Esistono i contabili delle morti. Scribacchini che segnano la storia, la influenzano raccontandocela enumerata. E sono decisamente singolari, perché non sempre sono infallibili, anzi spesso vanno quasi a singhiozzo. A volte sono formidabili contabili, indefessi e precisi, quasi a spaccare il capello. Altre volte si perdono, e sembra come non sappiano più contare. Li vedi aggirarsi come in Tutti i nomi di José Saramago, per poi trasformarsi in enormi insetti come il Gregor Samsa di kafkiana memoria. Così, abbrutiti dall’aridità dei loro stessi numeri, che li decifrano come contabili, contabili dell’assurdo.
Eccoli, allora. Sono tutti pronti ad enumerare le morti degli olocausti più indigesti e spettacolarizzati, piegati al loro senso ultimo di imparziale parzialità, perché spesso serve essere precisi. Ma poi si perdono, s’inceppano, la loro vista s’annebbia, il loro matematico cervello sfarfalla. Ed allora i numeri non sono più tali, non sono precisi, non si assommano, magari si sottraggono. Chissà…
Spesso i loro numeri riecheggiano, a volte per molti anni. Sei milioni! E tutti sanno che è il numero pressoché esatto dei morti della Shoah. E sono tanti, tutti insieme, uno sopra l’atro, soffocati ma pur sempre rimanenti unità distinte. E la gente si fa triste, ne piange il ricordo presente. D’altronde i numeri servono. A volte i numeri portano al riconoscimento di Stati entro altri Stati, matrioske a forza, stipati con violenza vendicativa e riparatrice di vecchie sofferenze, come se la sofferenza desse il diritto di provocarne dell’altra, in una spirale di occhio per occhio e dente per dente, con esattezza religiosa.
Ma poi ci sono i numeri fumosi, quelli cancellati dal tempo e dall’inutilità per il potere che si riproduce, riproduce se stesso attraverso se stesso, attraverso i numeri che si fanno importanti. Quanti nativi americani sono morti per far spazio agli uomini bianchi venuti con le navi dal Vecchio Continente, quanti? Ed ecco che i contabili non sanno più contare. Quanti palestinesi sono morti nei Territori Occupati? Niente, magari andrà meglio con altri, non so; forse i mussulmani morti nelle tre guerre tra Afghanistan ed Iraq, ma anche in questi casi il contabile dà prova di errare. Perde la sua capacità, e diventa fallibile, disattento, forse cieco.
Ed in tutto questo sono loro, i contabili dell’assurdo, sono loro che ci fanno piangere e disperare, o rimanere indifferenti. Indifferenti dinanzi a quelle morti senza numero, che non riescono ad assommarsi le une alle altre. Cadono rumorosamente senza fare numero, e rimangono solitarie, dimenticate, inclassificabili.
Qualcheduno impaurito dai numeri dispersi grida ancora “restiamo umani”, ma l’umanità non è un numero, è un genere che si assomma ad altri generi che contano, ed insieme fanno numero. Sempre se ai contabili funziona la vista. Altrimenti non conti nulla, non sei manco un numero.