giovedì 15 dicembre 2011

Breve riflessione sul Natale


Tutto sommato, a me l’allegoria del Natale piace, nel senso di monito dell’uomo fatto all’uomo. Cristo e Belzebù non come persone reali, esistite ed esistenti, ma come rappresentazione allegorica della lotta del bene contro il male, il racconto di una morale possibile, di una redenzione per la razza umana. Cristo e Belzebù unicamente umani, terragni, né angeli né dèi, solo uomini in fin dei conti fatti della stessa carne, intrecciati tra loro, tra tentazioni e cadute, tra ammirazione per le ragioni dell’uno e comprensione per quelle dell’altro. Uniti ed al contempo divisi, come lo stesso bene e male lo sono. Né assoluta purezza, né assoluta dannazione. Solo esseri umani che possono sbagliare, cercando di fare più bene che male, ed a volte non riuscendovi. Ma sempre con la possibilità di salvarsi, di poterci riprovare, di avere una seconda occasione, dopo aver pagato pegno. E quindi il Natale vale per tutti coloro che hanno sbagliato, per tutti coloro che lo passano in carcere (dietro sbarre di ferro o nella prigione della mente) ma ne potranno uscire cambiati per riaffrontare ancora la vita, una nuova vita, tutti coloro che sono stati vinti dal male ma stanno ora guardando al bene. Per loro rinasce ogni volta quella stessa speranza, che di per sé è una parola vuota, ma che si riempie di tutte quelle ragioni che sono le conquiste dell’uomo civile, conquiste contro la pena di morte e contro l’ergastolo, contro l’elettroshock e lo sfruttamento, contro il pettegolezzo ed il moralismo, contro la coazione ed il conformismo, contro il razzismo ma anche contro l’eugenetica, il controllo delle nascite, la ricerca, appunto, di una razza perfetta e superiore, da manipolare geneticamente.
Distaccato dal suo concetto meramente religioso e dalla sua consumistica mercificazione conseguente, che contribuisce a creare l’uomo alienato, il Natale inteso come nascita, o come rinascita, di un uomo nuovo che non viene dal cielo ma dalla profondità della terra, cioè da ciò che "giace sotto la coscienza" (Jung, Psicologia e religione), diventa una speranzosa opportunità. Un uomo che siamo tutti noi, la nostra essenza, e che ricorda a noi, quindi a se stesso, che un altro mondo è possibile, che l’orizzonte ultimo dell’umanità può non essere ancora la lotta dell’uomo contro l’uomo.
Questo è il mio Natale, che viene ogni giorno. Quella speranza che vado riempiendo di idee e che non è bugia.

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