mercoledì 27 febbraio 2008

Il Blog

Ho appena visto tramite il Blog di Beppe Grillo questo spezzone di film
Mentre su Rai Tre"Rete comista,a detta di qualcuno"stanno parlando delle apparizioni della Madonna addollorata di un paese qui in provincia di Ascoli Piceno.Il mezzo di comunicazione più importante è il meno attendibile,il meno importante più sincero.
Non ci vuole niente ad aprire un blog,non devi per forza essere Silvio per dire qualcosa,qui tutti possono dire qualcosa e tra tante balle ci sarà una verità.
NO ALL'INfORMAZIONE IN MANO A POCHI!

Come sono diventato marxista?

Come sono diventato marxista?
Ebbene… andavo tra fiorellini candidi e azzurrini di primavera,
quelli che nascono subito dopo le primule,
– e poco prima che le acacie si carichino di fiori,
odorosi come carne umana, che si decompone al calore sublime
della più bella stagione –
e scrivevo sulle rive di piccoli stagni
che laggiù, nel paese di mia madre, con uno di quei nomi
intraducibili si dicono “fonde”,
coi ragazzi figli dei contadini
che facevano il loro bagno innocente
(perché erano impassibili di fronte alla loro vita
mentre io li credevo consapevoli di ciò che erano)
scrivevo le poesie dell'”Usignolo della Chiesa Cattolica”;
questo avveniva nel '43:
nel '45 “fu tutt'un'altra cosa”.
Quei figli di contadini, divenuto un poco più grandi,
si erano messi un giorno un fazzoletto rosso al collo
ed erano marciati
verso il centro mandamentale, con le sue porte
e i suoi palazzetti veneziani.
Fu così che io seppi ch'erano braccianti,
e che dunque c'erano i padroni.
Fui dalla parte dei braccianti, e lessi Marx.
[…]

(Da Pier Paolo Pasolini, Poeta delle Ceneri in Bestemmia - Poesie disperse II)

José Saramago

"Da ultimo, che difficoltà incontra a mantenere il suo impegno comunista, che ha in parte ispirato "Una terra chiamata Alentejo", dopo la caduta del muro di Berlino e l'instaurazione del "nuovo ordine'' americano?"

Nessuna difficoltà. Il comunismo, per me, è di natura ormonale. Oltre all'ipofisi, io ho nel cervello una ghiandola che secerne ragioni affinchè io sia stato e continui a essere comunista. Quelle ragioni le ho trovate, un giorno, condensate in un motto de "La Sacra Famiglia" di Marx e Engels: "Se l'uomo è formato dalle circostanze, bisogna formare le circostanze umanamente''. Le circostanze non le ha formate umanamente il socialismo pervertito, e tanto meno le formerà mai il capitalismo, che è pervertito per definizione. Dunque, il mio cervello continua a secernere ormoni...

José Saramago (Nobel per la letteratura nel 1998) intervistato da Piergiorgio Odifreddi

Jack London.

“Vi ho dimostrato matematicamente l’inevitabile crollo del sistema capitalistico. Quando ogni paese si troverà in possesso di beni in eccedenza inconsumabili e invendibili, il sistema capitalistico crollerà sotto l’enorme peso dei profitti che ha accumulato, e quel giorno non ci sarà nessuna distruzione di macchine, bensì la lotta per il possesso di esse. Se il lavoro ne uscirà vincitore, il vostro cammino sarà facile. Gli Stati Uniti, anzi il mondo intero, in un’era nuova e prodigiosa. La vita, anziché essere schiacciata dalle macchine, sarà resa da esse più bella, più felice e più nobile. Come membri della media borghesia abolita, insieme con la classe dei lavoratori, la sola che sopravviverà, parteciperete all’equa ripartizione dei prodotti di quelle macchine meravigliose. E noi, noi tutti, ne costruiremo di più meravigliose ancora. Non ci sarà più ricchezza non consumata, perché non esisteranno più profitti.”



Jack London da Il tallone di ferro

lunedì 25 febbraio 2008

domenica 24 febbraio 2008

Il nuovo pinocchio

Veltroni: “Noi al voto da soli, Berlusconi faccia la stessa cosa”

(Repubblica.it, 19 gennaio 2008)

“Quale che sia il sistema elettorale, quello che emergerà da una modifica della bozza Bianco, quello che uscirà dal referendum, il Pd correrà da solo e si presenterà con liste del Pd. Il Partito democratico correrà da solo con qualsiasi tipo di legge elettorale anche se dovesse restare quella attuale”.

(Walter Veltroni, agenzia di stampa AdnKronos, 19 gennaio 2008)

Raggiunto l’accordo tra Partito democratico e Italia dei valori (Idv) per le prossime elezioni politiche. Lo ha confermato Antonio Di Pietro al termine dell’incontro con il segretario del Pd, Walter Veltroni (…). L’Idv sottoscriverà il programma del Pd e appoggerà Veltroni candidato premier, dopo le elezioni verrà costituito un unico gruppo parlamentare. Di Pietro ha annunciato «la comune volontà con il Pd di non candidare persone condannate». «Questo accordo vuole essere un impegno politico per una legislatura, da mettere in alternativa al progetto del paventato ritorno di Berlusconi», ha spiegato l’ex pm di Mani pulite.

(Corriere.it, 13 febbraio 2008)

Il Partito democratico è pronto ad un’alleanza con i radicali ed i socialisti, ma solo se sono disponibili ad entrare nelle liste del Pd. All’Italia dei valori è stato concessa una aggregazione come coalizione perché Antonio Di Pietro ha assicurato un cammino che porterà il suo partito a fondersi poi con il Pd ed a fare gruppi comuni. Lo ha detto il segretario del Pd Walter Veltroni nel corso della registrazione del programma Rai Porta a Porta. Secondo Veltroni, dopo la coalizione fra Pd e Idv, “non avremo altri apparentamenti, non ci saranno altri simboli”. “Se i radicali sono disponibili a stare con Emma Bonino nelle nostre liste è una cosa buona”, ha detto Veltroni. L’Idv ha annunciato “anche un progressivo scioglimento del partito per confluire nel partito democratico”, ha spiegato il segretario dei democratici. Secondo Veltroni, lo stesso vale per il partito di Bobo Craxi ed è “inspiegabile la posizione dei socialisti perché già in passato si sono alleati con altri. Gli unici con i quali non vogliono candidarsi siamo noi di sinistra”.

(Walter Veltroni, agenzia di stampa Reuters, 13 febbraio 2008)

Due Dottori a confronto.

E' facile oggi cadere su un tranello.
Non ci sono sicurezze(basta vedere i due dottori esperti entrambi in oncologia com le loro versioni discordanti sugli inceneritori)
Questo non è il caso della centrale a bio masse che è nel progetto per San Marco le paludi
Ma farebbe bene la gente a dubitarne se è questo il tipo di informazioni che i colletti bianchi riescono a darci.
Chi puo avere la certezza che la centrale a bio masse non sia dannosa per lambiente?
Su quali studi si basano i Dottori?
Si basano sempre su teorie mai sperimentate?
Sapranno di che cosa stanno parlando?

Dott.ssa Gentilini

Dott. Veronesi

sabato 23 febbraio 2008

La gente... e i progetti da realizzare a San Marco alle Paludi

Ma che dice la gente che abita nei luoghi interessati dalle nuove opere, peraltro tutte di forte impatto ambientale? Com’era prevedibile, ne è sorto un gran fermento, dapprima attorno alla centrale a biomasse, forse quella più temuta per via delle polveri che produce. Ma ora la gente del posto comincia a chiedersi se San Marco sia davvero una zona adatta ad ospitare ben tre opere di grande mole come quelle che la Giunta Comunale ha in mente. Si ha anche notizia che è in gestazione la costituzione di un nuovo Comitato popolare che non si occupi più soltanto della centrale a biomasse (come quello già formatosi), ma prenda in considerazione tutto il nuovo scenario che verrebbe ad assumere la zona in conseguenza della realizzazione e della centrale, e dell’impianto di depurazione, e del motodromo. Il che è ben comprensibile per chiunque senta il proprio diritto ad una vita vivibile e non una rovinata e resa precaria dal prevalere di interessi di parte o da macroscopici errori dell’amministrazione pubblica.

