Nel prossimo numero de Lo Scavatore troverete un articolo sui rom ove si farà riferimento alla collusione tra siciliani e mafia. Ora: io, come Marx, credo che l'uomo sia formato dalle circostanze, e quindi che le popolazioni dipendano direttamente dalle condizioni in cui vivono, per questo mi sento in dovere di postare un po' di storia della mafia, che può far chiarezza sulle cause e sulle colpe della sua espansione:
La formazione della mafia rifletta i cambi sociali del feudalismo siciliano durante il Risorgimento. Dopo i contadini non erano più il possesso dei latifondisti, c’erano amministratori che affittavano il suolo per i latifondisti ai contadini. Questi amministratori si chiamavano gabellutti. Loro diventavano sempre più forti e al fine hanno esautorato i latifondisti. Mentre i contadini sono rimasti poverissimi (perché dovevano pagare affitti molto cari), i gabellutti sono diventati sempre più forti. Si sono appropriati i diritti dei latifondisti nobili; hanno per esempio accettato gli impegni della polizia e del tribunale. Poco dopo hanno anche appostato le loro proprie truppe di sicurezza. Hanno potuto diventare così influenti solo perché il nuovo stato italiano non era riuscito a chiudere i buchi che il feudalismo ha lasciato in eredità.
[...] Con l'unità d'Italia nella Sicilia della seconda metà del XIX secolo si accelerò il processo, già iniziato in precedenza, di smantellamento della struttura feudale ancora esistente nelle zone rurali e nelle campagne. Questo avvenne quando l'economia siciliana fu integrata in quella del resto del paese. Il governo piemontese inoltre si sostituì alla struttura sociale siciliana, fino a quel momento rigidamente divisa, senza però riuscire ad instaurare con essa un rapporto positivo. Se a questo si somma la necessità dei grossi latifondisti dell'interno dell'isola di affidarsi all'aiuto di qualcuno che garantisse loro un controllo effettivo e totale sulle proprietà e che se i possidenti non sentivano tale necessità, cosa nostra si prodigava nel rendergliela evidente, ecco che si spiega come mai la Mafia fu involontariamente favorita dal Risorgimento italiano. C'è altresì da considerare come lo Stato Piemontese, non riuscendosi a garantire un controllo diretto e stabile del governo dell'isola (la cui organizzazione sociale era fin troppo differente da quella settentrionale), cominciò a fare affidamento delle cosche mafiose, le quali, ben conoscendo i meccanismi locali, facilmente presero le veci del governo centrale.
Fonte Wikipedia
Il concetto di “mafioso” venne scritto per la prima volta nel titolo della commedia “I mafiosi della Vicaria” del 1860. Qui i mafiosi sono i detenuti più rispettabili in prigione. La formazione ora nel postunità della nuova mafia riflette i cambi sociali del feudalesimo siciliano durante il Risorgimento. Il nuovo governo piemontese si sovrappose ad una struttura sociale siciliana senza riuscire ad interagire con essa. Conseguenza di questi cambiamenti fu che nelle campagne i grossi latifondisti, che avevano detenuto interamente il potere fino a quel tempo, cominciarono ad aver bisogno sempre più di qualcuno che garantisse loro un controllo effettivo della proprietà (sia per difendersi dal brigantaggio, sia per resistere alle nascenti pretese delle classi contadine per una più equa distribuzione del prodotto del loro lavoro), e un maggior reddito. La creazione di una classe intermedia che organizzasse, programmasse e gestisse il lavoro in uno scenario economico allargato, che altrove prese il nome di Borghesia, qui venne assunto da personaggi detti campieri o gabbellotti. I latifondisti si appoggiavano sempre di più ai Gabellotti per le affittanze e gli incassi, tanto che alla fine, la loro potenza economica e organizzativa li esautorò. (I gabellotti non gestivano i fondi, li subaffittavano, liberando il Barone da ogni incombenza e responsabilità. Il lento processo evolutivo dell’800 passò anche nella commistione con la politica e con l’allargamento degli interessi alla grande città che sembrò prevalere con lo sviluppo sociale. Nonostante ciò l'episodio più tragico ( prima delle votazioni politiche del 1948) fu ancora il Massacro di Braccianti che manifestavano per trattamenti sindacali migliori a Portella della Ginestra.
Da Il brigantaggio
Da Il brigantaggio
[...] E da un altro lato abbiamo noi esaminato tutti i danni di un tale stato di cose? La insurrezione è un pericolo; ma l'ozio, l'inerzia, il vagabondaggio e l'abbrutimento sono un pericolo non meno grave, specialmente per un popolo che vuoI essere libero. Il dispotismo si fonda sopra una società che lavora poco e spende poco; può quindi più facilmente tollerare l'ozio e l'abbrutimento, spesso ne ha anche bisogno per la sua sicurezza. Ma un popolo libero è invece un popolo che lavora e spende molto. Se noi avessimo prima trasformata la nostra società, per far poi la rivoluzione politica, non ci troveremmo nelle condizioni in cui siamo, appunto per aver fatto solo una rivoluzione politica, colla quale si sono mutati il governo e l'amministrazione. Le spese sono a un tratto immensamente cresciute, senza che la produzione cresca del pari. E questo stato di cose porta un deficit finanziario, il quale non sarà colmato neppur quando colle imposte avremo pareggiato le spese alle entrate. La più piccola scossa farà riapparire il disavanzo, e le economie necessarie ma forzate, che faremo per alcuni anni, saranno impossibili, se vorremo accrescere il benessere materiale e morale. Ma da un altro lato neppure le spese saranno possibili, se un aumento di lavoro e di produzione non comincerà nel paese. È un circolo vizioso, di certo; ma è pur chiaro che, per andare avanti, bisogna uscirne. E senza redimere queste classi numerose, che nell'abbrutimento in cui sono non lavorano punto o fanno un lavoro improduttivo, il problema non sarà mai risoluto. Questo è per noi non solamente un debito d'onore, ma è pure un nostro interesse: non faremo mai davvero e permanentemente il pareggio finanziario, senza prima fare il pareggio morale. [...]
Pasquale Villari, storico napoletano
In ultima analisi, si può ben capire come le colpe della presenza capillare della mafia in Sicilia, come nel resto dell'Italia, siano principalmente il frutto di uno Stato assente o peggio consenziente. Ecco perché non si possono additare i siciliani di essere a parte con la mafia se non se ne conoscono le storture iniziali, che non dipesero certo dagli stessi siciliani.
1 commento:
NATI CAMPIERI ,GABLLOTI E SENZALI A SERVIZIO DEL LATIFONDO E BARONI LIBERALI MASSONICI, VENNERO POLITICIZZATI PER DIVENIREGRUPPI DI APPOGGI .ESSI ERANO A MANO FEROCE DELLA IMPOSIZIONE UNITARIA. IL PASAGGIO DI MAFIA AGETTIVO DI UN ATTEGGIAMENTO A SOGGETTO SOCIETARIO è STATO COSTUITO DAL1860 AL 1870 PE CREAE UNA ENTITA EVERSIVA E DESTRUENTE UL TERRITORIO MERIDIONALE. NON è COSA NOSTRA è COSA LORO COME SCUSA AI MANCATI INVESTIMENTI E COSTRUZIONE DI INFRASTRUTTURE MAFIA, CAMORRA ,NDRANGHETA, SONO I DELEGATI DESTRUENTI DEL POTERE DEL NORD
Posta un commento