mercoledì 15 settembre 2010

L'informazione che non c'è

Il mio pezzo di ieri per Peacereporter:

Ieri nell’obitorio di Beit Hanoun, dinnanzi a me mutilato, stava disteso il vero volto dei negoziati di pace.
Nelle celle frigoriferi spalancate i veri frutti dei colloqui voluti da Benjamin Netanyahu, la pratica della pace israeliana che mentre in gessato scuro con una mano ingessata dà pacche sulle spalle ai pupazzi di Ramallah, con l’altra armeggia il tritacarne di una occupazione mai disinnescata.
I volti delle ultime vittime civili palestinesi presentano le scarificazioni del rituale dello Shalom come è inteso da Netanyahu, e prima di lui da Olmert, da Sharon, da Perez, da Rabin, da Golda Meir fino a Ben Gurion, e ancora prima negli spregevoli piani prospettati a fine ottocento da Theodor Herzl.
Un vivere in pace che nella visione sionista è sinonimo di pulizia etnica della popolazione autoctona, che se a Gerusalemme e in West Bank si concretizza coi bulldozer e gli ettari di terra divorati ogni giorno radendo al suolo case e abbattendo ulivi millenari, qui a Gaza continua incessantemente a sradicare vite umane.
Ieri pomeriggio a Beit Hanoun,verso le ore 17, il pastore beduino Ibrahim Abu Sayed di 91 anni si trovava col suo nipote diciassettenne Hossam e un suo amico, Ismail Abu Oda, di anni 16 a Nord di Sharab Street, a badare al bestiame nella loro terra posta a circa 700 metri dal confine, quando durante una improvvisa incursioni di blindati israeliani un carro armato ha sparato un colpo di cannone direttamente su di loro, riducendo i corpi in brandelli.
All’ospedale di Beit Hanoun abbiamo incontrato le famiglie di queste nuove vittime del terrorismo israeliano, la moglie di Ibrahim, devastata dal dolore, sfogava gridando a squarciagola tutto l’orrore a cui aveva appena assistito.
terrorismo israeliano made in israel

Ero con loro mezz’ora prima che dell’attacco”, ci ha avvicinato Mohammed Abu Oda, un parente, “li ho visti prendersi cura delle loro pecore. Poi quando mi sono allontanato ho sentito i colpi sparati dai carri armati israeliani, i colpi che hanno ucciso i nostri familiari.
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Sono morti all’istante, secondo quanto ci ha riferito un dottore che preferisce rimanere anonimo. Ibrahim presentava sul petto e sullo stomaco numerose ferite causate da frammenti di esplosivo, mentre Hossam è arrivato all’ospedale con la parte posteriore del cranio mancante, come abbiamo potuto constatare all’obitorio. Anche Ibrahim, l’amico di Hossam, è arrivato cadavere dinnanzi ai dottori e anch’esso con gran parte della testa mutilata.

Israele dichiara che la nostra terra si trova nella buffer zone, ma siamo almeno 700 metri lontano dal confine”, ci ha raccontato lo zio di Ismail, Majdi Abu Oda. “Siamo tutti contadini e pastori che viviamo lì da moltissimi anni. Non siamo nemici di Israele, non rappresentiamo un pericolo per loro. Hanno telecamere piazzate ovunque lungo la linea di confine e ci hanno visto centinaia di volte. Hanno le nostre foto, ci conoscono bene, come sapevano benissimo che i tre uomini ammazzati oggi erano civili e non combattenti.”
terrorismo israeliano made in israel

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Lo stesso sdegno suscitato nel mondo per l’omicidio dei coloni israeliani non si è fatto vedere neanche questa volta a Gaza per il massacro di questi 3 pastori, che a differenza dei coloni erano secondo le leggi internazionali si trovavano a tutti gli effetti sulla loro terra e non rappresentavano una minaccia per Israele.
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Per commemorare la macabra fine di un anziano nonno, di suo nipote e di un secondo adolescente, domani a Beit Hanoun è prevista una manifestazione al confine, che si presume sarà molto partecipata.
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Saber Zaneen, coordinatore dell’associazione di volontari “Local Initiative” e organizzatore della manifestazione ha dichiarato:
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Oggi l’occupazione israeliana ha commesso un nuovo crimine da aggiungere alla sua infinita lista nera. 3 martiri ora riposano con onore e dignità in cielo. Chiediamo con forza alla comunità internazionale e alla società civile tutta di mobilitarsi affinchè cessino questi crimini contro l’umanità contro civili palestinesi e di impegnarsi per proteggere la popolazione all’interno della Striscia di Gaza”.

Restiamo Umani
Vittorio Arrigoni dalla Striscia di Gaza

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