Siamo così andati a chiedere l’opinione di qualcuno del luogo ed ecco l’intervista concessaci da un concittadino di San Marco alle Paludi, Costantino Monterubbiano, che ci è sembrato abbastanza informato di tutta la problematica locale e fortemente interessato a difendere gli interessi reali della frazione San Marco.

Quando ha cominciato a sentir parlare del progetto del motodromo? “Per la verità è un bel po’ che se ne sentiva parlare, ma nessuno di noi si allarmava più di tanto considerato che nei motodromi già esistenti e collaudati (Misano Adriatico, Mugello, etc.) i conti sono in rosso e che qui nel fermano non sembra proprio che gli affari dovrebbero andare molto meglio. Ma il problema non sta solo nel solo motodromo”. In che senso? “Nel senso che in uno spazio comunque non eccessivamente grande come questa località di San Marco alle Paludi dovrebbero essere ricompresi ben tre interventi pesanti che fanno a pugni con la vocazione agricola e con i pregi paesaggistici della zona. Si tratta del depuratore e della centrale a biomasse, che con il motodromo completerebbero la distruzione sistematica dell’equilibrio ecologico, urbanistico e produttivo del territorio. Con gravi disagi per gli abitanti tutti.”

Che ci può dire su questi due altri pesanti interventi? “Quanto al depuratore ci sono soluzioni migliori; ad esempio è tecnicamente possibile convogliare i liquami di San Marco e San Tommaso verso il depuratore di Salvano previo suo potenziamento; sarebbe in ogni caso una spesa molto minore. Quanto alla centrale a biomasse, basti pensare che ci si dice programmata con due motori da 30.000 cavalli (come quelli di una motonave). E le polveri nessuno può negare che ci saranno, e in zona agricola. Ma come se non bastasse è prevista accanto alla centrale una fabbrica di componenti per impianti fotovoltaici. Allora si vuole sapere dall’Amministrazione: che volete fare di San Marco alle Paludi? E’ possibile insediare tali impianti in una zona sempre più abitata (sono in corso di costruzione 40 nuovi appartamenti) e con produzioni agricole non irrilevanti? “

Insomma, ci vuol dire, dopo queste premesse il motodromo è l’ultima polpetta avvelenata?
“Precisamente, perché, veda, ammettiamo pure che ci sia veramente bisogno (che non c’è) di un motodromo. Ma che bisogno c’è di 220 mila metri cubi di strutture edilizie collegate? (che corrispondono giu di lì a qualcosa come 1.100 appartementi da 70 metri quadri). E allora la conclusione è obbligata: il motodromo è il grimaldello con cui si vuole cementificare l’area in vista di una riconversione delle strutture pseudosportive in appartamenti residenziali, quando il fiasco del motodromo con connesso buco finanziario permetterà di dire: non c’è altra via che la riconversione residenziale. E a quel punto il giochetto è fatto.”

Che cosa si sente di mandare a dire al Sindaco di Fermo Di Ruscio? “Gli direi: ha mai sentito parlare di turismo ecologico? Di valorizzazione dei pregi naturalistici e culturali del territorio? Ci sono inglesi, tedeschi, olandesi e americani che vengono qua, rimangono incantati al vedere cose che dalle loro parti sono scomparse, e magari si comprano i casolari che restaurano secondo l’edilizia tradizionale e l’amministrazione comunale che fa su queste peculiarità così apprezzate? Ci fa il motodromo. Eppure dovrebbe sapere o no questa amministrazione che proprio in questa zona c’è l’azienda vinicola La Castelletta, che ha vinto tre volte il Bicchiere di Cristallo, un prestigioso premio per i migliori vini? Che insomma il futuro di queste zone non sta nelle corse delle moto, ma nella capacità degli imprenditori che producono articoli di qualità e nei pregi del territorio che già da tempo attirano visitatori stranieri.

A proposito di quest’ultimo punto, ci dia qualche esempio di ciò che può offrire il Vs. territorio. “Molto e proprio su questa possibilità stanno lavorando due architetti per redigere un progetto di valorizzazione in località Alberelli. Dalla costa a Capodarco fino alla riva destra del fiume Tenna si può organizzare un percorso culturale interessante, a cominciare dalla fonte Sparecchia, che esisteva già in epoca romana, per toccare la chiesa di San Marco, insediata su opere murarie di epoca romana e medioevale, per terminare con i suggestivi scenari del fiume. Con molto meno altrove sono state create strutture turistiche di tutto rispetto”.

Come intende ora tutelarsi la comunità locale dai progetti che fanno tanto spavento? “A San Marco siamo circa 620 persone e presto daremo vita ad un Comitato impegnato su tutti i fronti. Cerchiamo sostegno presso tutti i cittadini fermani perché il modello di sviluppo che vogliamo va bene non solo a questa frazione, ma a tutta la città. Andremo avanti fino a quando saremo ascoltati come si deve. E vedrà che poi tutti si renderanno conto delle nostre ragioni e ci ringrazieranno.”

Siamo convinti di queste sacrosante ragioni e non possiamo che augurare al costituendo Comitato il maggior successo possibile. Questo foglio collaborerà per favorire una politica del territorio attenta agli equilibri ecologici, alla conservazione dei valori locali a cominciare da quelli artistici ed archeologici in decisa opposizione a qualsiasi speculazione immobiliare. In questo numero non abbiamo più spazio per sentire i pareri delle singole forze politiche locali su questi temi; lo faremo di sicuro la prossima volta interpellando sia quelle di minoranza che di maggioranza, se consentiranno.

Un Blog per dischi psichedelici

Questo è un Blog per chicche dell'era psichedelica:

http://lost-in-tyme.blogspot.com/

Buona fluttuazione nella blogosfera...

L'urbanistica a Fermo: scempio continuo

La seconda Amministrazione Di Ruscio sembra irriducibile nel suo lucido disegno di stravolgere, in peggio, il volto della città di Fermo. Con la scusa del nuovo ruolo di capoluogo di provincia ormai imminente, con quella indulgenza (un tempo atavica della destra, oggi non solo più della destra) verso gli appetiti privati per la cementificazione e la speculazione, con l’idea che cementificare è sinonimo di sviluppo siamo arrivati al capolinea della politica urbanistica nella nostra città. Si sperava, in qualche misura, che l’interesse per i caratteri unici architettonici e paesaggistici di questo centro urbano e non solo, che andrebbero tutelati in ogni modo, fossero culturalmente patrimonio della intera collettività. Che l’interesse per un habitat locale modellato da una civiltà secolare, attenta ad un armonioso connubio tra natura e cultura, fosse elemento qualificante per tutto il territorio della nuova provincia che sarebbe criminale rovinare in un momento in cui esso è riscoperto da stranieri che lo scelgono come una nicchia ancora relativamente non toccata dai mali dell’urbanistica esasperata degli ultimi tempi. Tutto questo per l’attuale Amministrazione è solo….. superfluo. L’importante è costruire, è espandere l’urbanizzazione senza limiti e senza ripensamenti, consumare il suolo e sottostare al volere dei privati, quelli più facoltosi, o delle impresi costruttrici. Questo modo di guardare al territorio ci ricorda quelle famiglie nobili decadute degli anni cinquanta che per tirare avanti si vendevano per quattro soldi i mobili antichi degli antenati magari perché un po’ scollati e li sostituivano con prodotti in laminato nuovi fiammanti.

