sabato 14 aprile 2012

Tempo fuor di sesto


E’ morta sparata una donna, un essere umano. E mentre un pezzo di popolo applaude chi ha sparato, col morto in terra, nessuno ci pensa più. E’ morto un essere umano, lo hanno freddato mentre voleva scappare con un po’ di soldi. Un essere umano che ha sbagliato, che doveva pagare per il suo errore, che avrebbe dovuto subire un giusto processo, quello che si meritano tutti gli esseri umani, nessuno escluso, per una conquista di civiltà. E’ morto un essere umano, lo hanno ammazzato. Invece pare che la donna non fosse umana, ma semplicemente una ladra, una razza a sé, che ci dicono inferiore e meritevole di morte violenta. Forse un animale, uno di quelli rabbiosi che si ammazzano, appunto, come cani. Si avverte un sentore di barbarie, una sorta di primitivismo della vendetta personale, della  volontà di farsi giustizia da sé, sommaria e sopra ogni diritto alla vita – quella vita che nessuno le ridarà mai. E’ morta una donna, l’hanno ammazzata. Aveva sbagliato, avrebbe dovuto subire un giusto processo, e scontare una pena, come rieducazione sociale. Non ce l’ha fatta, l’hanno ammazzata prima. E’ morta una donna, la figlia di un’altra donna, di un altro uomo, di due essere umani. E’ morta una figlia che ha sbagliato, una nipote irrequieta, una sorella disonesta, una fidanzata distante. Eppure la situazione non è cambiata, quello che è cambiato riguarda la percezione di questi fatti, che viene più o meno amplificata dai vari governi per creare la dittatura dell’emergenza. Dove non può arrivare uno Stato che ha fallito arrivano le armi dei probiviri, dei cittadini onesti che si travestono da giustizieri. E’ morto un essere umano, gli hanno sparato. La gente solidarizza con chi ha sparato, lo fa con gli applausi. Una donna è morta, un essere umano è stato ucciso, nessuno ne parla. E’ giunto il momento di fare una riflessione doverosa, perché anche il nostro territorio sta subendo questa degenerazione.

Ricondurre una rapina al problema della sicurezza in Italia è sciocco. In tutti i Paesi accadono rapine armate, negli USA sono routine. Quello che invece questa rapina ha riproposto, riverberandolo in maniera accecante, è il problema del farsi giustizia da sé, un retaggio primitivo che deflagra in una sorta di vendetta privata, cioè quell'idea malsana che parte dalle ronde fasciste, pardon padane, fino alla pistola sotto al bancone per sparare verso ladri armati che potrebbero rispondere al fuoco innescando una sparatoria pericolosa per tutti, dal rapinato al rapinatore fino agli ignari passanti (chiunque di noi poteva esserlo). La giustizia privata sopra ogni altra giustizia, l'egoismo della vendetta personale sopra l'incolumità del prossimo, dei ladri come dei passanti. Una deriva pericolosa ed insana che mina ogni concetto di civiltà, o civilizzazione.  Stendo un velo pietoso, invece, su chi bolla ogni ragionamento sensato e logico con una parola stucchevole e modaiola come "ideologico". Oggi chiunque, dal più ignorante degli ignoranti fino al laureato in filosofia che chiama filosofo se stesso, bolla ciò che è ragionamento legato ad un'idea a quel modo - se ne fa un uso preventivo. Viviamo in un mondo ove personaggi pubblici e della strada encomiano chi spara facendosi giustizia sommaria da sé e mettendo a repentaglio le vite altrui. Questo è il mondo che ci meritiamo anche in Italia, che sta diventando invivibile e pieno di giustizieri e pistoleri come le periferie americane. A breve entreranno nelle scuole e nei vari locali pubblici a sparare raffiche di mitraglia perché annoiati a morte o invasati travestiti da Rambo di periferia. Inoltre questa vicenda mi riporta ad un bel po' di anni fa, non solo perché le rapine ci sono sempre state, ma soprattutto perché questa follia delle armi porta alle vicende come quella che vide la morte di Re Cecconi, famoso giocatore della Lazio scudettata, uno che giocò con quel Giorgio Chinaglia scomparso da poco. Uno stupido scherzo finito in tragedia: "La sera del 18 gennaio 1977 Re Cecconi si trovava con due amici nella gioielleria di Bruno Tabocchini, situata nella tranquilla e decentrata zona della Collina Fleming della capitale, per ritirare alcuni prodotti. Quando i tre entrarono nel negozio, Re Cecconi s'inventò lo scherzo di fingersi malvivente e, con il bavero alzato e la mano destra nella tasca del cappotto a mimare la minaccia di una pistola, esclamò «Datemi tutto, questa è una rapina!». Il calciatore, però, aveva scelto l'uomo, il posto e il momento sbagliati: Tabocchini, che non lo conosceva, aveva subìto due rapine recenti ed il timore che la cosa potesse ripetersi lo aveva spinto a nascondere sotto la cassa una Walther calibro 7.65, già usata per difendersi da un rapinatore. Il gioielliere sparò. Il giocatore fu colpito in pieno petto e morì mezz'ora dopo. Tabocchini fu poi arrestato e accusato di "eccesso colposo di legittima difesa"; processato 18 giorni dopo, venne assolto per "aver sparato per legittima difesa putativa". Morendo a soli 28 anni, Re Cecconi lasciava la moglie Cesarina e i due figli Stefano e Francesca. Le sue spoglie furono tumulate nel cimitero della natia Nerviano. Poco dopo la morte fu creata da Agostino D'Angelo, dirigente laziale e suo grande amico, la Fondazione Luciano Re Cecconi - Contro la violenza".

