E’ morta sparata una donna, un essere umano. E mentre un pezzo di
popolo applaude chi ha sparato, col morto in terra, nessuno ci pensa
più. E’ morto un essere umano, lo hanno freddato mentre voleva scappare
con un po’ di soldi. Un essere umano che ha sbagliato, che doveva pagare
per il suo errore, che avrebbe dovuto subire un giusto processo, quello
che si meritano tutti gli esseri umani, nessuno escluso, per una
conquista di civiltà. E’ morto un essere umano, lo hanno ammazzato.
Invece pare che la donna non fosse umana, ma semplicemente una ladra,
una razza a sé, che ci dicono inferiore e meritevole di morte violenta.
Forse un animale, uno di quelli rabbiosi che si ammazzano, appunto, come
cani. Si avverte un sentore di barbarie, una sorta di primitivismo
della vendetta personale, della volontà di farsi giustizia da sé,
sommaria e sopra ogni diritto alla vita – quella vita che nessuno le
ridarà mai. E’ morta una donna, l’hanno ammazzata. Aveva sbagliato,
avrebbe dovuto subire un giusto processo, e scontare una pena, come
rieducazione sociale. Non ce l’ha fatta, l’hanno ammazzata prima. E’
morta una donna, la figlia di un’altra donna, di un altro uomo, di due
essere umani. E’ morta una figlia che ha sbagliato, una nipote
irrequieta, una sorella disonesta, una fidanzata distante. Eppure la
situazione non è cambiata, quello che è cambiato riguarda la percezione
di questi fatti, che viene più o meno amplificata dai vari governi per
creare la dittatura dell’emergenza. Dove non può arrivare uno Stato che
ha fallito arrivano le armi dei probiviri, dei cittadini onesti che si
travestono da giustizieri. E’ morto un essere umano, gli hanno sparato.
La gente solidarizza con chi ha sparato, lo fa con gli applausi. Una
donna è morta, un essere umano è stato ucciso, nessuno ne parla. E’
giunto il momento di fare una riflessione doverosa, perché anche il
nostro territorio sta subendo questa degenerazione.
Ricondurre
una rapina al problema della sicurezza in Italia è sciocco. In tutti i
Paesi accadono rapine armate, negli USA sono routine. Quello che invece
questa rapina ha riproposto, riverberandolo in maniera accecante, è il
problema del farsi giustizia da sé, un retaggio primitivo che deflagra
in una sorta di vendetta privata, cioè quell'idea malsana che parte
dalle ronde fasciste, pardon padane, fino alla pistola sotto al bancone
per sparare verso ladri armati che potrebbero rispondere al fuoco
innescando una sparatoria pericolosa per tutti, dal rapinato al
rapinatore fino agli ignari passanti (chiunque di noi poteva esserlo).
La giustizia privata sopra ogni altra giustizia, l'egoismo della
vendetta personale sopra l'incolumità del prossimo, dei ladri come dei
passanti. Una deriva pericolosa ed insana che mina ogni concetto di
civiltà, o civilizzazione. Stendo un velo pietoso, invece, su chi bolla
ogni ragionamento sensato e logico con una parola stucchevole e
modaiola come "ideologico". Oggi chiunque, dal più ignorante degli
ignoranti fino al laureato in filosofia che chiama filosofo se stesso,
bolla ciò che è ragionamento legato ad un'idea a quel modo - se ne fa un
uso preventivo. Viviamo in un mondo ove personaggi pubblici e della
strada encomiano chi spara facendosi giustizia sommaria da sé e mettendo
a repentaglio le vite altrui. Questo è il mondo che ci meritiamo anche
in Italia, che sta diventando invivibile e pieno di giustizieri e
pistoleri come le periferie americane. A breve entreranno nelle scuole e
nei vari locali pubblici a sparare raffiche di mitraglia perché
annoiati a morte o invasati travestiti da Rambo di periferia. Inoltre
questa vicenda mi riporta ad un bel po' di anni fa, non solo perché le
rapine ci sono sempre state, ma soprattutto perché questa follia delle
armi porta alle vicende come quella che vide la morte di Re Cecconi,
famoso giocatore della Lazio scudettata, uno che giocò con quel Giorgio
Chinaglia scomparso da poco. Uno stupido scherzo finito in tragedia: "La
sera del 18 gennaio 1977 Re Cecconi si trovava con due amici nella
gioielleria di Bruno Tabocchini, situata nella tranquilla e decentrata
zona della Collina Fleming della capitale, per ritirare alcuni prodotti.