Una bella centrale a biomasse ad un passo dal litorale di San Tommaso (un po’ di polveri sottili tutto l’anno per gli abitanti della zona, per turisti solo d’estate e passa la paura). Un motodromo, poco distante dalla centrale a biomasse, per pochi intimi, ma con circa 230.000 mc di cemento per edifici di ogni genere. Una azienda di riciclaggio di pneumatici alla Girola, di dubbia opportunità e interesse per la collettività ma di forte interesse per il privato, momentaneamente bloccata dai residenti che hanno fatto una colletta per comprarsi l’area, ma che statene certi si farà perché così è stato deciso nelle segrete stanze. E’ sconcertante vedere che per questa Amministrazione ogni forma di partecipazione e coinvolgimento dei cittadini nelle scelte e decisioni è puro fastidio. Con un Sindaco che fa della demagogia la Sua principale arma, stretto tra malcontento generale ed interessi particolari. Non è invece affatto un bel vanto per Fermo quell’impressionante buco praticato a lato della porta di Sant’Antonio: per quanto non siamo esperti di edilizia, non crediamo che sia un’impressione del tutto da incompetenti quella che le persone normali ricavano dalla vista dell’enorme asportazione di terreno eseguita nell’area Vallesi. Anche al semplice colpo d’occhio appare del tutto chiaro quanto deve essere stata irresistibile la volontà di ricavare da quell’esiguo spazio il maggior lucro possibile allargando quello utile oltre ogni immaginazione e nell’unica direzione possibile, cioè sotto terra. Un vero pugno nello stomaco ad un tessuto urbano che nella sua secolare esistenza non ha mai visto un intervento così devastante. E l’effetto è ancora più deturpante se visto alle spalle di quella fuga di arcate medioevali rinvenute durante lo scavo proprio sul limite della zona da cementificare (ma la Soprintendenza delle Belle Arti, l’Amministrazione Provinciale, la Regione o il Ministero perché non dicono nulla?).

Buon per noi che qualcosa di altrettanto devastante pensato in una zona ancora più centrale, quella interessata dal project financing del mercato coperto, sembra per ora accantonata, purtroppo non, ahimé, per un rinsavimento dell’Amministrazione, ma per difficoltà sopraggiunte.

A fronte di questo scempio continuo, ci è sembrato utile acquisire alcune informazioni un po’ più tecniche e siamo andati a chiederle a Giorgio Benni, consigliere comunale di opposizione (Rifondazione Comunista).

Per cominciare gli abbiamo chiesto come si pone l’Amministrazione Comunale di Fermo rispetto al Piano Regolatore in occasione di queste opere dissennate decise di recente.

Benni: ”Rispetto al mandato precedente, dopo tutte le polemiche sulle 1000 osservazioni e sui tempi di approvazione del PRG, c’è la novità che oggi abbiamo il piano regolatore operante. E’ entrato in vigore nel 2006 e questo, si sperava, avrebbe dovuto far cambiare impostazione alla Amministrazione sul modo di gestire l’urbanistica con varianti specifiche che quasi settimanalmente venivano portate in Consiglio Comunale, ma purtroppo non è stato così.

In che senso? “Nel senso che una volta approvato un piano regolatore, le varianti specifiche non hanno più senso di essere in quanto la seria programmazione avviene attraverso uno strumento generale che da la visione dell’intero territorio. Se prima del 2006 potevano anche essere una necessità, oggi non lo sono più. Il fatto è invece che questa Amministrazione ci ha preso gusto e continua a sfornare varianti come se non esistesse alcun piano regolatore. Anche per l’impianto motoristico sportivo approvato di recente in quel di San Marco alle Paludi si è ricorso ad una variante; ci sono poi una serie di sportelli unici in variante al PRG di dubbia opportunità come quello recentemente approvato alla ditta Cardinali per un impianto di riconversione auto lungo la strada Fermo-Porto S. Giorgio.

Ma non occorrono motivazioni particolari per adottare una variante? “E’ evidente. Ma nel caso di Fermo la motivazione non è affatto particolare, perché è sempre quella, basta ascoltare gli interventi, per la verità pochi, dei consiglieri di maggioranza per sentir ripetere solo ed esclusivamente la parola “sviluppo”. E’ un ritornello che sentiamo ogni volta, e anche in questo caso. E’ evidente che manca una vera motivazione, come invece non dovrebbe mancare in presenza di un piano regolatore che ha già previsto tutto e non è accaduto nulla nel frattempo di così straordinario da obbligare a rivederne le linee."

Per quanto riguarda il motodromo, l’idea è partita dal Comune o da privati? “Sappiamo che la ditta Agrisesa con sede a Monte Urano, proprietaria di un appezzamento di terreno lungo il fiume Tenna all’altezza di San Marco alle Paludi, ha proposto una variante su una superficie di 1.204.120 metri quadri con una previsione di una volumetria di 220.000 metri cubi. Orbene, quest’area è inclusa in una zona a vocazione agricola e non priva di un qualche valore naturalistico; non si presta affatto a opere come quelle ipotizzate e il solo pensarle è un oltraggio al buon senso.”

Eppure la Giunta ha approvato il progetto; ma come intende inserirlo in quell’area? “Il fatto è che si tratta appunto di un progetto che non si concilia con l’area prescelta, ma nemmeno con gli interessi locali (prescindendo da quelli del proprietario dell’area). Ma ad aggravare lo squilibrio di tutta la zona di San Marco alle Paludi s’aggiunge un altro insensato progetto dell’Amministrazione consistente nella realizzazione della centrale a biomasse per la produzione di energia e, come se non bastasse, un impianto di depurazione. Si tratterebbe di un impatto devastante sulla popolazione locale, sul tessuto economico agricolo della parte interna e turistico della fascia costiera, che non ha di certo bisogno di piste da corsa, ma di un ambiente riposante e attraente dal punto di vista paesaggistico. C’è veramente da augurarsi che la Provincia blocchi questo progetto insensato e del tutto incompatibile con il Piano Territoriale di Coordinamento.”

Si può nutrire una fondata speranza al riguardo? “Me lo auguro sinceramente, lo ripeto. Ma non sempre la Provincia ha tenuto conto delle ragioni dell’opposizione della popolazione locale ai progetti di questa giunta. Non ad esempio nel caso dell’area Vallesi, nonostante la presenza di una petizione popolare. Ma in questo caso bisogna anche ammettere che l'opposizione nel suo complesso ha mancato di mordente.

Non si può più fare nulla quanto all’area Vallesi, che in effetti appare uno scempio come mai si poteva immaginare? “Assai poco o niente. C’è stato, è vero, un ritrovamento archeologico importante, che non può non stravolgere il progetto originario. Ebbene a questo riguardo sarebbe un dovere di correttezza per la Giunta portare la questione in Consiglio per discuterne con l’opposizione, vista la sua delicatezza, sulle modiche da apportare al progetto approvato visti i ritrovamenti. Come si fa a costruire parcheggi dietro un’arcata del 1300? Ma avrà questa giunta una tale sensibilità? Finora non ne ha dato segno.

Ma in che modo è stato giustificato questo progetto dell’area Vallesi? “Con la necessità di fornire parcheggi al Tribunale. Ma l’esperienza di decine e decine di centri storici come il nostro ha dimostrato che è velleitario – spesso controproducente – disporre parcheggi dentro il centro storico. Si congestiona semplicemente il traffico a causa del poco spazio interno dei piccoli centri come Fermo. E questo vale particolarmente per l’area Vallesi: basta andarci e ci si renderà conto che la posizione dell’arco di S.Antonio è tale da impedire un andirivieni comodo delle autovetture e a ciò si è aggiunto il ritrovamento archeologico. Insomma si può prevedere fin d’ora che non se ne verrà a capo di nulla o quasi. Ma a quel momento si sarà di fronte ad uno scempio che questa città non ha mai conosciuto prima d’ora.

