Tutto sommato, a
me l’allegoria del Natale piace, nel senso di monito dell’uomo fatto all’uomo.
Cristo e Belzebù non come persone reali, esistite ed esistenti, ma come
rappresentazione allegorica della lotta del bene contro il male, il racconto di
una morale possibile, di una redenzione per la razza umana. Cristo e Belzebù
unicamente umani, terragni, né angeli né dèi, solo uomini in fin dei conti fatti
della stessa carne, intrecciati tra loro, tra tentazioni e cadute, tra
ammirazione per le ragioni dell’uno e comprensione per quelle dell’altro. Uniti
ed al contempo divisi, come lo stesso bene e male lo sono. Né assoluta purezza,
né assoluta dannazione. Solo esseri umani che possono sbagliare, cercando di
fare più bene che male, ed a volte non riuscendovi. Ma sempre con la possibilità
di salvarsi, di poterci riprovare, di avere una seconda occasione, dopo aver
pagato pegno. E quindi il Natale vale per tutti coloro che hanno sbagliato, per
tutti coloro che lo passano in carcere (dietro sbarre di ferro o nella prigione
della mente) ma ne potranno uscire cambiati per riaffrontare ancora la vita, una
nuova vita, tutti coloro che sono stati vinti dal male ma stanno ora guardando
al bene. Per loro rinasce ogni volta quella stessa speranza, che di per sé è una
parola vuota, ma che si riempie di tutte quelle ragioni che sono le conquiste
dell’uomo civile, conquiste contro la pena di morte e contro l’ergastolo, contro
l’elettroshock e lo sfruttamento, contro il pettegolezzo ed il moralismo, contro
la coazione ed il conformismo, contro il razzismo ma anche contro l’eugenetica,
il controllo delle nascite, la ricerca, appunto, di una razza perfetta e
superiore, da manipolare geneticamente.
Distaccato dal suo
concetto meramente religioso e dalla sua consumistica mercificazione
conseguente, che contribuisce a creare l’uomo alienato, il Natale inteso come
nascita, o come rinascita, di un uomo nuovo che non viene dal cielo ma dalla
profondità della terra, cioè da ciò che "giace sotto la coscienza" (Jung,
Psicologia e religione), diventa una speranzosa opportunità. Un uomo che siamo
tutti noi, la nostra essenza, e che ricorda a noi, quindi a se stesso, che un
altro mondo è possibile, che l’orizzonte ultimo dell’umanità può non essere
ancora la lotta dell’uomo contro l’uomo.
Questo è il mio
Natale, che viene ogni giorno. Quella speranza che vado riempiendo di idee e che
non è bugia.
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