sabato 21 giugno 2008

Le vite degli altri


Di Florian Henckel Von Donnersmarck, giovane regista tedesco dell'ovest, ma con genitori fuggiti dall'est

Il percorso del capitano Gerd Wiesler è rassomigliante a quello di Guy Montag, il protagonista del bellissimo libro di Ray Bradbury, Fahreneith 451, poi portato sul grande schermo da Francois Truffaut. Tutti e due infatti si trasformano da perfetti e inflessibili esecutori di un sistema di controllo a paladini del ravvedimento. Il film è la storia di uno scrittore ricolmo d’idealità che soggiace a sua insaputa al controllo della Stasi, un po’ per invidia ed un po’ per amore, molto per la degenerazione d’un sogno. Sullo sfondo una gelida Germania dell’est, tristemente silente oltre ogni umana inclinazione.

Su tutti l'attore Ulric Mühe (interpreta il capitano della Stasi che si troverà a dover spiare la vita dello scrittore): intenso, duro e al contempo fragile nel sul lento cambiamento. La sua seconda moglie fu una collaboratrice della Stasi. In Germania alla presentazione del film, gli hanno chiesto come si fosse preparato per il suo personaggio. La sua risposta è stata: "Ho ricordato".

  • Un giorno di settembre, il mese azzurro,
    tranquillo sotto un giovane susino
    io tenni l'amor mio pallido e quieto
    tra le mie braccia come un dolce sogno.
    E su di noi nel bel cielo d'estate
    c'era una nube ch'io mirai a lungo:
    bianchissima nell'alto si perdeva
    e quando riguardai era sparita…
(Bertolt Brecht, Ricordo di Marie A.)

Questi primi versi della poesia di Brecht vengono recitati da Gerd Wiesler in una scena del film che segna l'inizio del suo cambiamento. Il 22 luglio del 2007 Mühe muore a soli 54 anni. Le ultime dichiarazioni le rilasciò in pubblico di ritorno dalla cerimonia degli Oscar, con Le vite degli altri premiato come miglior film straniero: "Sì, ho un cancro, mi sto sottoponendo alle opportune terapie e spero che presto starò meglio".

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