E a proposito dell’impianto di riciclaggio di pneumatici? “Questa storia sembra e ci auguriamo tutti ormai archiviata, ma con il Sindaco che cambia continuamente opinione non è facile farsi grandi aspettative. Posso solo dire che era stata trattata come fattibile tramite lo Sportello Unico delle Attività Produttive (che è una procedura semplificata e del tutto straordinaria, per arrivare a varianti urbanistiche necessarie ad insediamenti commerciali e artigiani). Ma per questa scorciatoia burocratica vale lo stesso discorso fatto prima per le varianti in genere: nemmeno lo Sportello unico ha ragione di esistere in presenza di un piano regolatore operante. Se vi si ricorre, lo si fa solo in un ottica di totale mancanza di regole, ossia solo per soddisfare esigenze particolari e parziali, non inserite in un piano complessivo. Si può immaginare quale caos urbanistico ne può venir fuori. E per una variante che viene bocciata dalla gente interessata e per questo poi ritirata dall’Amministrazione – è il caso dell’impianto della Girola – ne viene subito fuori un’altra non meno devastante. L’approvazione avvenuta nel Consiglio Comunale del 11.12.2007 della variante al PRG adottata sempre dallo Sportello Unico per consentire alla ditta Metano Puglia di Mauro Cardinali di realizzare un impianto per la conversione delle auto a metano e a idrogeno lungo la strada Fermo-Porto S. Giorgio all’altezza di S. Petronilla. A parte il fatto che la conversione di auto da benzina a idrogeno sembra più nel mondo dei sogni almeno per ora, resta il fatto che l’impatto sul territorio non è accettabile per le implicazioni che tale struttura comporterà anche sulla viabilità con l’innesto in una strada di grande pericolosità come la ex S.S. 210. Con un piano regolatore che ha già individuato le zone industriali ed artigianali, con un PIP della Girola che può essere ampliato, queste scelte dell’Amministrazione Comunale non hanno altro significato che quello di dire sempre si alle richieste dei privati, quali che siano e qualunque ne sia il costo per la collettività; ecco è questo il grande limite di questa Amministrazione ”.

Ci fermiamo qui, ma solo per ritornarci la prossima volta. Intanto, come sempre, la Redazione ospiterà interventi di qualunque parte sull’argomento, anche della parte qui più chiacchierata, l’Amministrazione Comunale; sempre che ne senta la necessità.

Le bugie...

Le bugie hanno le gambe corte... di Berlusconi.

Guerra tra poveri.

Eccoli i problemi del nostro paese.Facciamo una guerra tra poveri,sponsorizzata dai potenti che per agevolare il loro lavoro ci dividono tutti a destra e a sinistra.

venerdì 22 febbraio 2008

La società dello spettacolo

In tutta la mia vita ho visto solo tempi torbidi, lacerazioni estreme della società, e immense distruzioni. Ho preso parte a questi torbidi. Tali circostanze basterebbero senza dubbio a impedire che il più trasparente dei miei atti o dei miei ragionamenti possa mai essere universalmente approvato. Ma inoltre molti di essi, e lo credo bene, possono essere stati mal compresi.

Tutte le rivoluzioni entrano nella Storia, e la Storia non ne trabocca; i fiumi delle rivoluzioni ritornano là donde erano scaturiti, per poi scorrere ancora.

E’ vero che Marx, già un secolo e mezzo fa, aveva capito che il capitalismo sarebbe degenerato verso la forma del più bieco consumismo. Egli tuttavia credeva che la morte del capitalismo si sarebbe verificata nel momento in cui l’offerta avrebbe superato la domanda, in una spaventosa abbondanza delle merci al consumo. Le cose sono andate un po’ diversamente. Nel nostro secolo almeno due “profeti” vanno menzionati in tal senso, per la loro opera di prosecuzione del pensiero di Marx nell’analisi della società consumistica: Pier Paolo Pasolini e Guy Debord rappresentano due punti di riferimento per tutti coloro i quali avvertono l’esigenza del cambiamento attraverso la critica sociale.

Dai primi anni sessanta entrambi si erano accorti che la situazione per le masse andava via via peggiorando per il sempre più invasivo e opprimente potere della televisione. Pasolini in un articolo dal titolo “Acculturazione e acculturazione” pubblicato sul Corriere della sera del 9 dicembre 1973 (ora contenuto nella raccolta Scritti corsari), arrivò addirittura provocatoriamente a lanciare una sfida ai dirigenti Rai nella promozione della lettura: veri e propri sponsor, non relegati solo ai programmi culturali, ma inseriti nei palinsesti secondo le regole pubblicitarie che impongono di consumare. Da queste affermazioni del poeta emerge l’aspetto “utopico”, se vogliamo idealistico, del suo pensiero. In un tentativo estremo di arginare il “genocidio culturale” o comunque il disastro politico-sociale verso cui ci si stava indirizzando, attraverso forme di rieducazione delle masse mediante la presa di coscienza della propria condizione di sfruttati e inebetiti, derivante dalla lettura dei libri, Pasolini credeva di poter salvare ancora parte del popolo italiano prima che l’omologazione diventasse totale. In una intervista per la Rai degli anni settanta lo scrittore confessava di non aver compreso il motivo per cui al regime fascista, non era riuscito il completo assoggettamento delle masse attraverso l’appiattimento e la sottomissione totale negli usi e costumi degli italiani: un contadino rimaneva tale e così gli appartenenti alla classe operaia o del sottoproletariato urbano. Capì che tutto questo stava perfettamente riuscendo a questa forma di neocapitalismo detta consumismo, ma non fece in tempo a cogliere le modalità in cui questo assoggettamento si stava attuando. Tutta questa terribile mutazione totalitaria il poeta l’argomentò, con sconcertante lucidità, nel già citato articolo Acculturazione e acculturazione della fine del 1973. All’epoca bollato come catastrofico, antimodernista, eccessivo e, da alcuni addirittura ideologico, se riletto oggi risulta essere una delle più precise analisi della società italiana a venire, quella che dagli anni ottanta in poi sarebbe divenuta la massima espressione della cosiddetta “neo-civilizzazione berlusconiana”. L’articolo merita di essere riportato nella sua quasi totale interezza:

“Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava a ottenere la oro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal centro è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana.

Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazioni. Le strade, la motorizzazione ecc. hanno ormai strettamente unito la periferia al Centro. Ma la rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione il Centro ha assimilato a sé l’intero Paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane.

L’antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo, infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale che “omologava” gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno culturale “omologatore” che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo.

Non c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due Persone che avvalorano la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina). Gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). […]

Il ragazzo piccolo borghese, nell’adeguarsi al modello “televisivo” - che essendo la sua stessa classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale – diviene stranamente rozzo e felice. Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio “uomo” che è ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali.

La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto “mezzo tecnico”, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. E’ il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. E’ attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere.

Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie appunto la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre…”.

Al suo pensiero mancava ancora un tassello, un’ultima tessera del puzzle per avere l’immagine nitida della realtà sociale che si stava configurando. La genesi del cancro è stata descritta da Guy Debord quando, nel saggio “La società dello spettacolo” del 1967, ha compreso il segno dell’irreparabile nella deriva consumistica dei lavoratori. Il capitale non opprime più l’operaio solo all’interno della fabbrica o ufficio, ma è fuoriuscito convertendo il lavoratore in consumatore. Anche il concetto marxiano di alienazione subisce una mutazione, un cambiamento radicale portato dal fatto che lo spreco del tempo libero diventa essenziale all’abbattimento, da parte del capitale, di ogni velleità rivoluzionaria. Mentre in passato era essenziale per il rivoluzionario mettere a buon fine il proprio tempo libero, pianificando la lotta da porre in essere contro la classe dominante, oggi il consumatore passa le proprie ore ad istupidirsi di fronte agli spettacoli che i suoi sfruttatori generano per lui. Baudrillard ha egregiamente sintetizzato questo concetto nella frase: Il consumatore è un lavoratore che non sa di lavorare.

