Quel pensiero unico che passa per le riforme, per il rigore e per la crescita - nel mezzo si va dallo spread agli esodati. Quel pensiero unico dell’alta finanza figlia di quel neoliberismo selvaggio che nasce negli anni ’60 dalle parti degli USA per mano di Milton Friedman. Quel neoliberismo che ha i suoi motti ed i suoi adepti, ed i milioni di morti in povertà nel mondo. Quel pensiero unico che ci dice da sempre che un altro mondo non è possibile, che un’altra economia è solo utopica, che il bene di tutti è un miraggio, che la piena occupazione è un intralcio, che l’equità e la redistribuzione fanno soffrire la speculazione. Quel pensiero unico che ha le sue trincee nei Mercati Internazionali, nelle Banche e nella Grande Industria. Quel pensiero unico dei potenti che devono mantenere il loro potere producendo crisi, aggravando debiti, speculando sui disastri appositamente provocati. Quel pensiero unico che ha i suoi sudditi, e che li posiziona nei luoghi strategici per completare disastri, compiere abiure e portare a termine il compito ingrato di saltimbanchi e nani con l’ausilio di tecnocrati italiani, quelli di cui cantava Giorgio Gaber già negli anni ’70.
Lo scenario, a grandi linee, è questo, e mentre da noi destra e sinistra si perdono nel liquame di chi specula sulla crisi a colpi di spread, parole vuote o giullarate varie, nell’oltralpe francese a pochi passi di monte, e di Monti, un ometto francese dal nome che ricorda famosi cantanti brasiliani (Francisco “Chico” Buarque de Hollanda), e che militò nel movimento studentesco vicino al Partito Comunista, zitto zitto, quatto quatto, attua politiche semplici ma vitali che il pensiero unico ci indicava come impossibili, utopiche, fallimentari. Eppure, si legge: “Ha aumentato il salario minimo del 2%. Ha abbassato la soglia per le pensioni di anzianità a 60 anni. Ha annunciato un’aliquota sui redditi dei ricchi al 75%, una tassa sui dividendi del 3% e sulle scorte petrolifere del 4%. Ha assicurato che aumenterà i contributi – già altissimi – e l’imposta di successione e che recupererà la vecchia patrimoniale. Infine, ha promesso 65mila assunzioni nel settore pubblico. Insomma, per i fautori del libero mercato e delle riforme strutturali, François Hollande è un incubo.”
Si dirà, so’ francesi. Per la meschina borghesia municipalista italiana e per la sua massa incolta l’importante è seguire l’Impero, a sinistra vogliono governare con chi sostiene Monti, vogliono aumentare l’età pensionabile (lavorare tanto e da vecchi), attuare rigore, evitare patrimoniali, inseguire sterili riforme, difendere il valore della famiglia stanziando fondi per le scuole private e per le guerre contro l’Islam, ridurre il salario, precarizzare il lavoro che non c’è per aiutare le Banche (fiducia in sé per chi non ha un soldo ed aiuti governativi per chi ha già avuto più di quanto potesse spendere) e sperare in Dio. I francesi producono e commercializzano vino da quando i nostri contadini lo pestavano torbido per se stessi e ci guardano dall’alto in basso, e forse ridono di noi, ridono del resto d’Europa come avamposto del neoliberismo statunitense che esporta il suo fallimento creando nuovi scenari di crisi dove autoriprodursi e autoalimentarsi. Nuovi Paesi da depredare attraverso la speculazione. Al prossimo giro io urlerò il motto: Liberté, Égalité, Fraternité. Alla faccia di Milton Friedman, profeta della rivoluzione neoliberista.
(Cavallo del mirtillo fresco)
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