Quando i tre entrarono nel negozio, Re Cecconi s'inventò lo scherzo di
fingersi malvivente e, con il bavero alzato e la mano destra nella tasca
del cappotto a mimare la minaccia di una pistola, esclamò «Datemi
tutto, questa è una rapina!». Il calciatore, però, aveva scelto l'uomo,
il posto e il momento sbagliati: Tabocchini, che non lo conosceva, aveva
subìto due rapine recenti ed il timore che la cosa potesse ripetersi lo
aveva spinto a nascondere sotto la cassa una Walther calibro 7.65, già
usata per difendersi da un rapinatore. Il gioielliere sparò. Il
giocatore fu colpito in pieno petto e morì mezz'ora dopo. Tabocchini fu
poi arrestato e accusato di "eccesso colposo di legittima difesa";
processato 18 giorni dopo, venne assolto per "aver sparato per legittima
difesa putativa". Morendo a soli 28 anni, Re Cecconi lasciava la moglie
Cesarina e i due figli Stefano e Francesca. Le sue spoglie furono
tumulate nel cimitero della natia Nerviano. Poco dopo la morte fu creata
da Agostino D'Angelo, dirigente laziale e suo grande amico, la
Fondazione Luciano Re Cecconi - Contro la violenza".
Il
popolo plaudente, massa informe che genera orrore, oggi viene a dirti
che tu non puoi sapere cosa avresti fatto al posto del gioielliere, non
puoi saperlo. Ed io mi sento di rispondere a costoro così: Io posso
dirlo cosa avrei fatto, posso dirlo perché io una pistola non voglio
averla, proprio per non doverla mai usare. Preferisco vivere con un
bozzo in testa che col ricordo di una donna ammazzata dalla mia
reazione. Togliere la vita è pazzesco e porta alla follia. Quell'uomo
oggi non ha solo un bozzo in più, dovrà per sempre convivere con l'aver
tolto la vita ad un altro essere umano, con l'aver aggiunto al dramma
della rapina la tragedia della morte, per mano sua. Con un sol gesto ha
distrutto due vite, e tutte quelle che vi gravitano attorno.
Ma
la colpa non è solo sua, è indotta, ricercata, voluta da chi ha
mediaticamente creato questo clima e poi lo ha cavalcato, per mero
tornaconto elettoralistico ed economico. Purtroppo tutto questo è figlio
di quella legge del 13 febbraio 2006 sulla riforma della legittima
difesa voluta dal Governo Berlusconi e della sua banda degli “onesti”
con i fucili lucidati e le camicie verdi.
Oggi noi stiamo
riproponendo nella vita reale quel filone che ci ha visti maestri sul
grande schermo, lo spaghetti-western. Peccato che il cinema è finzione
mentre nella realtà i corpi sparati perdono sangue vero e cadono in
terra senza vita. Ma è solo un dettaglio di poco valore, oggi abbiamo
licenza di uccidere e il rumore dell’applauso in sottofondo ricorda
quello dei telefilm americani e ovatta le coscienze. E’ tempo fuor di
sesto.
Per tutto questo, che ho voluto ribadire, quel
commerciante è una vittima inconsapevole, ma anche colpevole del fuoco
d’un’arma che ha comprato; e pagherà il suo debito umano con l’assedio
del rimorso. Anche Rosa non è una vittima innocente, ma ha pagato
definitivamente con la morte. Non era una santa, era una ladra, ma
merita comunque di essere ricordata come essere umano.
In qualunque modo si voglia leggere questa triste storia, l’applauso non ci sta.
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