Scenario da romanzo di fantascienza. Completamente imprigionati all’interno delle gabbie del consumo, i lavoratori, rimangono oggetti passivi da sfruttare (in forme sempre piu’ viscide e sottili) per la totalità della loro esistenza. Non va peraltro dimenticato che l’analisi debordiana rivelava che lo strumento principale di influenza politico-sociale è ludico e non tanto religioso o politico. Come ribadiscono Volli e Calabrese nel saggio succitato: “Che una società tesa al consumo piacevole del tempo sia dominata dallo spettacolo, è perfettamente naturale, dato che lo spettacolo è la forma più economica di divertimento organizzato: economica per chi ne fruisce, perché gli si richiede pochissima attività; economica per chi la produce, dato che egli può contare su una forte sproporzione tra attori e pubblico. Economica infine nei suoi mezzi e contenuti, dato che si basa generalmente su forme fortemente codificate di racconto”. Il tassello finale, si diceva, sta nell’introduzione, da parte di Debord, del concetto di conteplazione che egli riprende da Storia e coscienza di classe di Gyorgy Lukács abbinandolo all’elemento fondamentale del consumo. In un passo di quest’opera il filosofo di Budapest afferma: “[…] più aumentano la razionalizzazione e la meccanizzazione del processo lavorativo, più l’atteggiamento del lavoratore perde il suo carattere di attività per trasformarsi in un atteggiamento contemplativo…”, concetto, questo, a cui Debord dedica l’occhiello al secondo capitolo.

A proposito di questo termine (dal latino contemplari “trarre qualche cosa nel proprio orizzonte”, era lo spazio che l’augure circoscriveva per osservare il volo degli uccelli e divinare il futuro), mutuato dalla teoria estetica, non va trascurata l’origine che si ritrova in ambito filosofico e mistico-religioso. Già in Platone e Aristotele rappresentava la conoscenza intellettuale (theoria) da contrapporsi all’azione (praxis). Nel senso mistico-religioso l’atteggiamento contemplativo è quello in cui la mente si fissa su una realtà spirituale fino all’oblio di ogni altra realtà. Molto interessante risultano essere le tendenze mistico-contemplative fuori del cristianesimo, soprattutto nello yoga e nel buddismo, in cui la contemplazione è considerata il vertice nell’itinerario ascetico portando all’annullamento del pensiero e di tutti i desideri; sorta di comportamento ipnotico che fa pensare alla chiesa catodica del film Videodrome di David Cronenberg in cui il culto nei confronti video aveva raggiunto livelli di affascinante catastroficità.

Debord insiste fortemente nell’identificazione tra capitale e spettacolo giungendo ad una intuizione assolutamente geniale: “Lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accumulazione da divenire immagine”. L’offerta, come voleva Marx, ha sicuramente superato la domanda assumendo l’inconsistente forma dell’immagine. Aggiunge Debord: “Il consumatore reale diviene consumatore di illusioni. La merce è questa illusione effettivamente reale, e lo spettacolo la sua manifestazione generale”. Questo è il surplus richiesto al lavoratore, non più inteso come proletario-operaio, come voleva l’economia politica nella prima fase dell’accumulazione capitalista, ma elevato al rango di consumatore durante il periodo di svago dal lavoro, bombardato da colossali investimenti in campo pubblicitario che garantiscono alla classe dominante di inculcare e imporre sempre più il modello di vita piccolo borghese, modello cinico, egoista, indifferente.

Non potevo nemmeno pensare di studiare una sola delle dotte discipline che portano ad avere questo o quell'impiego, poiché mi apparivano tutte estranee ai miei gusti o contrarie alle mie opinioni. Coloro che stimavo più di chiunque altro al mondo erano Arthur Cravan e Lautréamont, e sapevo perfettamente che tutti i loro amici, se avessi accettato di fare studi universitari, mi avrebbero disprezzato non meno che se mi fossi rassegnato a svolgere un'attività artistica. E se non avessi potuto avere quegli amici, non avrei certamente ammesso di potermene consolare con altri. Mi sono fermamente tenuto, dottore in niente, lontano da ogni parvenza di partecipazione agli ambienti che passavano allora per intellettuali o artistici. (Guy Debord)

L'ultimo profeta

Israel Shahak
Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni
(264 pagg.) € 15,50

"Shahak è il più recente, se non l’ultimo, dei grandi profeti"

Alla fine degli Anni Cinquanta, quel grande pettegolo e storico dilettante che era John F. Kennedy mi disse che nel 1948 Harry Truman, proprio quando si presentò candidato alle elezioni presidenziali, era stato praticamente abbandonato da tutti. Fu allora che un sionista americano andò a trovarlo sul treno elettorale e gli consegnò una valigetta con due milioni di dollari in contanti. Ecco perché gli Stati Uniti riconobbero immediatamente lo Stato d'Israele.

A differenza di suo padre, il vecchio Joe, e di mio nonno, il senatore Gore, né io né Jack eravamo antisemiti e così commentammo quell'episodio come una delle tante storielle divertenti che circolavano sul conto di Truman e sulla corruzione tranquilla e alla luce del sole della politica americana.

Purtroppo, quell'affrettato riconoscimento dello Stato d'Israele ha prodotto quarantacinque anni di confusione e di massacri oltre alla distruzione di quello che i compagni di strada sionisti credevano sarebbe diventato uno stato pluralistico, patria dei musulmani, dei cristiani e degli ebrei nati in Palestina e degli immigrati europei e americani, compreso chi era convinto che il grande agente immobiliare celeste avesse dato loro, per l'eternità, il possesso delle terre della Giudea e della Samaria. Poiché molti di quegli immigrati, quando erano in Europa, erano stati sinceri socialisti, noi confidavamo che non avrebbero mai permesso che il nuovo stato diventasse una teocrazia e che avrebbero saputo vivere, fianco a fianco, da eguali, con i nativi palestinesi.

Disgraziatamente, le cose non andarono così. Non intendo passare ancora una volta in rassegna le guerre e le tensioni che hanno funestato e funestano quella infelice regione. Mi basterà ricordare che quella frettolosa invenzione dello Stato d’Israele ha avvelenato la vita politica e intellettuale degli Stati Uniti, questo improbabile patrono d'Israele. Dico improbabile perché, nella storia degli Stati Uniti, nessun'altra minoranza ha mai estorto tanto denaro ai contribuenti americani per Investirlo nella "propria patria". E’ stato come se noi contribuenti fossimo stati costretti a finanziare il Papa per la riconquista degli Stati della Chiesa semplicemente perché un terzo degli abitanti degli Stati Uniti sono di religione cattolica.

Se si fosse tentata una cosa simile, ci sarebbe stata una reazione violentissima e il Congresso si sarebbe subito opposto decisamente. Nel caso degli ebrei, invece, una minoranza che rappresenta meno del due per cento della popolazione ha comprato o intimidito settanta senatori, i due terzi necessari per nullificare un comunque improbabile veto presidenziale, e si è valsa del massiccio appoggio dei media.

In un certo senso, ammiro il modo in cui la lobby ebraica è riuscita a far sì che, da allora, miliardi e miliardi di dollari andassero ad Israele "baluardo contro il comunismo". In realtà, la presenza dell'URSS e il peso del comunismo sono stati, in quelle regioni, men che rilevanti e l'unica cosa che noi americani siamo riusciti a fare è stato di attirarci l'ostilità del mondo arabo che prima ci era amico.