Il popolo plaudente, massa informe che genera orrore, oggi viene a dirti che tu non puoi sapere cosa avresti fatto al posto del gioielliere, non puoi saperlo. Ed io mi sento di rispondere a costoro così: Io posso dirlo cosa avrei fatto, posso dirlo perché io una pistola non voglio averla, proprio per non doverla mai usare. Preferisco vivere con un bozzo in testa che col ricordo di una donna ammazzata dalla mia reazione. Togliere la vita è pazzesco e porta alla follia. Quell'uomo oggi non ha solo un bozzo in più, dovrà per sempre convivere con l'aver tolto la vita ad un altro essere umano, con l'aver aggiunto al dramma della rapina la tragedia della morte, per mano sua. Con un sol gesto ha distrutto due vite, e tutte quelle che vi gravitano attorno.

Ma la colpa non è solo sua, è indotta, ricercata, voluta da chi ha mediaticamente creato questo clima e poi lo ha cavalcato, per mero tornaconto elettoralistico ed economico. Purtroppo tutto questo è figlio di quella legge del 13 febbraio 2006 sulla riforma della legittima difesa voluta dal Governo Berlusconi e della sua banda degli “onesti” con i fucili lucidati e le camicie verdi.

Oggi noi stiamo riproponendo nella vita reale quel filone che ci ha visti maestri sul grande schermo, lo spaghetti-western. Peccato che il cinema è finzione mentre nella realtà i corpi sparati perdono sangue vero e cadono in terra senza vita. Ma è solo un dettaglio di poco valore, oggi abbiamo licenza di uccidere e il rumore dell’applauso in sottofondo ricorda quello dei telefilm americani e ovatta le coscienze. E’ tempo fuor di sesto.

Per tutto questo, che ho voluto ribadire, quel commerciante è una vittima inconsapevole, ma anche colpevole del fuoco d’un’arma che ha comprato; e pagherà il suo debito umano con l’assedio del rimorso. Anche Rosa non è una vittima innocente, ma ha pagato definitivamente con la morte. Non era una santa, era una ladra, ma merita comunque di essere ricordata come essere umano.

In qualunque modo si voglia leggere questa triste storia, l’applauso non ci sta.

giovedì 12 aprile 2012

Lista PRC a P.S. Giorgio


Elezioni a Porto San Giorgio. Ecco Paolo Pennente, sostenuto da Rifondazione Comunista

E’ stata presentata questa mattina, presso la sala Ennio Imperatori, la candidatura a sindaco di Paolo Pennente, sostenuto dal Partito della Rifondazione Comunista.

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martedì 10 aprile 2012

Così torturavamo i brigatisti


Usare ogni mezzo per far parlare i terroristi: era il 1982 quando l'Espresso denunciò le sevizie ai responsabili per il sequestro Dozier. All'epoca il nostro cronista fu smentito e arrestato. Oggi il commissario di polizia Savatore Genova conferma tutto: 'Ero tra i responsabili, e ricevemmo il via libera per botte e sevizie"

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