1. Il lancio dell’offensiva militare terrestre da parte israeliana impone a tutte le forze impegnate a cercare di fermare il genocidio in corso a Gaza di velocizzare la tabella di marcia. Non sappiamo se l’escalation a terra vedrà le truppe israeliane impantanarsi e pagare un prezzo più alto del previsto come avvenuto in Libano nell’estate del 2006. Sappiamo però per certo che il prezzo pagato dalla popolazione palestinese è già altissimo e rischia di diventarlo ancora di più. Gaza ha infatti tutte le caratteristiche per essere “l’orrore della storia” con cui si comincia il nono anno del XXI° Secolo.
In tutte le guerre infatti le popolazioni civili in qualche modo hanno potuto allontanarsi dalle zone di guerra – magari precipitando in quella condizioni di profughi in cui milioni di palestinesi sono finiti dal ’48 a oggi. A Gaza questo non è possibile perché tutti i confini sono chiusi, sigillati dalle truppe e dalla marina israeliana e dall’esercito egiziano. I palestinesi di Gaza, incluse donne, bambini, anziani, sono praticamente costretti a rimanere chiusi dentro un grande “ghetto di Varsavia” dal quale non possono fuggire sottraendosi ai bombardamenti e ai combattimenti. E’ una condizione inaccettabile non solo per chi è solidale con il popolo palestinese ma per chiunque abbia un minimo senso di giustizia e di verità.
2. Non abbiamo molto tempo. Dobbiamo agire qui ed ora sugli obiettivi minimi (aprire e proteggere subito i corridoi umanitari in Egitto e in Israele per far defluire la gente, ma soprattutto fermare l’offensiva militare israeliana che ha trasformato Gaza in una carneficina), sugli obiettivi intermedi (sanzioni contro Israele, campagna di boicottaggio economico e politico, denuncia delle complicità nel nostro paese) e sull’obiettivo immediato: una grande manifestazione popolare e di massa entro gennaio che metta in campo e alla luce del sole l’opzione della solidarietà con il popolo palestinese in contrasto con il blocco monolitico di sostegno alla politica israeliana espresso in parlamento, nelle televisioni, nelle istituzioni o sui giornali. La proposta è quella di convocarla per sabato 17 gennaio (altri invocano tempi ancora più stretti, altri ancora tempi un più lunghi). Questa data al momento sembra quella più corrispondente all’urgenza e “praticabile” sia sul piano organizzativo sia sul piano del lavoro di confronto e coinvolgimento di tutte le forze disponibili alla mobilitazione.
3. Le manifestazioni che si sono svolte in molte città italiane sabato 3 gennaio hanno dimostrato che sta crescendo una grande disponibilità popolare alla mobilitazione ed una rivolta morale e politica sia contro il genocidio in corso contro i palestinesi a Gaza sia contro le consolidate complicità politiche, istituzionali e comunicative in Italia con Israele. C’è un pezzo di società che è entrata in campo con forza sabato 3 gennaio (in Italia, nel mondo e nella stessa Tel Aviv) e che ha detto chiaramente che non può più essere consentita l’impunità ad uno stato responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità come è oggi Israele.
Sabato 3 gennaio è stato dato un colpo e il sistema politico/massmediatico lo ha dovuto incassare. Non hanno potuto ignorare le manifestazioni né i loro contenuti. Allo stesso modo il dibattito politico nella sinistra e nei movimenti di solidarietà non può ignorare che il valore aggiunto nelle manifestazioni è stato portato dalle comunità islamiche, arabe e degli immigrati presenti nel nostro paese. Con questa realtà (del tutto simile a quella esistente in tutti gli altri paesi europei dove ci sono state manifestazioni) dobbiamo imparare a confrontarci sugli obiettivi, sulle iniziative, sulle modalità con grande lealtà e grande chiarezza. Alcuni commentatori sui quotidiani di oggi (domenica 4 gennaio) hanno registrato questo dato alimentando allarmi e preoccupazioni. Noi dobbiamo rovesciare completamente la logica e chiederci – al contrario - perché ci è voluto tutto questo tempo. Dovremo abituarci ad avere nelle nostre manifestazioni non solo le comunità cristiane di base ma anche quelle islamiche, non solo gli attivisti ma anche i giovani immigrati e le loro famiglie ed a costruire una forma condivisa di mobilitazione comune sugli obiettivi comuni.
4. C’è dunque urgenza di discutere e di decidere. Suggeriamo quindi di spostare evenbtualmente a domenica 18 gennaio l’assemblea nazionale del movimento contro la guerra che era già prevista per sabato 17 gennaio a Roma (una sessione dell'assemblea potrebbe essere dedicata anche alla situazione in Palestina/Medio Oriente)
La condizione necessaria per entrambe le ipotesi è che comunque ci si pronunci subito sulla necessità della manifestazione nazionale in tempi stretti in modo di convocare per sabato 10 o domenica 11 la riunione dedicata soprattutto alla soluzione dei problemi politici/organizzativi.