Ancora più clamorosa è la disinformazione su tutto quanto avviene nel Medio Oriente e se la prima vittima di quelle sfacciate menzogne è il contribuente americano, all'opposto lo sono anche gli ebrei degli Stati Uniti che sono continuamente ricattati da terroristi di professione come Begin o Shamir. Peggio ancora, salvo poche onorevoli eccezioni, gli intellettuali ebrei americani hanno abbandonato il liberalismo per stipulare demenziali alleanze con la destra politico religiosa cristiana, antisemita, e con il complesso militare-industriale del Pentagono. Nel 1985, uno di quegli intellettuali dichiarò apertamente che quando gli ebrei erano arrivati negli Stati Uniti avevano trovato «più congeniali l'opinione pubblica e i politici liberali ma che, ora, è interesse dell'ebraismo allearsi ai fondamentalisti protestanti perché, dopo tutto, 'Vè forse qualche ragione per cui noi ebrei dobbiamo restar fedeli, dogmaticamente e con l'ipocrisia, alle idee che condividevamo ieri?».

A questo punto, la sinistra americana si è divisa e quelli di noi che criticano i nostri ex-alleati ebrei per questo loro insensato opportunismo vengono subito bollati con i rituali epiteti di "antisemita" o di "odiatori di se stessi".

Per fortuna, la voce della ragione è ancora viva e forte e viene proprio dalla stessa Israele. Da Gerusalemme, Israel Shahak, con le sue continue e sistematiche analisi, smaschera la sciagurata politica israeliana e lo stesso Talmùd, in altre parole l'effetto che ha tutta la tradizione rabbinica sul piccolo Stato d'Israele che i rabbini di estrema destra di oggi vogliono trasformare in una teocrazia riservata ai soli ebrei.

Shahak guarda con l'occhio della satira tutte le religioni che pretendono di razionalizzare l'irrazionale e, da studioso, fa risaltare le contraddizioni contenute nei testi. E’ un vero piacere leggere, con la sua guida, quel grande odiatore dei gentili che fu il dottor Maimonide!

Inutile dire che le autorità israeliane deplorano l'opera di Shahak ma non possono far nulla contro un docente universitario di chimica in pensione, nato a Varsavia nel 1933 che ha passato alcuni anni della sua infanzia nel campo di concentramento nazista di Belsen. Nel 1945 Shahak andò in Israele; ha prestato servizio nell'esercito israeliano e non è diventato marxista negli anni in cui essere marxisti era di gran moda. Shahak era, ed è, un umanista che detesta l'imperialismo sia che si manifesti come il Dio di Abramo che come la politica di George Bush e, con lo stesso vigore, la stessa ironia e competenza, si oppone al nocciolo totalitario del giudaismo.

Israel Shahak è un Thomas Paine più colto che continua a ragionare e, di anno in anno, ci rivela le prospettive che abbiamo e ci dà gli strumenti per chiarirci la lunga storia che sta alle nostre spalle. Coloro che si preoccupano per lui saranno forse più saggi o, - devo proprio dirlo? - migliori, ma Shahak è il più recente, se non l’ultimo, dei grandi profeti.

(Gore Vidal)

"Israele come stato ebraico costituisce un pericolo non solo per se stesso e per i suoi abitanti, ma per tutti gli ebrei e per tutti gli altri popoli e stati del Medio Oriente e anche altrove".

Con queste parole Israel Shahak, un ebreo israeliano nato in Polonia, deportato a Belsen e residente in Israele da oltre quarantanni, intraprende uno studio avvincente e insieme provocatorio per dimostrare fino a che punto lo Stato laico di Israele è stato dotato dall'ortodossia religiosa di una natura odiosa e potenzialmente funesta. Mentre il fondamentalismo mussulmano è disprezzato in Occidente, quello ebraico passa largamente inosservato: il giudaismo classico viene adoperato per giustificare la politica israeliana che è razzista, totalitaria e xenofoba proprio come l'antisemitismo della peggior specie.

Per Quinto

Ho conosciuto Quinto Antinori nella seconda metà degli anni ’80. Egli era a Fermo il più popolare tra i militanti di Democrazia Proletaria. Diverso dagli altri, perché la sua formazione politica era avvenuta nella F.G.C.I. e nel P.C.I. anconetano. Dell’Ancona popolare e rossa , l’Ancona dei portuali e degli ambulanti, faceva un ritratto affettuoso e vivace, ricco di personaggi originali e pieni di umanità.

Del “vecchio” P.C.I., malgrado la sua scelta di uscire da sinistra, ha sempre parlato con rispetto e cognizione di causa. Altrettanto posso dire della C.G.I.L. nella quale aveva militato negli anni di fabbrica, vissuti da giovane tecnico a Milano e poi a Chieti. Si era diplomato nell’Istituto Tecnico industriale “Montani” di Fermo, all’epoca la più prestigiosa scuola tecnica d’Italia e alcuni dei suoi insegnanti li ricordava ancora con ammirazione dopo tanti anni.

A milano e a Chieti aveva fatto un’intensa esperienza sindacale, da delegato FIOM aveva partecipato alla lotta contro l’impiego militare delle tecnologie radio ed elettroniche della sua azienda. Negli anni del ritorno a Fermo è stato istitutore del Convitto Montani fino all’ingresso nell’INPS. Ho notato sovente che i convittori gli si rivolgevano come a un qualcosa di mezzo tra un padre ed un fratello maggiore. Quinto aveva verso i giovani, in generale, una fiducia e un’indulgenza eccessive, ricambiate da una simpatia istintiva.

All’INPS era consulente no stop per il popolo dei pensionati e dei pensionandi che intasavano lo sportello al pubblico durante i suoi turni. Alla materia previdenziale si era appassionato, come a tutti i mestieri che ha praticato, ed avevamo in cantiere un seminario di approfondimento sul bilancio dell’INPS. Ancora una volta, l’indignazione, in questo caso per le menzogne sulla “necessaria” riforma previdenziale, è stata la molla principale del suo agire politico.

All’avvicinarsi delle comunali dell’ 88 a Fermo con un gruppetto di dissidenti iscritti al P.C.I. decidemmo di “punire” il Partito per la sua deriva di destra, convogliando voti su D.P. Fu sufficiente per far entrare in Consiglio per la prima volta un candidato dell’estrema sinistra. Quel consigliere fu naturalmente Quinto e questi precedenti resero poi naturale e facile la convergenza in Rif. Com.

Delle due anime del nostro partito, e del meglio di quelle due anime, sinistra P.C.I. e D.P., Quinto costituiva una specie di sintesi. Appena un anno dopo la sua nascita, Rif. a Fermo fu travagliata da una grave rottura politica, originata dalla sostituzione di Quinto in Cons. Com.le. Si era dimesso per un impegno preso in precedenza e a nulla erano valse le suppliche di recedere da quella decisione. La stessa ostinazione qQQQQQUELQQQQQ tante volte dimostrata nel rifiutare cariche pubbliche e candidature importanti. Secondo l’antica tradizione comunista, la rottura politica fu segnata dalla rottura personale. In questa occasione ho cominciato a conoscere veramente l’uomo.

Quel viso così mobile ed espressivo, incapace di mascherare le emozioni, tradiva una sofferenza quasi fisica. In quel lontano ’93, ricucito lo strappo, prende l’avvio l’apprendistato all’amicizia con Quinto. Compito agevole, perché Quinto esprimeva l’amicizia con lo sguardo e il sorriso diceva il piacere semplice ed elementare della presenza. Voglio aggiungere che, sincero fino alla brutalità e facile all’ira, era però incapace di odio. Credo che anche gli avversari più osteggiati lo avvertissero e le loro parole di apprezzamento e condoglianza sospetto che siano profondamente sincere. Quinto non sapeva che fosse la bassezza o la meschinità, il calcolo o l’interesse personale. Tra le sue ultime cose ha scritto di una grande ambizione: quella di “leggere il mondo”, ma la sua profonda umiltà è testimoniata dal fatto che tutto ciò che di buono facessero gli altri, in bocca sua doveva essere elogiato, sottolineato, additato ad esempio mentre nel raro parlare di sé prevaleva l’understatement e l’autoironia. La sua ambizione non era infondata perché Quinto era molto più giovane dei suoi 57 anni: curioso del presente, fiducioso nel futuro, lo abbiamo visto crescere fino all’ultima crisi.

