mercoledì 12 marzo 2008

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G8: «Quando
la tortura
diventa abuso d’ufficio»

Nella caserma di Bolzaneto furono inflitti alle persone fermate «almeno quattro» delle cinque tecniche di interrogatorio che, secondo la Corte Europea sui diritti dell’uomo chiamata a pronunciarsi sulla repressione dei tumulti in Irlanda negli anni Settanta, configurano «trattamenti inumani e degradanti».

Lo ha rilevato oggi il pm Patrizia Petruzziello che insieme al collega Vittorio Ranieri Miniati sostiene l’accusa nel processo per le violenze nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001 a Genova. Sui comportamenti vessatori subiti dagli arrestati costretti a stare in piedi per ore, anche in posizioni disagevoli, picchiati, presi in giro, privati di cibo e acqua, il pm ha citato la convenzione Onu che vieta sia la tortura sia il trattamento inumano, crudele o degradante. Si tratta di una norma contro la tortura che, ha spiegato il magistrato, l’Italia ha ratificato nel 1989 ma non ha ancora tradotto in una legge penale. Secondo i pm quello che avvenne a Bolzaneto fu un comportamento inumano e degradante ma, non esistendo una norma penale per la quale l’Italia è inadempiente rispetto all’obbligo di adeguare il proprio ordinamento alla convenzione, i pm sono stati costretti a contestare agli imputati l’art. 323 (abuso d’ufficio).

Altri reati contestati a vario titolo sono: violazione della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, abuso di autorità nei confronti di persone arrestate o detenute, minacce, ingiurie, lesioni. Parlando dei disegni di legge mai tramutati in legge, il pm Petruzziello ha detto che per il reato di tortura e per il trattamento inumano e degradante sarebbe prevista l’imprescrittibilità e le pene varierebbero da 4 a 10 anni. Nel caso in esame, invece, i reati si prescrivono nel 2009.

Interessante la sintesi fatta dal pm di numerose sentenze della Corte Europea sui diritti dell’uomo che hanno avuto come oggetto torture o trattamenti inumani e degradanti. Una di queste è la sentenza del 18 gennaio 1978, nota per avere enucleato le cosiddette cinque tecniche vessatorie nel metodo di interrogatorio, pronunciata in seguito al ricorso presentato dal Governo della repubblica irlandese contro il governo del Regno Unito. Il caso riguardava maltrattamenti cui erano state sottoposte persone arrestate in occasione di tumulti avvenuti tra il `71 ed il ´72. «Emerse - ha spiegato il pm - che gli arrestati furono costretti a stare in piedi contro il muro in `posizione di tensione´; furono incappucciati; sottoposti a rumore continuo mentre venivano interrogati; privati del sonno, di cibo e bevande». «Dei cinque trattamenti esaminati dalla Corte e ritenuti inumani - afferma il pm - ben quattro furono sicuramente inflitti a Bolzaneto (non risultano casi di incappucciamento)».

A margine del processo l’avv. Dario Rossi che assiste alcune delle persone offese ha detto: «Ci potrebbero essere gli estremi per adire la Corte Europea di Strasburgo in quanto il nostro ordinamento, come riconosciuto dagli stessi pubblici ministeri, non fornisce un’adeguata tutela giudiziaria rispetto alle vessazioni inflitte a tutti coloro che sono transitati per Bolzaneto». Il processo riprenderà il 3 marzo.


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