martedì 7 aprile 2009

Questa è la favola della viltà (op. cit.)



Nel mezzo di baronati ed accademie frutto del provincialismo italico, c'è qualche scienziato che ancora usa la testa, e parla di buonsenso. La tragedia di L'Aquila ha prodotto solo un veloce avviso di garanzia per una persona che studia i collegamenti tra radon e grossi terremoti, prassi consolidata da anni in Giappone. I nostri scienziati chiusi nelle loro torri eburnee, e la gente di fuori a morire ancora sotto polveri antiche.

Nessuna prevenzione, nessun allarme, nessun danaro speso per rendere antisismiche le case. Niente di niente.

Terremoti

Come c’era da aspettarsi, il prolungarsi della sequenza sismica che sta interessando in questi giorni l’aquilano comincia a suscitare un notevole interesse, per non dire preoccupazione, nella popolazione. Altrettanto, c’era da aspettarsi la diffusione di notizie di tutti i generi, alcune esatte, altre inesatte o male interpretate, altre ancora decisamente sbagliate e pericolose.

Nella mia qualità di ricercatore che ha lavorato per oltre un decennio presso il Gruppo Nazionale Difesa dai Terremoti del CNR, nonché di docente di Geologia presso la nostra Università, mi permetto di fare (non) brevemente il punto della situazione. È un dato di fatto, storico, statistico e geotettonico, che l’Appennino centrale, e l’Aquila in particolare, siano sede di attività sismotettonica elevata. Storicamente, nella città dell’Aquila si sono registrati negli ultimi 800 anni almeno 4 eventi di forte intensità (9 settembre 1349 – X MCS; 26 novembre 1461 – X MCS; 2 febbraio 1703 – X MCS; 6 ottobre 1762 – IX-X MCS), oltre a qualche altra scossa presa a prestito dai paesi vicini (5 dicembre 1456, Molise; 7 ottobre 1639, Amatrice; 13 gennaio 1915, Avezzano). In realtà, in molti casi, le strutture tettoniche dell’aquilano appaiono collegate con quelle vicine: è il caso del terremoto del 9 settembre 1349, preceduto di poche ore da una scossa del X grado nel reatino e subito seguita da una terza scossa del IX a Sulmona. Ancora più esemplicativi sono i terremoti del 1703, che iniziarono il 14 gennaio con una scossa di XI grado a Norcia-Amatrice, seguiti dalla scossa del 2 febbraio all’Aquila, ed ancora seguita, tre anni dopo, da un terremoto di XI grado in Maiella. Terremoti e strutture tettoniche, quindi, sono collegate tra loro da precise relazioni fisiche: al rilascio di energia (terremoto) e di deformazione su di una struttura, corrisponde un successivo accumulo su quella contigua: se questa è sufficientemente “carica”, può a sua volta rompersi, ecc. Se noi conoscessimo tutti i parametri e le forze in gioco, potremo calcolare l’evoluzione del sistema nel tempo, cioè “prevedere” l’attività sismica. Poiché, purtroppo, non potremo mai conoscerli con sufficiente precisione, dobbiamo affidarci ad altri metodi: i cosiddetti “precursori”, tra cui il flusso di radon studiato da Giuliani (ma anche dallo scrivente) è uno dei più promettenti. In attesa tuttavia di disporre di “previsioni” certe ed attendibili, dobbiamo ricorrere all’analisi statistica delle serie storiche, od alla sua forma semplificata: il buonsenso. L’Appennino è una catena montuosa viva, attiva, che cresce lentamente, se pur a piccoli passi, spinta dalle grandi forze tettoniche che muovono i continenti. Ad ogni passo corrisponde un terremoto, piccolo o grande, e dopo un certo periodo di quiete dobbiamo aspettarci che la struttura sia pronta per il passo successivo. Il buonsenso ci dice che difficilmente potrà passare un altro secolo senza che la nostra Città debba subire un’altra scossa disastrosa. Non so se questa attività sismica attuale (che comunque si colloca sulla struttura principale, a circa 10 km di profondità) possa preludere a scosse di intensità maggiore, comunque certamente sta svolgendo l’utilissimo ruolo di rammentarci che viviamo in zona sismica. Ancora a buonsenso, dobbiamo prepararci: molti di noi, od i nostri figli, od i nostri nipoti, dovranno affrontare l’esperienza del terremoto. Le probabilità che avvenga una scossa più o meno forte non dipendono da noi, ma sta a noi ridurre il rischio che questa ci causi qualcosa di spiacevole. Molte di queste “strategie” di mitigazione del rischio devono (dovrebbero?) essere affrontate dall’amministrazione pubblica: preparare piani di evacuazione, di soccorso in emergenza, di supporto all’edilizia antisismica ecc.

Antonio Moretti Docente di Geologia Regionale, Università dell’Aquila Ricercatore Gruppo Nazionale Difesa dai Terremoti, CNR

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Letta ora sul Manifesto:

Il problema, per Enzo Boschi, è che il sistema messo a punto da Giuliani "non è scientifico". "Fino a oggi - spiega il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanica - da parte del ricercatore non c'è mai stato niente di scritto, tutto verbale".

Praticamente sono morte centinaia di persone perché non c'è niente di scritto. Secondo me, questi sono delinquenti, sì, ma anche folli.

emma ha detto...

Da ottobre, dicevano ieri ad Annozero, convivevano con l'incubo delle scosse, e nemmeno dopo ripetuti richiami si sono degnati di effettuare qualche controllo. Chi ha potuto e chi ha creduto a questo " deficiente " è andato via...

Una tragedia annunciata che nessuno ha voluto evitare.