Era consigliere comunale a Fermo, per la terza volta, sempre all’opposizione, alcuni lo consideravano troppo “ideologico”. Aveva invece il gusto dell’amministrare, in tutto trovava motivo di interesse e occasione di nuove “scoperte”: dalla struttura del bilancio alle modalità di appalto nei lavori pubblici, ma la sua attenzione principale l’ha riservata ai servizi sociali. Li c’è l’umanità e la sofferenza quotidiana, per Quinto nulla poteva essere più importante. Saputo, alla fine di agosto, della malattia che si manifestava improvvisa e grave, mi disse di non essersi mai sentito così sereno: deciso a lottare contro il male e libero finalmente di studiare.

Le sue ultime letture sono state Feurbach e Gramsci. Il primo di cui aveva avuto una conoscenza solo indiretta, doveva fornire la più accurata base scientifica al suo ateismo (severe le sue raccomandazioni per il funerale laico), ateismo che non gli ha impedito di guardare con deferenza e tenerezza ad uomini come Zanotelli o Franzoni. Gramsci, condannato a morire lontano dai suoi cari e deciso a pensare fino all’ultimo, credo sia stato il “direttore spirituale” degli ultimi giorni. Non a caso tra le sue volontà una diffusione delle “Lettere dal carcere” e la sobrietà dell’ultimo saluto. Sobrietà e rigore: parole chiave in Gramsci, tratti salienti della personalità di Quinto Antinori.

Lascia un partito sbigottito e interdetto, una moglie, Elena, e due figlie, Silvia e Michela, adorate e contagiate dal suo coraggio, sempre in cima ai suoi pensieri.

Quinto Antinori aveva ancora molte cose da dire e da fare. Questo ci brucia soprattutto: la sensazione di un progetto spezzato, di un discorso interrotto molto prima della sua naturale conclusione.

Non lo dimenticheremo, non è un impegno è solo una previsione.uintoQQQQqqq QQQQQQQQQQ

uel visoqQuQqqqqQQQQuelQuelquelQqqqQQqqqquekl

Alessandro Volponi

QQQqq qQQ

L'AUTO AD ARIA È... VOLATA VIA

L'auto ad aria è... volata via
Eolo, la vettura che avrebbe fatto a meno della benzina è stata fatta sparire. Perché?



VIVAMO IN UN MONDO DOVE CI VOGLIONO FAR CREDERE CHE IL PETROLIO E' IMPORTANTE QUANTO L'ACQUA QUESTA DEVE DAVVERO FARE IL GIRO DEL MONDO!

Guy Negre, ingegnere progettista di motori per Formula 1, che ha lavorato alla Williams per diversi anni, nel 2001 presentava al Motorshow di Bologna una macchina rivoluzionaria: la "Eolo" (questo il nome originario dato al modello), era una vettura con motore ad aria compressa, costruita interamente in alluminio tubolare,fibra di canapa e resina, leggerissima ed ultraresistente.

Capace di fare 100 Km con 0,77 euro, poteva raggiungere una velocità di110 Km/h e funzionare per più di 10 ore consecutive nell'uso urbano.
Allo scarico usciva solo aria, ad una temperatura di circa -20°, che veniva utilizzata d'estate per l'impianto di condizionamento.
Collegando Eolo ad una normale presa di corrente, nel giro di circa 6 ore il compressore presente all'interno dell'auto riempiva le bombole di aria compressa, che veniva utilizzata poi per il suo funzionamento.
Non essendoci camera di scoppio né sollecitazioni termiche o meccaniche la manutenzione era praticamente nulla, paragonabile a quella di una bicicletta.


Il prezzo al pubblico doveva essere di circa 18 milioni delle vecchie lire, nel suo allestimento più semplice.

Qualcuno l'ha mai vista in Tv?

Al Motorshow fece un grande scalpore, tanto che il sito http://www.eoloauto.it/ venne subissato di richieste di prenotazione: chi vi scrive fu uno dei tanti a mettersi in lista d'attesa, lo stabilimento era in costruzione, la produzione doveva partire all'inizio del 2002: si trattava di pazientare ancora pochi mesi per essere finalmente liberi dalla schiavitù della benzina, dai rincari continui, dalla puzza insopportabile, dalla sporcizia, dai costi di manutenzione, da tutto un sistema interamente basato sull'autodistruzione di tutti per il profitto di pochi.

Insomma l'attesa era grande, tutto sembrava essere pronto, eppure stranamente da un certo momento in poi non si hanno più notizie.

Il sito scompare, tanto che ancora oggi l'indirizzo http://www.eoloauto.it/ risulta essere in vendita.

Questa vettura rivoluzionaria, che, senza aspettare 20 anni per l'idrogeno (che costerà alla fine quanto la benzina e ce lo venderanno sempre le stesse compagnie) avrebbe risolto OGGI un sacco di problemi, scompare senza lasciare traccia.
A dire il vero una traccia la lascia, e nemmeno tanto piccola: la traccia è nella testa di tutte le persone che hanno visto, hanno passato parola,hanno usato Internet per far circolare informazioni.

Tant'è che anche oggi, se scrivete su Google la parola "Eolo", nella prima pagina dei risultati trovate diversi riferimenti a questa strana storia.

Come stanno oggi le cose, previsioni ed approfondimenti. Il progettista di questo motore rivoluzionario ha stranamente la bocca cucita, quando gli si chiede il perché di questi ritardi continui. I 90 dipendenti assunti in Italia dallo stabilimento produttivo sono attualmente in cassa integrazione senza aver mai costruito neanche un'auto.
I dirigenti di Eolo Auto Italia rimandano l'inizio della produzione a data da destinarsi, di anno in anno.

Quali considerazioni si possono fare su questa deprimente vicenda? Certamente viene da pensare che le gigantesche corporazioni del petrolio non vogliano un mezzo che renda gli uomini indipendenti.

La benzina oggi, l'idrogeno domani, sono comunque entrambi guinzagli molto ben progettati.
Una macchina che non abbia quasi bisogno di tagliandi nè di cambi olio,che sia semplice e fatta per durare e che consumi soltanto energia elettrica, non fa guadagnare abbastanza. Quindi deve essere eliminata, nascosta insieme a chissà cos'altro in quei cassetti di cui parlava Beppe Grillo tanti anni fa, nelle scrivanie di qualche ragioniere della Fiat o della Esso, dove non possa far danno ed intaccare la grossa torta che fa grufolare di gioia le grandi compagnie del petrolio e le case costruttrici, senza che "l'informazione" ufficiale dica mai nulla, presa com'è a scodinzolare mentre divora le briciole sotto al tavolo....

mercoledì 20 febbraio 2008

LO SCEICCO

Date un’occhiata a queste foto.
Nel caso vi steste chiedendo dove si trova questo hotel... questo NON è un hotel, ma una CASA!
E’ la casa della famiglia dello Sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, presidente degli Emirati Arabi.








L’Audi A8 Silver è stata costruita apposta per lo sceicco.

Con "Silver" (argento) non si intende il colore dell’auto... ma il materiale con il quale è COSTRUITA!




E’ incredibile cosa si può comprare con un paio di euro al litro di benzina, vero?