Vi preghiamo di esprimervi rapidamente, molto rapidamente
Un abbraccio a tutte e a tutti
Il Forum Palestina
In tutte le guerre infatti le popolazioni civili in qualche modo hanno potuto allontanarsi dalle zone di guerra – magari precipitando in quella condizioni di profughi in cui milioni di palestinesi sono finiti dal ’48 a oggi. A Gaza questo non è possibile perché tutti i confini sono chiusi, sigillati dalle truppe e dalla marina israeliana e dall’esercito egiziano. I palestinesi di Gaza, incluse donne, bambini, anziani, sono praticamente costretti a rimanere chiusi dentro un grande “ghetto di Varsavia” dal quale non possono fuggire sottraendosi ai bombardamenti e ai combattimenti. E’ una condizione inaccettabile non solo per chi è solidale con il popolo palestinese ma per chiunque abbia un minimo senso di giustizia e di verità.
2. Non abbiamo molto tempo. Dobbiamo agire qui ed ora sugli obiettivi minimi (aprire e proteggere subito i corridoi umanitari in Egitto e in Israele per far defluire la gente, ma soprattutto fermare l’offensiva militare israeliana che ha trasformato Gaza in una carneficina), sugli obiettivi intermedi (sanzioni contro Israele, campagna di boicottaggio economico e politico, denuncia delle complicità nel nostro paese) e sull’obiettivo immediato: una grande manifestazione popolare e di massa entro gennaio che metta in campo e alla luce del sole l’opzione della solidarietà con il popolo palestinese in contrasto con il blocco monolitico di sostegno alla politica israeliana espresso in parlamento, nelle televisioni, nelle istituzioni o sui giornali. La proposta è quella di convocarla per sabato 17 gennaio (altri invocano tempi ancora più stretti, altri ancora tempi un più lunghi). Questa data al momento sembra quella più corrispondente all’urgenza e “praticabile” sia sul piano organizzativo sia sul piano del lavoro di confronto e coinvolgimento di tutte le forze disponibili alla mobilitazione.
3. Le manifestazioni che si sono svolte in molte città italiane sabato 3 gennaio hanno dimostrato che sta crescendo una grande disponibilità popolare alla mobilitazione ed una rivolta morale e politica sia contro il genocidio in corso contro i palestinesi a Gaza sia contro le consolidate complicità politiche, istituzionali e comunicative in Italia con Israele. C’è un pezzo di società che è entrata in campo con forza sabato 3 gennaio (in Italia, nel mondo e nella stessa Tel Aviv) e che ha detto chiaramente che non può più essere consentita l’impunità ad uno stato responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità come è oggi Israele.
Sabato 3 gennaio è stato dato un colpo e il sistema politico/massmediatico lo ha dovuto incassare. Non hanno potuto ignorare le manifestazioni né i loro contenuti. Allo stesso modo il dibattito politico nella sinistra e nei movimenti di solidarietà non può ignorare che il valore aggiunto nelle manifestazioni è stato portato dalle comunità islamiche, arabe e degli immigrati presenti nel nostro paese. Con questa realtà (del tutto simile a quella esistente in tutti gli altri paesi europei dove ci sono state manifestazioni) dobbiamo imparare a confrontarci sugli obiettivi, sulle iniziative, sulle modalità con grande lealtà e grande chiarezza. Alcuni commentatori sui quotidiani di oggi (domenica 4 gennaio) hanno registrato questo dato alimentando allarmi e preoccupazioni. Noi dobbiamo rovesciare completamente la logica e chiederci – al contrario - perché ci è voluto tutto questo tempo. Dovremo abituarci ad avere nelle nostre manifestazioni non solo le comunità cristiane di base ma anche quelle islamiche, non solo gli attivisti ma anche i giovani immigrati e le loro famiglie ed a costruire una forma condivisa di mobilitazione comune sugli obiettivi comuni.
4. C’è dunque urgenza di discutere e di decidere. Suggeriamo quindi di spostare evenbtualmente a domenica 18 gennaio l’assemblea nazionale del movimento contro la guerra che era già prevista per sabato 17 gennaio a Roma (una sessione dell'assemblea potrebbe essere dedicata anche alla situazione in Palestina/Medio Oriente)
La condizione necessaria per entrambe le ipotesi è che comunque ci si pronunci subito sulla necessità della manifestazione nazionale in tempi stretti in modo di convocare per sabato 10 o domenica 11 la riunione dedicata soprattutto alla soluzione dei problemi politici/organizzativi.
Vi preghiamo di esprimervi rapidamente, molto rapidamente
Un abbraccio a tutte e a tutti
Il Forum Palestina
1 commento:
Spero che un giorno qualcuno paghi per questi crimini.
Intanto una " piccola " buona notizia: Israele ha accettato la richiesta di lasciare aperti corridoi umanitari nella striscia di Gaza e per questo sospenderà i bombardamenti per tre ore al giorno a partire da oggi.
Non è molto , lo so, ma ora sono in molti a parlare di Apartheid e non potranno più fingere di non vedere.
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