivista Lancet: nell'Est la mortalità è aumentata del 13% per le privatizzazioni
Quanti morti può fare una privatizzazione? O meglio — se un conto si può fare — quante vite è costato il passaggio dal comunismo al capitalismo? E ancora: si può conteggiare l'effetto delle ricette economiche che quella transizione l'hanno dettata negli eltsiniani (e clintoniani) anni Novanta? Il conto è stato fatto. Pubblicato su una delle più prestigiose riviste di medicina internazionali, l'inglese Lancet, 4 anni di lavoro, modelli matematici complessi, basandosi sui dati del'Unicef dal 1989 al 2002. La conclusione: le politiche della privatizzazione di massa nei Paesi dell'ex Unione Sovietica e nell'Europa dell'Est hanno aumentato la mortalità del 12,8%. Ovvero, hanno causato la morte prematura di 1 milione di persone.
Non che, finora, qualche stima non fosse stata fatta. L'agenzia Onu per lo sviluppo, l'Undp, nel '99 aveva contato in 10 milioni le persone scomparse nel tellurico cambio di regime, e la stessa Unicef aveva parlato dei 3 milioni di vittime. Lo studio di Lancet (firmato da David Stuckler, sociologo dell'Oxford University, da Lawrence King, della Cambridge University e da Martin McKee, della London School of Hygiene and Tropical Medicine) invece parte da una domanda diversa: si potevano evitare tante vittime, e sono da addebitare a precise strategie economiche? La risposta è sì. Ed è la «velocità » della privatizzazione che — secondo Lancet — spiega il differente tasso di mortalità tra i diversi Paesi. Si moriva di più dove veniva adottata la «shock therapy»: in Russia tra il '91 e il '94 l'aspettativa di vita si è accorciata di 5 anni. Nei Paesi più «lenti », invece, come Slovenia, Croazia, Polonia, si è allungata di quasi un anno.
Grazie, signor Jeffrey Sachs. Perché se gli operai inglesi negli anni '80, come nel film di Ken Loach, «ringraziavano» la signora Thatcher, gli operai delle fabbriche chiuse dell'Est devono (in parte) la loro sorte al geniale economista americano, consigliere allora di molti governi dell'Est. E infatti il signor Sachs ha risposto piccato, con una lettera al Financial Times. Ma quel «milione di morti» ha ormai accesso il dibattito ai due lati dell'Oceano, sulle pagine del New York Times e nei blog economici. «S'è scatenata — risponde da Oxford David Stuckler — una rissa ideologica, ma noi non volevamo infilarci in un dibattito politico. Volevamo puntare l'attenzione sui rischi sociali. E poi, il nostro non è un attacco alla shock therapy, tant'è che analizziamo solo le privatizzazione, non le liberalizzazioni o le politiche di stabilizzazione ».
E il signor Sachs? Contesta i numeri. Dice, all'Ft, che «dove sono stato consigliere, come in Polonia, non c'è stato nessun incremento della mortalità». E il caso russo, dove sono state «vendute 112mila imprese di Stato» dal '91 al '94 contro le 640 della Bielorussia, e i tassi di mortalità sono 4 volte maggiori? Colpa delle diete russe, dice Sachs, ma più ancora del crollo dell'impero, «degli aiuti negati dagli occidentali a Mosca», «tanto che nel '94 mi sono dimesso» da consigliere del Cremlino. Non rinuncia all'occasione di seppellire Sachs il suo vecchio nemico, il Nobel Joseph Stiglitz. «Lancet ha ragione, la Polonia è stata un caso di politiche graduali. Quanto alla shock therapy, guardando indietro, è stata disastrosa. Pura ideologia, che ha distorto delle buone analisi economiche».
C'è un altro dato che emerge nella ricerca. Il legame disoccupazione- mortalità nell'ex Unione sovietica. «Il perché è evidente: erano le fabbriche che spesso garantivano screening medici», dice Stuckler. Con la loro chiusura nell'ex Urss è crollato anche il sistema sociale. Numeri impressionanti di morti per alcol, di suicidi. «Mentre dove c'era una forte rete sociale — come nella Repubblica ceca in cui il 48% delle persone faceva parte o di un sindacato o va in Chiesa — l'impatto è stato quasi nullo».
Il sociologo Grigory Meseznikov, uno dei più apprezzati politologi dell'Europa dell'Est, risponde al telefono al Corriere che «sì, sui ceti inferiori l'impatto è stato forte. Ma poi, accanto ai danni immediati, bisogna valutare i benefici e l'impatto positivo a lungo termine». A Lubiana, il sociologo Vlado Miheljak, invece, ricorda che «tra i motivi del successo sloveno, a parte la maggiore integrazione con l'Ovest, c'è stata soprattutto la lentezza. Allora tutto il mondo ci criticava perché non privatizzavano come i cechi, come gli ungheresi. Invece probabilmente, è stata la nostra salvezza».
Mara Gergolet
23 gennaio 2009
martedì 10 novembre 2009
Il popolo degli abissi
Dal mio nuovo abbigliamento discendevano altri mutamenti di condizione. Scoprii che quando attraversavo un incrocio affollato dovevo stare più attento ad evitare veicoli, e mi apparve chiaro che il valore della mia vita era sceso in proporzione a quello dei miei vestiti.
Jack London, Il popolo degli abissi - Robin Edizioni
venerdì 6 novembre 2009
Trasversalità: la chiusura del cerchio
martedì 3 novembre 2009
Libertà laica
CORTE EUROPEA: NO AI CROCIFISSI A SCUOLA, VIOLANO LA LIBERTA' DEGLI ALUNNI
La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce «una violazione del diritto dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni». Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo nella sentenza su un ricorso presentato da una cittadina italiana. Il caso era stato sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 ha chiesto all'istituto statale Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule. A nulla in passato erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Ora i giudici di Strasburgo le hanno dato ragione.
lunedì 2 novembre 2009
Una forza del passato. In ricordo di Pasolini
Come sono diventato marxista?
Ebbene... andavo tra fiorellini candidi e azzurrini di primavera,
quelli che nascono subito dopo le primule,
– e poco prima che le acacie si carichino di fiori,
odorosi come carne umana che si decompone al calore sublime
della più bella stagione –
e scrivevo sulle rive di piccoli stagni
che laggiù, nel paese di mia madre, con uno di quei nomi
intraducibili si dicono «fonde»,
coi ragazzi figli dei contadini
che facevano il loro bagno innocente
(perché erano impassibili di fronte alla loro vita
mentre io li credevo consapevoli di ciò che erano)
scrivevo le poesie dell’«Usignolo della Chiesa Cattolica»:
questo avveniva nel ’43:
nel ’45 fu tutt’un’altra cosa.
Quei figli di contadini, divenuti un poco più grandi,
si erano messi un giorno un fazzoletto rosso al collo
ed erano marciati
verso il centro mandamentale, con le sue porte
e i suoi palazzetti veneziani.
Fu così che io seppi ch’erano braccianti,
e che dunque c’erano i padroni.
Fui dalla parte dei braccianti, e lessi Marx.