Signor Sceicco...

MA VAFFANCULO VA!

domenica 17 febbraio 2008

MASTELCARD!

Cari lettori, segnatevi sul calendario la data di oggi.
Questo è un giorno importante per tutti gli italiani e per noi di dementemastella. Siamo orgogliosi di potervi presentare in anteprima mondiale la prima carta di credito emessa da un blog:
la MastelCard.



Si tratta di un prodotto innovativo, giovane e dinamico che permetterà a coloro che la richiederanno di usufruire di tutti, ma proprio tutti i privilegi del Ministro, gratis e senza spese di spedizione!
Verrà distribuita in tre versioni: Basic, Gold e Platinum.

Basic:
· Volo Roma-Milano con Airbus presidenziale + biglietto per il GP di Monza senza che ci sia nè danno erariale, nè dolo o colpa grave: 0 euro, con MastelCard.
· Tenere in vita un surrogato di giornale : ricevi 1.331.000 euro (da dividere con il resto della famiglia), con MastelCard.
· In più per ogni 1000 euro che sottrarrete ad un contribuente, in regalo per voi il divertentissimo gadget anti-intercettazione per il vostro cellulare.

Gold:
· Tutti i vantaggi della Basic.
· Minacciare la Rai per far andare in onda quello che ti pare, quando ti pare: 0 euro, con MastelCard.
· Ricevere la pensione da giornalista senza aver scritto nessun articolo e dopo meno di un anno di lavoro: 0 euro, MastelCard.

Platinum:
· Tutti i vantaggi della Gold.
· Fare il sindaco nella vostra città con Forza Italia ed essere eletti in Senato con l'Unione: 0 euro, con MastelCard.
· Sei appartamenti sul Lungotevere: a 1/3 del prezzo di mercato, con MastelCard.
· Trasferire il magistrato che indaga su di te: 0 euro, con MastelCard.
· Speciale servizio 'IndultoFacile (TM)'. Hai amici o amici di amici responsabili del crack Parmalat o di altri reati finanziari? Allora questa è la carta che fa per te: richiedi il servizio IndultoFacile allo sportello della banca più vicina e falli tornare tutti in libertà.
· Vantaggio dell'ultima ora: fai cadere il governo perché i magistrati brutti e cattivi ti hanno indagato e gli alleati non sono venuti a consolarti!

Certe cose te le devi pagare per i fatti tuoi.
Per tutto il resto c'è MastelCard.

La MastelCard è una carta personalizzabile. Scrivete tra i commenti l'uso che ne vorreste fare; cercheremo di venirvi incontro.

IL POVERO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

Il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo hanno due figli, Elio e Pellegrino. Pellegrino è sposato a sua volta con Alessia Camilleri. Una bella famiglia come le altre, ma con qualcosa in più.

Per sapere cosa, partiamo dal partito di Clemente che, come i più informati sanno, si chiama Udeur. L'Udeur, in quanto partito votato dall'1,4% degli italiani adulti, ha diritto ad un giornale finanziato con denaro pubblico. Si chiama 'Il Campanile', con sede a Roma, in Largo Arenula 34. Il giornale tira circa 5.000 copie, ne distribuisce 1.500, che in realtà vanno quasi sempre buttate. Lo testimoniano il collega Marco Lillo dell'Espresso, che ha fatto un'inchiesta specifica, sia un edicolante di San Lorenzo in Lucina, a due passi dal parlamento, sia un altro nei pressi di Largo Arenula. Dice ad esempio il primo: 'Da anni ne ricevo qualche copia. Non ne ho mai venduta una, vanno tutte nella spazzatura!'. A che serve allora -direte voi- un giornale come quello? Serve soprattutto a prendere contributi per la stampa. Ogni anno Il Campanile incassa 1.331.000 euro. E che fara' di tutti quei soldi, che una persona normale non vede in una vita intera di lavoro?
Insisterete ancora voi.
Che fara'?

Anzitutto l'editore, Clemente Mastella, farà un contratto robusto con un giornalista di grido, un giornalista con le palle, uno di quelli capace di dare una direzione vigorosa al giornale, un opinionista, insomma. E così ha fatto. Un contratto da 40.000 euro all'anno.
Sapete con chi?
Con Mastella Clemente, iscritto regolarmente all'Ordine dei Giornalisti, opinionista e anche segretario del partito. Ma è sempre lui, penserete! Che c'entra? Se è bravo! Non vogliamo mica fare discriminazioni antidemocratiche.
Ma andiamo avanti.

Dunque, se si vuol fare del giornalismo serio, bisognerà essere presenti dove si svolgono i fatti, nel territorio, vicini alla gente. Quindi sarà necessario spendere qualcosa per i viaggi. Infatti Il Campanile ha speso, nel 2005, 98.000 euro per viaggi aerei e trasferte. Hanno volato soprattutto Sandra Lonardo Mastella, Elio Mastella e Pellegrino Mastella, nell'ordine.
Tra l'altro, Elio Mastella è appassionato di voli. Era quello che fu beccato mentre volava su un aereo di Stato al gran premio di F1 di Monza, insieme al padre, Clemente Mastella, nella sua veste di amico del vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli.
Ed Elio Mastella, che ci faceva sull'aereo di Stato?
L'esperto di pubbliche relazioni di Rutelli, quello ci faceva!
Quindi, tornando al giornale. Le destinazioni. Dove andrannoa fare il loro lavoro i collaboratori de Il Campanile? Gli ultimi biglietti d'aereo (con allegato soggiorno) l'editore li ha finanziati per Pellegrino Mastella e sua moglie Alessia Camilleri Mastella, che andavano a raggiungere papà e mamma a Cortina, alla festa sulla neve dell'Udeur.
Siamo nell'aprile del 2006. Da allora -assicura l'editore-non ci sono più stati viaggi a carico del giornale. Forse anche perché è cominciata la curiosità del magistrato Luigi De Magistris, sostituto procuratore della Repubblica a Catanzaro, il quale, con le inchieste Poseidon e Why Not, si avvicinava ai conti de Il Campanile.
Ve lo ricordate il magistrato De Magistris? Quello a cui il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, mandava tutti quei controlli, uno ogni settimana, fino a togliergli l'inchiesta?
Ve lo ricordate?
Bene, proprio lui!

Infine, un giornale tanto rappresentativo deve curare la propria immagine. Infatti Il Campanile ha speso 141.000 euro per rappresentanza e 22.000 euro per liberalità, che vuol dire regali ai conoscenti. Gli ordini sono andati tra gli altri alla Dolciaria Serio e al Torronificio del Casale, aziende di Summonte, il paese dei cognati del ministro:
Antonietta Lonardo (sorella di Sandra) e suo marito, il deputato Udeur Pasquale Giuditta.

Ma torniamo un attimo agli spostamenti. La Porsche Cayenne(4000 di cilindrata) di proprietà di Pellegrino Mastella fa benzina per 2.000 euro al mese, cioè una volta e mezzo quello che guadagna un metalmeccanico.
Sapete dove?
Al distributore di San Giovanni di Ceppaloni, vicino a Benevento, che sta proprio dietro l'angolo della villa del Ministro, quella con il parco intorno e con la piscina a forma di cozza.
E sapete a chi va il conto?
Al giornale Il Campanile, che sta a Roma.
Miracoli dell'ubiquità.

La prossima volta vi racconto la favola della compravendita della sede del giornale. A quanto è stata comprata dal vecchio proprietario, l'Inail, e a quanto è stata affittata all'editore, Clemente Mastella.
Chi l'ha comprata, chiedete?
Due giovani immobiliaristi d'assalto:
Pellegrino ed Elio Mastella.

Mauro Montanari-Corriere d'Italia/News ITALIA PRESS

STRANEZZE D'ITALIA

Ecco le stranezze del nostro amato paese: