sabato 31 maggio 2008

Il Divo...



Puntata fantastica di Annozero ieri sera. Travaglio a dimostrare come Andreotti sia stato dichiarato mafioso in nome del popolo italiano, poi salvato dalla prescrizione. E tra cirini pomicini e martellini riescono a dire che anche la mafia era anticomunista.

Ricapitolando:

CIA = anticomunista
Gladio = anticomunista
Chiesa = anticomunista
P2 = anticomunista
Mafia = anticomunista
Dc = anticomunista

V'è rimasto ancora qualche dubbio?

venerdì 30 maggio 2008

Il vento contro


"Nell'autunno 1943, in un campo dell'Alta Loira, quattro militanti trotskisti vengono tenuti sotto stretta sorveglianza da compagni di fede stalinista e trattati alla stregua di prigionieri. Tra loro c'è anche Pietro Tresso, detto Blasco. amico di Antonio Gramsci e uno dei fondatori del Partito Comunista d'Italia. Inizia qui il romanzo di Stefano Tassinari, ispirato da un profondo impegno civile, che, senza mai rinunciare alla dimensione letteraria, ricostruisce una pagina scomoda della Storia recente e getta luce su una delle più amare e colpevoli opere di rimozione attuate dalla sinistra italiana.
Una cupa avventura rivoluzionaria in cui si inserisce una vicenda risalente a tredici anni prima: il lungo e clandestino rapporto di Tresso con la sua compagna di vita Barbara e, sulla loro strada, la comparsa di protagonisti illustri di quegli anni febbrili, dal surrealista Pierre Naville allo scrittore Ignazio Silone, allo stesso Leone Trotsky. Tra verità e finzione romanzesca, tra sentimento e fervore ideologico, Il vento contro è l'inedito racconto di un capitolo dimenticato, o per troppo tempo taciuto, della Resistenza europea".
Stefano Tassinari, Il vento contro
Marco Tropea Editore

mercoledì 28 maggio 2008

La religione col bollino


Direttiva Ue
La religione col bollino
Daniele Luttazzi

Da lunedì prossimo entreranno in vigore in tutta Europa controlli restrittivi sui servizi offerti ai consumatori. Le nuove norme sono contenute in una direttiva dell'Unione europea ed equiparano per la prima volta le religioni e i ministri del culto a cartomanti, chiromanti, chiaroveggenti, astrologi, medium, commessi viaggiatori, piazzisti e venditori ambulanti. Lo scopo è impedire che il pubblico possa essere raggirato o confuso da pratiche commerciali scorrette.
In base a queste regole, per esempio, «i vescovi dovranno dire ai fedeli che ciò che offrono è solo una forma di intrattenimento, non provata scientificamente». Ciò significa, spiega il Times di Londra, che all'ingresso dei luoghi di culto dovranno essere affissi cartelli per avvertire i potenziali fedeli di non prendere la religione troppo sul serio. Avvertimenti analoghi dovranno comparire su pubblicazioni religiose e siti Internet, nonché su depliant e pubblicità in favore dell'8 per mille. I violatori rischiano una multa fino a un milione di euro se il caso finisce davanti a un tribunale civile, e fino a due anni di prigione per i casi recidivi dibattuti in sede penale. La direttiva minaccia di scatenare polemiche furiose da parte dei religiosi che non si sentono dei millantatori, per non parlare dei milioni di persone che pregano quotidianamente o si fidano più del Papa che della scienza medica.
«Chiederci di esporre cartelli che avvertano il pubblico che ciò che diciamo non è scientifico è contrario alla nostra fede! - protesta, con l'adrenalina che le cola dal naso, Penelope Pitstop, portavoce della Chiesa Anglicana Riformata e Accettata - E trasmette ai fedeli l'idea falsa che non crediamo in quello che diciamo! La religione usa un linguaggio simbolico. Ricevo lettere da filosofi, scrittori, professori universitari, tutti affascinati dalla religione. La religione funziona!». Dice al Times un sacerdote cattolico, Peter Paper, sorbendo un moscatello frizzante pigiato da grappoli abortiti: «Regolamentare una simile materia è come pretendere di poter imporre regole a Dio».
Il modo in cui verrà fatta rispettare la nuova normativa, peraltro, non è ancora chiaro. Commenta l'avvocato Heinz Felfe, dello studio legale David, Foster, Wallace & Gromit di Londra: «Le nuove direttive spingono verso la criminalizzazione di azioni che in passato sfuggivano a una censura legale. Non è colpa della religione se dietro questa pratica antica, nata agli albori dell'umanità, sono fiorite tutta una serie di attività che hanno più a che fare col plagio a fini di lucro che con la fede. E poi chi l'ha detto che c'è verità solo nel positivismo? Mettiamolo alla scienza il cartello che può essere una truffa, la scienza che asservita al tecnologico e all'economico sta distruggendo il pianeta. O tutti o nessuno».
Di parere diverso Alma Roodedraat, la scienziata olandese che da sempre si batte contro i raggiri a base di irrazionale: « Un cartello per avvertire che le religioni non sono cose serie? Mi sembra giusto. La gente va tutelata, c'è una responsabilità diffusa. Per esempio i telegiornali in Italia danno spesso notizia delle gesta del Papa. In questo modo si fa credere allo spettatore che nella religione ci sia qualcosa di fondato. La verità è che gli interessi economici in gioco sono enormi. A New York, qualche mese fa, la Chiesa cattolica ha costretto una galleria d'arte a chiudere una mostra in cui era esposto un Gesù di cioccolata. L'arcivescovo di New York ha detto: 'È oltraggioso fare Gesù con del cibo!' E le ostie allora? I cattolici in tutto il mondo mangiano ostie. La Chiesa vuole il monopolio degli snack?».

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Xenofobia: Amnesty boccia l'Italia


Un corposo capitolo sul nostro Paese nel rapporto annuale sui Diritti umani
Nel mirino la tendenza ad attribuire a gruppi etnici le colpe di singoli

'Caccia alle streghe contro i diversi'
Xenofobia: Amnesty boccia l'Italia

Sottolineati i fatti "impunirti" del G8. All'attacco anche l'Anti Defamation League
E la critica è "biapartisan" e coinvolge tanto Veltroni quanto Fini

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Quell'atroce passato che può ritornare


APPELLO CONTRO UN NUOVO RAZZISMO DI MASSA.
Siamo persone - storici, giuristi, antropologi, sociologi e filosofi - che da tempo si occupano di razzismo. Il nostro vissuto, i nostri studi e la nostra esperienza professionale ci hanno condotto ad analizzare i processi di diffusione del pregiudizio razzista e i meccanismi di attivazione del razzismo di massa. Per questo destano in noi vive preoccupazioni gli avvenimenti di questi giorni - le aggressioni agli insediamenti rom, le deportazioni, i roghi degenerati in veri e propri pogrom - e le gravi misure preannunciate dal governo col pretesto di rispondere alla domanda di sicurezza posta da una parte della cittadinanza. Avvertiamo il pericolo che possa accadere qualcosa di terribile: qualcosa di nuovo ma non di inedito.
La violenza razzista non nasce oggi in Italia. Come nel resto dell'Europa, essa è stata, tra Otto e Novecento, un corollario della modernizzazione del Paese. Negli ultimi decenni è stata alimentata dalla strumentalizzazione politica degli effetti sociali della globalizzazione, a cominciare dall'incremento dei flussi migratori e dalle conseguenze degli enormi differenziali salariali. Con ogni probabilità, nel corso di questi venti anni è stata sottovalutata la gravità di taluni fenomeni. Nonostante ripetuti allarmi, è stato banalizzato il diffondersi di mitologie neo-etniche e si è voluto ignorare il ritorno di ideologie razziste di chiara matrice nazifascista. Ma oggi si rischia un salto di qualità nella misura in cui tendono a saltare i dispositivi di interdizione che hanno sin qui impedito il riaffermarsi di un senso comune razzista e di pratiche razziste di massa.
Gli avvenimenti di questi giorni, spesso amplificati e distorti dalla stampa, rischiano di riabilitare il razzismo come reazione legittima a comportamenti devianti e a minacce reali o presunte. Ma qualora nell'immaginario collettivo il razzismo cessasse di apparire una pratica censurabile per assumere i connotati di un «nuovo diritto», allora davvero varcheremmo una soglia cruciale, al di là della quale potrebbero innescarsi processi non più governabili.
Vorremmo che questo allarme venisse raccolto da tutti, a cominciare dalle più alte cariche dello Stato, dagli amministratori locali, dagli insegnanti e dagli operatori dell'informazione. Non ci interessa in questa sede la polemica politica. Il pericolo ci appare troppo grave, tale da porre a repentaglio, le fondamenta stesse della convivenza civile, come già accadde nel secolo scorso - e anche allora i rom furono tra le vittime designate della violenza razzista. Mai come in questi giorni ci è apparso chiaro come avesse ragione Primo Levi nel paventare la possibilità che quell'atroce passato tornasse.

La triste esistenza dei fascisti

martedì 27 maggio 2008

Ancora un'aggressione fascista



Roma, rissa davanti all'Università
I collettivi: «Aggrediti dai fascisti»

I disordini scoppiati davanti alla Sapienza. I ragazzi di sinistra: «Hanno accoltellato uno di noi»

qui

Siamo al delirio...


Siamo al delirio. Il clima di paura che le destre, in combutta con il Pd, hanno instaurato a forza di bombardamenti mediatici fuorvianti e strumentali è diventato insopportabile, oltre che parossistico. Non passa giorno che non ci sia un fatto di cronaca inventato o ricondotto per convenienza all'extracomunitario, al diverso.

In questi ultimi giorni media e politici si sono concentrati sui rom. Le televisioni aprono i loro telegiornali con servizi sugli zingari, come se questa fosse l'unica questione da risolvere, un'urgenza dell'ultima ora - anche se questa gente vive in Italia da diverse generazioni, è nata in Italia. E l'aria che si respira è aria di razzismo.
Evidentemente esiste da tempo un problema, più o meno latente, di immigrazione, di gestione dei flussi migratori, ma oggi stanno cavalcando l'onda del malcontento in maniera vergognosa e dannosa. E la cronaca degli ultimi giorni ne è la riprova, perché oramai è passato il messaggio che gli zingari rubano i bambini. Leggete questa notizia:

Madre denuncia rapimento del figlio di 3 anni da parte dei rom, ma il bimbo si era solo nascosto

Sanremo - E' accaduto intorno alle 12, all'interno del negozio di brocante 'Salvagente', di zona san Martino a Sanremo. Mobilitata anche la polizia, ma il caso è ora risolto. Il bimbo stava bene e si era nascosto in un armadio del negozio. qui

Continuando di questo passo non solo ci inimicheremo mezza Europa, che già ci guarda con grave sospetto, ma arriveremo al linciaggio, al sangue versato in strada, alla solita guerra tra poveri.

Vi prego, vi esorto a pensare con la vostra testa e a non farvi coinvolgere in questo gioco al massacro, che porterà l'Italia allo scontro razziale, dimenticando il tragico e reale problema di una grande fetta di popolazione che non arriva a fine mese e vive alle soglie della povertà.

E ricordando a tutti che l'Italia è il paese che ha tre tra le più grandi organizzazioni criminali al mondo, ribadisco che non possono essere certo quattro zingari il nostro problema di sicurezza.

Follia antizigana


Notizia dell'ultima ora. Il Gruppo EveryOne ha concluso la prima fase delle le proprie indagini relative alla presunta rapitrice di Ponticelli.

Oltre alla conferma che si tratta di una montatura, Angelica è risultata essere una giovane slava e non una Romnì. Non è la prima volta che reati commessi da altre etnie (ma nel caso di Angelica si conferma anche la sua estraneità ai fatti delittuosi che le sono stati attribuiti) vengono addossati ai Rom al fine di giustificarne la persecuzione.


Il caso di Angelica, ragazza Rom accusata del tentato rapimento di una bambina di sei mesi avvenuto a Napoli, nel quartiere Ponticelli, è una montatura.

La testimonianza di Flora Martinelli, la madre della bambina, del padre di lei Ciro e dei loro vicini di casa è falsa. Il Gruppo EveryOne ha indagato accuratamente sull'evento che ha scatenato una vera e propria caccia al Rom, che da Napoli si è diffusa a macchia d'olio in tutta Italia...

continua qui

Italiani brava gente, parte seconda


Belpaese 2008: grida nel silenzio.

È agghiacciante quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi in questo nostro paese. I campi rom di Ponticelli in fiamme, il nuovo pacchetto di sicurezza del ministro Maroni, il montante razzismo e la pervasiva xenofobia, la caccia al diverso, la fobia della sicurezza, la nascita delle ronde notturne offrono una impressionante fotografia dell'Italia 2008.

«Mi vergogno di essere italiano e cristiano», fu la mia reazione rientrato in Italia da Korogocho, nel 2002, all'approvazione della legge Bossi-Fini.Questi sei anni hanno visto un notevole peggioramento nella società italiana, con la xenofobia cavalcata dalla Lega, vera vincitrice delle elezioni e incarnata oggi nel governo Berlusconi. (Posso dire questo perché sono stato altrettanto duro con il governo Prodi e con i sindaci di sinistra, da Cofferati a Dominici). Oggi doppiamente mi vergogno di essere italiano e cristiano.

Mi vergogno di appartenere a una società sempre più razzista verso l'altro, il diverso, la gente di colore e soprattutto il musulmano che è diventato oggi il nemico per eccellenza.Mi vergogno di appartenere a un paese il cui governo ha varato un pacchetto-sicurezza dove essere clandestino è uguale a criminale. Ritengo che non sia un crimine migrare, ma che invece criminale è un sistema economico-finanziario mondiale( l'11% della popolazione consuma l'88% delle risorse) che forza la gente a fuggire dalla propria terra per sopravvivere.

L'Onu prevede che entro il 2050 avremo un miliardo di rifugiati per i cambiamenti climatici. I ricchi inquinano, i poveri pagano. Dove andranno? Stiamo criminalizzando loro?

Mi vergogno di appartenere a un paese che ha assoluto bisogno degli immigrati per funzionare , ma poi li rifiuta, li emargina, li umilia con un linguaggio leghista da far inorridire.

Mi vergogno di appartenere a un paese che dà la caccia ai rom come se fossero la feccia della società. Questa è la strada che ci porta dritti all'Olocausto (ricordiamoci che molti dei cremati nei lager nazisti erano rom!). Noi abbiamo fatto dei rom il nuovo capro espiatorio.

Mi vergogno di appartenere a un popolo che non si ricorda che è stato fino a ieri un popolo di migranti («quando gli albanesi eravamo noi»): si tratta di oltre sessanta milioni di italiani che vivono oggi all'estero. I nostri migranti sono stati trattati male un po' ovunque e hanno dovuto lottare per i loro diritti. Perché ora trattiamo allo stesso modo gli immigrati in mezzo a noi? Cos'è che ci ha fatto perdere la memoria in tempi così brevi? Il benessere? Come possiamo criminalizzare il clandestino in mezzo a noi? Come possiamo accettare che migliaia di persone muoiano nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per arrivare nel nostro «Paradiso»? È la nuova tratta degli schiavi che lascia una lunga scia di cadaveri dal cuore dell'Africa all'Europa.

Mi vergogno di appartenere a un paese che si dice cristiano ma che di cristiano ha ben poco. I cristiani sono i seguaci di quel povero Gesù di Nazareth crocifisso fuori le mura e che si è identificato con gli affamati, carcerati, stranieri. «Quello che avrete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli lo avrete fatto a me».

Come possiamo dirci cristiani mentre dalla nostra bocca escono parole di odio e disprezzo verso gli immigrati e i rom? Come possiamo gloriarci di fare le adozioni a distanza mentre ci rifiutiamo di fare le «adozioni da vicino»? Come è possibile avere comunità cristiane che non si ribellano contro queste tendenze razziste? E quand'è che i pastori prenderanno posizione forte contro tutto questo, proprio perché tendenze necrofile?

Come missionario, che da una vita si è impegnato a fianco degli impoveriti della terra, oggi che opero su Napoli, sento che devo schierarmi dalla parte degli emarginati, degli immigrati, dei rom contro ogni tendenza razzista della società e del nostro governo . Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani.

Vorrei ricordare le parole del pastore Martin Niemoeller della Chiesa confessante sotto Hitler: «Quando le SS sono venute ad arrestare i sindacalisti, non ho protestato perché non ero un sindacalista. Quando sono venute ad arrestare i Rom non ho protestato perché non ero un Rom.Quando sono venute ad arrestare gli Ebrei non ho protestato perché non ero un Ebreo... Quando alla fine sono venute ad arrestare me non c'era più nessuno a protestare».Non possiamo stare zitti, dobbiamo parlare, gridare, urlare. È in ballo il futuro del nostro paese, ma soprattutto quello dell'umanità, anzi della vita stessa. Diamoci da fare perché vinca la vita.


Alex Zanotelli, 24 maggio 2008

lunedì 26 maggio 2008

Italiani brava gente


Inaugurazione con morto al Cpt. I compagni: "Non è stato soccorso"
Di sicuro non poteva esserci inaugurazione più tragica per il nuovo centro di permanenza temporanea (di Torino n.d.r.). Stessa area, ma ingresso diverso. Ora il cancello presidiato ventiquattr'ore su ventiquattro non è più in corso Brunelleschi, ma sul lato opposto, in via Mazzarello. Costato 12 milioni di euro per la prima metà dei lavori, in muratura, più civile e più sicuro, nelle intenzioni della Prefettura, era entrato in funzione in gran segreto lunedì mattina. Doveva essere un periodo di rodaggio. Sessanta persone trattenute, che diventeranno 130 a lavori ultimati. Ma dopo cinque giorni è successo quello che non era mai capitato nei nove anni di gestione precedente. Il prefetto Paolo Padoin è stato avvisato quasi subito: «I primi riscontri hanno stabilito che quel ragazzo è morto per una malattia — spiega — forse una polmonite. So che era stato visitato da un medico della Croce Rossa nel primo pomeriggio di venerdì. Se ci fossero state davvero delle omissioni di soccorso durante la notte, ma è un fatto ancora tutto da accertare, toccherà alla magistratura chiarire eventuali responsabilità». È già stata disposta l'autopsia. Ora al Cpt non ci sono più i vecchi container di lamiera. Le gabbie che delimitano le varie zone sono nuove ma altrettanto alte. Hassan Nejl è morto in una camerata da sei posti, appena dipinta di giallo, con due bagni e una doccia. Vicino a lui, fino all'ultimo, è rimasto Mohammed Alhuiri, 25 anni, iracheno: «Per tutta la giornata di venerdì stava malissimo. Si lamentava. Non si reggeva in piedi. Aveva la febbre alta, mi ha persino chiesto di toccargli la fronte perché sentissi anch'io». Alle tre è stato visitato dal medico di guardia, nell'infermeria della Croce Rossa. «Ma forse pensavano fosse una cosa leggera o non gli hanno creduto — racconta Alhuiri — perché gli hanno dato una medicina, se ho capito bene un antibiotico, senza nemmeno verificare se potesse essere allergico. Hassan era tossicodipendente, prendeva il metadone, aveva problemi, stava ancora male. Eppure non hanno voluto più saperne di lui. L'hanno lasciato solo. L'hanno trattato come un animale». A mezzanotte e mezza la situazione si è aggravata. «Ho perso la voce a furia di urlare — spiega Alhuiri — a mezzanotte e quarantacinque gridavamo tutti. Dopo un po' è arrivato un addetto della Croce Rossa. "Fino a domani mattina non c'è il medico", ha spiegato. Poi se n'è andato. Hassan si è steso sul suo letto, era caldo, stava malissimo... ».
Ieri mattina suo fratello voleva parlargli. Visto che Hassan Nejl non ha il telefono, ha chiamato al numero di cellulare di un altro immigrato marocchino trattenuto nel Cpt. «Sono andato per passargli la chiamata e l'ho visto — racconta — aveva gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. Non respirava più». L'hanno portato di nuovo in infermeria. Ma era troppo tardi. Alle 8 di mattina il medico di guardia ha constato il decesso. Ora gli agenti dell'ufficio immigrazioni della questura sorvegliano le case gialle. Tutti gli immigrati hanno annunciato lo sciopero della fame: «Fate qualcosa per noi — urlano — dite la verità. Venite a vedere come siamo trattati. Qui siamo come in un canile, dove se abbai nessuno risponde». Mohammed Alhuiri è sconvolto: «Chiediamo giustizia per il nostro amico. Non ho paura di dirlo e non mi tiro indietro, ho visto bene quello che è successo. Se un giudice vuole sentirmi, io sono pronto».
Niccolò Zancan, 25 maggio 2008

sabato 24 maggio 2008

Poisoned Dead Frogs


Lodevole iniziativa dell’etichetta francese Manic Depression che ha composto in questa compilazione il meglio della scena francese dedita alle sonorità più oscure, tra vecchie glorie (Charles De Goal e Jacquy Bitch) e nomi nuovi: spiccano, tra i ventisette nomi, i Frustration (la nera disperazione dei Joy Division incontra la luminosità pop dei primi New Order), i Charles De Goal (autori, a cavallo tra la fine dei settanta ed i primi ottanta, di tre notevoli lavori di energico post-punk), i Guerre Froide (oggi di nuovo in campo con la loro algida Cold Wave) ed i Camp Z (notevoli nella loro ricerca di un punto di contatto tra il dark più tradizionale ed il rock industriale di Ministry o Nine Inch Nails).
La compilazione è scaricabile gratuitamente dal sito dell’etichetta:

I gabellotti, le origini della mafia



Nel prossimo numero de Lo Scavatore troverete un articolo sui rom ove si farà riferimento alla collusione tra siciliani e mafia. Ora: io, come Marx, credo che l'uomo sia formato dalle circostanze, e quindi che le popolazioni dipendano direttamente dalle condizioni in cui vivono, per questo mi sento in dovere di postare un po' di storia della mafia, che può far chiarezza sulle cause e sulle colpe della sua espansione:

La formazione della mafia rifletta i cambi sociali del feudalismo siciliano durante il Risorgimento. Dopo i contadini non erano più il possesso dei latifondisti, c’erano amministratori che affittavano il suolo per i latifondisti ai contadini. Questi amministratori si chiamavano gabellutti. Loro diventavano sempre più forti e al fine hanno esautorato i latifondisti. Mentre i contadini sono rimasti poverissimi (perché dovevano pagare affitti molto cari), i gabellutti sono diventati sempre più forti. Si sono appropriati i diritti dei latifondisti nobili; hanno per esempio accettato gli impegni della polizia e del tribunale. Poco dopo hanno anche appostato le loro proprie truppe di sicurezza. Hanno potuto diventare così influenti solo perché il nuovo stato italiano non era riuscito a chiudere i buchi che il feudalismo ha lasciato in eredità.

[...] Con l'unità d'Italia nella Sicilia della seconda metà del XIX secolo si accelerò il processo, già iniziato in precedenza, di smantellamento della struttura feudale ancora esistente nelle zone rurali e nelle campagne. Questo avvenne quando l'economia siciliana fu integrata in quella del resto del paese. Il governo piemontese inoltre si sostituì alla struttura sociale siciliana, fino a quel momento rigidamente divisa, senza però riuscire ad instaurare con essa un rapporto positivo. Se a questo si somma la necessità dei grossi latifondisti dell'interno dell'isola di affidarsi all'aiuto di qualcuno che garantisse loro un controllo effettivo e totale sulle proprietà e che se i possidenti non sentivano tale necessità, cosa nostra si prodigava nel rendergliela evidente, ecco che si spiega come mai la Mafia fu involontariamente favorita dal Risorgimento italiano. C'è altresì da considerare come lo Stato Piemontese, non riuscendosi a garantire un controllo diretto e stabile del governo dell'isola (la cui organizzazione sociale era fin troppo differente da quella settentrionale), cominciò a fare affidamento delle cosche mafiose, le quali, ben conoscendo i meccanismi locali, facilmente presero le veci del governo centrale.

Fonte Wikipedia

Il concetto di “mafioso” venne scritto per la prima volta nel titolo della commedia “I mafiosi della Vicaria” del 1860. Qui i mafiosi sono i detenuti più rispettabili in prigione. La formazione ora nel postunità della nuova mafia riflette i cambi sociali del feudalesimo siciliano durante il Risorgimento. Il nuovo governo piemontese si sovrappose ad una struttura sociale siciliana senza riuscire ad interagire con essa. Conseguenza di questi cambiamenti fu che nelle campagne i grossi latifondisti, che avevano detenuto interamente il potere fino a quel tempo, cominciarono ad aver bisogno sempre più di qualcuno che garantisse loro un controllo effettivo della proprietà (sia per difendersi dal brigantaggio, sia per resistere alle nascenti pretese delle classi contadine per una più equa distribuzione del prodotto del loro lavoro), e un maggior reddito. La creazione di una classe intermedia che organizzasse, programmasse e gestisse il lavoro in uno scenario economico allargato, che altrove prese il nome di Borghesia, qui venne assunto da personaggi detti campieri o gabbellotti. I latifondisti si appoggiavano sempre di più ai Gabellotti per le affittanze e gli incassi, tanto che alla fine, la loro potenza economica e organizzativa li esautorò. (I gabellotti non gestivano i fondi, li subaffittavano, liberando il Barone da ogni incombenza e responsabilità. Il lento processo evolutivo dell’800 passò anche nella commistione con la politica e con l’allargamento degli interessi alla grande città che sembrò prevalere con lo sviluppo sociale. Nonostante ciò l'episodio più tragico ( prima delle votazioni politiche del 1948) fu ancora il Massacro di Braccianti che manifestavano per trattamenti sindacali migliori a Portella della Ginestra.

Da Il brigantaggio

[...] E da un altro lato abbiamo noi esaminato tutti i danni di un tale stato di cose? La insurrezione è un pericolo; ma l'ozio, l'inerzia, il vagabondaggio e l'abbrutimento sono un pericolo non meno grave, specialmente per un popolo che vuoI essere libero. Il dispotismo si fonda sopra una società che lavora poco e spende poco; può quindi più facilmente tollerare l'ozio e l'abbrutimento, spesso ne ha anche bisogno per la sua sicurezza. Ma un popolo libero è invece un popolo che lavora e spende molto. Se noi avessimo prima trasformata la nostra società, per far poi la rivoluzione politica, non ci troveremmo nelle condizioni in cui siamo, appunto per aver fatto solo una rivoluzione politica, colla quale si sono mutati il governo e l'amministrazione. Le spese sono a un tratto immensamente cresciute, senza che la produzione cresca del pari. E questo stato di cose porta un deficit finanziario, il quale non sarà colmato neppur quando colle imposte avremo pareggiato le spese alle entrate. La più piccola scossa farà riapparire il disavanzo, e le economie necessarie ma forzate, che faremo per alcuni anni, saranno impossibili, se vorremo accrescere il benessere materiale e morale. Ma da un altro lato neppure le spese saranno possibili, se un aumento di lavoro e di produzione non comincerà nel paese. È un circolo vizioso, di certo; ma è pur chiaro che, per andare avanti, bisogna uscirne. E senza redimere queste classi numerose, che nell'abbrutimento in cui sono non lavorano punto o fanno un lavoro improduttivo, il problema non sarà mai risoluto. Questo è per noi non solamente un debito d'onore, ma è pure un nostro interesse: non faremo mai davvero e permanentemente il pareggio finanziario, senza prima fare il pareggio morale. [...]

Pasquale Villari, storico napoletano

In ultima analisi, si può ben capire come le colpe della presenza capillare della mafia in Sicilia, come nel resto dell'Italia, siano principalmente il frutto di uno Stato assente o peggio consenziente. Ecco perché non si possono additare i siciliani di essere a parte con la mafia se non se ne conoscono le storture iniziali, che non dipesero certo dagli stessi siciliani.

mercoledì 21 maggio 2008

Monaci o popolo del Tibet


Monaci o popolo del Tibet

di Enrica Collotti Pischel

[Sul Tibet esiste una pessima informazione, specie in questi giorni in cui la regione è all'onore delle cronache. Per fare un minimo di chiarezza sulla questione tibetana, riportiamo questo articolo della celebre sinologa Enrica Collotti Pischel, scomparsa nel 2003. L'articolo fu pubblicato da Il manifesto il 9 gennaio 2000. Naturalmente, narrare gli antecedenti e liberarli dalle speculazioni non significa legittimare la repressione violenta delle attuali autorità cinesi contro la protesta tibetana. Ringrazio l'amico Roberto Sassi per la segnalazione.] (V.E.)

La notizia della fuga dalla Cina del giovanissimo Lama Ugyen Trinley Dorje, terza autorità nella gerarchia delle reincarnazioni del buddhismo tibetano è stata ritenuta molto ghiotta dai giornali italiani e viene considerata un grave scacco per il governo cinese che non sarebbe riuscito a impedirla, nonostante il proprio apparato militare.

Quest'interpretazione ignora che i cinesi non hanno mai fatto nulla per fermare la fuga dei rappresentanti politici e religiosi tibetani dalla Cina: nel 1959 l'intera classe dirigente tibetana, con alla testa il Dalai Lama, si allontanò da Lhasa con una lunga fuga a piedi, nonostante il pattugliamento degli aerei da combattimento cinesi. Fa parte della politica delle autorità cinesi il pensare che gli avversari è sempre meglio tenerli fuori del paese che dentro, meglio lontani dai loro adepti che vicini. Se poi le circostanze equivoche di quest'ultimo episodio - cioè la mancata condanna di Pechino - possano far pensare a ipotesi di contatti con il Dalai Lama e di trattative di conciliazione, è difficile dirlo ora. Certamente il fatto che la grande organizzazione propagandistica che negli Stati Uniti (ma anche in Europa e nello stesso nostro scafato e realistico paese) sostiene la causa dell'indipendenza tibetana si sia buttata sull'episodio, non rende certo facile un'intesa: i cinesi sanno fare molto bene i compromessi e sono disposti a concluderli quando siano convenienti. Ma ritengono che debbano essere cercati e raggiunti con la massima discrezione e comunque al di fuori di pressioni che li possano far apparire come una resa a pressioni straniere. E non dimentichiamo mai che "straniero" per l'intera Asia orientale nell'ultimo secolo e mezzo ha significato umiliazione e asservimento: di essa fece parte anche il tentativo pi volte condotto di staccare il Tibet dalla Cina.

Il più povero

Molte cose dovrebbero essere dette a proposito del mito del Tibet che ha preso piede, anche nei ranghi della sinistra. Dal cinematografico Shangri-la, al di fuori del tempo, dello spazio e del clima, alle ovvie seduzioni di turismo "estremo", dalle tendenze a vedere esempi validi in civiltà rimaste primitive e tagliate fuori dal processo della storia, alla sistematica disinformazione diffusa da potenti mezzi mediatici statunitensi e al fascino che sugli occidentali delusi esercitano le religioni e le ideologie esotiche ed esoteriche, tutto confluito in un'affabulazione della quale sono stati vittime in primo luogo proprio i tibetani.
Certamente sono uno dei popoli più poveri del mondo, esposti a molteplici forme di oppressione: tra esse quella cinese è stata con ogni probabilità meno gravosa di quella esercitata dai monaci e dagli aristocratici, dei quali i pastori e i contadini erano fino al 1959 "schiavi", nel senso letterale del termine, in quanto sottoposti al diritto di vita e di morte dei loro padroni. Che poi tutti, ma con ben diverso vantaggio, trovassero conforto nel ricorso a una delle forme più degradate di buddhismo (il buddhismo tantrico tibetano popolato di fantasmi e di incantesimi ha ben poco a che vedere con la meditazione intellettuale e la creatività artistica dello Zen), si può anche comprenderlo.
Per fare un minimo di chiarezza è necessario comunque precisare alcune cose. Il Tibet non è stato "conquistato dalla Cina comunista nel 1950": dopo precedenti più discontinui rapporti, fu conquistato dall'impero cinese nella prima metà del secolo XVIII, e da allora è stato considerato parte dello stato cinese da tutti i governi della Cina, anche dal Guomindang. La Cina (in cinese "Stato del Centro") è stato ed è uno Stato multietnico nel quale è in corso da millenni un processo di trasferimenti di gruppi etnici e soprattutto di fusione dei gruppi periferici entro quello più importante, che rappresenta nove decimi dei cinesi ed è sempre stato capace di offrire ai suoi membri una maggiore prosperità e i benefici di una cultura più concreta. Mettere in discussione la natura multietnica della civiltà e dello Stato cinesi significherebbe mettere in moto la più spaventosa catastrofe degli ultimi secoli. Quella praticata dalla Cina non è mai stata una politica di "pulizia etnica", bensì di fusione entro un insieme non etnico ma contraddistinto da una comune cultura e da comuni pratiche produttive: più che sterminarle, i cinesi hanno comprato le minoranze.
E' vero che i tibetani per ragioni geografiche sono, entro lo "Stato del Centro", il gruppo più lontano dalla comune cultura, però da 250 anni sono stati sempre governati da funzionari cinesi nominati dal governo centrale: giuridicamente e istituzionalmente ciò ha un senso. Gli inglesi, all'apice del loro potere sull'India all'inizio del secolo XX, intrapresero, tuttavia, una serie di manovre per staccare il Tibet dalla Cina e porlo sotto la loro influenza, giungendo, nel 1913, a convocare una conferenza a Simla nella quale le autorità tibetane cedettero vasti territori all'India britannica. Nessun governo cinese ha mai accettato la validità di quella conferenza. Nel periodo precedente il 1949 il governo del Guomindang considerava il Tibet, a pieno diritto, parte del proprio territorio, tanto che durante la Seconda guerra mondiale concedeva il diritto di sorvolo agli aerei alleati.

Il ruolo della Cia

Non ha quindi alcun senso dire che la Cina conquistò il Tibet nel 1950; nel 1950 le forze di Mao completarono in Tibet il controllo sul territorio cinese; nel 1951 fu raggiunto un accordo con il Dalai Lama per la concessione di un regime di autonomia. Verso il 1957, nel pieno dell'assedio statunitense alla Cina, i servizi segreti inglesi e americani fomentarono una rivolta dei gruppi di tibetani arroccati sulle montagne delle regioni cinesi del Sichuan e dello Yunnan, lungo la strada che dalla Cina porta al Tibet. I cinesi repressero certamente la rivolta con pugno di ferro: nelle circostanze internazionali nelle quali si trovavano e nel loro contesto etnico non era razionale pensare che si comportassero diversamente. Alla fine del 1958 i servizi segreti inglesi annunciarono che, all'inizio del 1959, la rivolta si sarebbe trasferita a Lhasa e avrebbe cercato l'appoggio del Dalai Lama. Ed è infatti ciò che avvenne: sullo sfondo della rivolta, il Dalai Lama dichiarò decaduto l'accordo per il regime autonomo e fuggì con la maggioranza della classe dirigente tibetana in India, dove costituì un proprio governo in esilio e il proprio centro di propaganda. Nessun governo al mondo ha riconosciuto questa compagine. Recentemente la Cia (i servizi segreti americani sono infatti obbligati a rendicontare prima o poi le loro spese di fronte ai contribuenti) ha ammesso di avere finanziato tutta l'operazione della rivolta tibetana.

Pechino: autonomia no

Dopo il 1959 il governo cinese spossessò monasteri e aristocratici e "liberò gli schiavi", iniziando una politica di modernizzazione forzosa (vaccinazioni, costruzione di opere pubbliche) e di formazione di una classe dirigente locale, figlia di schiavi, sottoposta a un bombardamento educativo razionalista e anti-religioso. Furono questi giovani che durante la rivoluzione culturale distrussero templi e monasteri.
Dopo la morte di Mao, i governanti cinesi hanno cercato di ristabilire i rapporti con i tibetani, migliorando le sorti economiche dell'altipiano ma importando anche gran numero di cinesi, non solo militari. Hanno anche trattato indirettamente con il Dalai Lama, che - politico asiatico molto scaltro - non chiede l'indipendenza, ma una più o meno larga autonomia: Pechino non ha mai tuttavia voluto concedere un reale autogoverno, che aprirebbe rischi di secessione e metterebbe in discussione tutti i rapporti etnici del vasto paese. Alle spalle del Dalai Lama si è sviluppato, intanto, un vasto insieme di interessi della classe dirigente tibetana che ormai è nata all'estero e vi ha ricevuto una formazione culturale moderna: è questa che chiede un'indipendenza che potrebbe essere ottenuta solo con una guerra spietata alla Cina e potrebbe essere innestata dal reclutamento di giovani guerriglieri in India - segnali "terroristici" in questo senso ci sono già stati. Erano proprio dissennati i governanti cinesi che ritenevano che l'attacco alla Serbia, motivato dalla difesa dei "diritti umani" in Kosovo, fosse in effetti la prova generale di un attacco alla Cina?

qui

Diogene, il cinico


Encomiastico d'un cinico

1. Guardatemi: casa non ho, né patria, né averi o schiavi: dormo su nuda terra, non ho sposa, né figli, né pretorio, ma unicamente terra e cielo ed un solo consunto mantello. Eppure: che mi manca? Non sono senza paure, senza dolori, non sono libero?

2. “Che è un amico?”, si chiese a Diogene. “Un’anima in due corpi”.

3. Un ragazzino che beveva nel cavo delle mani vide un giorno; allora gettò via la ciotola gridando: “Un bimbo m’ha vinto in sobrietà!”

4. V’è un gran numero di topi e di donnole nelle case colme di cibi; così, diceva Diogene, i corpi farciti di cibi attirano un gran numero di malattie.

5. “Fra gli uomini chi è ricco?”, gli fu chiesto. “Chi basta a se stesso”, rispose.

6. Scorgendo servi intenti a trasportare suppellettili lussuose, Diogene chiese chi ne fosse il proprietario. “Anassimene”, risposero. “Non si vergogna” replicò “di possedere tante cose e di non possedere se stesso?”.

7. In pieno giorno, la lanterna accesa in mano, si aggirava proclamando: “Cerco l’uomo”.

8. Dichiarava Diogene: “Morte non è male, come non è disonore. Reputazione è baccano di folli. Star nudi” aggiungeva “è meglio che vestire di porpora; dormire su nuda terra è il più soave dei giacigli”. E ne dava prova con la sua fermezza, imperturbabilità e libertà, e ancora, col suo corpo splendente di salute.

9. “Di dove sei?”. “Cittadino del mondo sono”.

10. Lo rimproverava qualcuno di frequentare luoghi indecenti, ma si ebbe questa replica: “Anche nelle cloache penetra il sole e resta puro”.


(Tratto dalla raccolta curata da Luciano Parinetto Il vangelo dei cani. Aforismi dei primi cinici, Stampa Alternativa, 1995)

Diogene di Sinope

lunedì 19 maggio 2008

Le origini politiche dell'isteria antifumo


Le origini politiche dell'isteria antifumo

Negus, Ethiopian dream


L'etichetta francese Buda Musique ha pubblicato una serie di 21 CD intitolata Éthiopiques.

Qui se ne parla diffusamente

Qui i 21 cd

domenica 18 maggio 2008

Bohémien


Curiosa la storia di questo gruppo romano: formatosi nel 1985, dopo un eccellente demotape pubblicato nel dicembre dello stesso anno (“Sangue e Arena”) ed una manciata di concerti, si scioglie nel 1987 senza aver lasciato alcuna pubblicazione ufficiale.
Tre lustri di silenzio totale poi, improvvisamente, la In The Night Time, una piccola ma lungimirante etichetta indipendente romana, pubblica nel 2003 il loro primo CD “Danze Pagane”. Un esordio incredibile, 10 tracce in cui si mescolano alla perfezione la wave italica (Diaframma e Litfiba), il deathrock californiano (Christian Death in primis) e il gothic d’oltremanica (Bahuaus e Southern Death Cult).
Un disco da ascoltare, da avere, da custodire gelosamente. Prezioso e delicato come un cristallo di Boemia.

“Prendi il sangue tra le mani e asciuga il tuo sorriso”

www.bohemien.net
www.myspace.com/thebohemien

sabato 17 maggio 2008

Emilio Lussu, rivoluzionario


Le edizioni Gwynplaine, dopo un'ottima antologia di scritti di Gramsci, hanno appena ripubblicato il saggio di Emilio Lussu Teoria dell'insurrezione, pp. 253, € 15,00.
Dall'introduzione di Valerio Evangelisti:
Che io sappia, nessun rivoluzionario italiano, prima di Emilio Lussu, aveva scritto un vero e proprio manuale sull’ “arte” di insorgere, e nessuno lo avrebbe fatto dopo di lui. E’ vero che il saggio rappresenta, in larga parte, una disamina delle rivoluzioni dei primi decenni del Novecento, e soprattutto della rivoluzione russa. Però è anche vero che l’analisi non è puramente storica o filosofica, ma persegue un fine preciso: individuare i mezzi necessari per abbattere il fascismo attraverso la lotta armata.
Leggi l'intera introduzione su:

Contro il razzismo e la persecuzione dei Rom



Qui il testo della petizione al Presidente della Repubblica:

giovedì 15 maggio 2008

Politica e mafia: ancora sul caso Schifani


Oggi mi sono imbattuto in un pensiero di Paolo Borsellino riguardante i rapporti tra politici e mafia, che parla anche della differenza tra accertamento giudiziale della magistratura e giudizio politico. E credo che per chiudere definitivamente la questione Schifani possa essere sufficiente:

“Ora l’equivoco su cui spesso si gioca è questo, si dice: quel politico era vicino al mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con l’organizzazione mafiosa, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale. Può dire beh ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria, che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però siccome dall’indagine sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, cioè le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, cioè i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituivano reato, ma erano o rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo “schermo” della sentenza e detto: questo tizio non é mai stato condannato, quindi é un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia e non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al proprio interno di tutti coloro che sono raggiunti, ovunque, da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reato.”

Paolo Borsellino (26 gennaio 1989)

mercoledì 14 maggio 2008

Vergogna!!!


10:36 Dal Pd nessun applauso a Di Pietro
"Da oggi ci sarà un'opposizone forte e senza compromessi. Noi crediamo che lei si sia messo a fare politica per i suoi interessi personali" conclude Di Pietro. Dai banchi del Pd nessun applauso.


martedì 13 maggio 2008

Quanto ci costa la Chiesa cattolica?



[...] Migliaia di uomini sotto il tuo pontificato,
davanti ai tuoi occhi, son vissuti in stabbi e porcili.
Lo sapevi, peccare non significa fare il male:
non fare il bene, questo significa peccare.
Quanto bene tu potevi fare! E non l’ hai fatto:
non c’è stato un peccatore più grande di te.

Pier Paolo Pasolini, A un Papa


lunedì 12 maggio 2008

Giovane picchiato da sconosciuti all'uscita centro sociale padova


GIOVANE PICCHIATO DA SCONOSCIUTI ALL'USCITA CENTRO SOCIALE PADOVA - Un operaio di 31 anni è stato aggredito e picchiato da quattro sconosciuti a Padova, all'uscita del centro sociale 'Pedro', dove aveva assistito ad un concerto rap. L'uomo, secondo quanto riporta il Gazzettino, é stato circondato da quattro teppisti che dopo averlo insultato - "mi hanno dato del bastardo", ha raccontato -, è stato colpito più volte con calci e pugni. E' stato ricoverato nell'ospedale cittadino con numerose escoriazioni e contusioni al volto. Le forze dell'ordine stanno cercando di capire se dietro l'aggressione, che ricorda in qualche modo quella in cui a Verona il primo maggio scorso è rimasto vittima Nicola Tommasoli, vi sia una matrice politica. L'operaio vive a Cadoneghe, un comune alle porte di Padova.

Clima insostenibile. Squadrismo a gogò.


Vietate e illegali le benedizioni pasquali


Vietate e illegali le benedizioni pasquali
I preti non potranno più andare a benedire le case, per sentenza della Corte Europea

STRASBURGO - La Corte Europea dei Diritti Umani ha affermato che “la libertà di manifestare le proprie convinzioni religiose comporta anche un aspetto negativo, ovverosia il diritto dell’individuo di non essere costretto a manifestare la propria confessione o i propri convincimenti religiosi e di non essere costretto ad agire in modo che si possa desumere che egli ha - o non ha - tali convincimenti. Le autorità statali non hanno il diritto di intervenire nella sfera della libertà di coscienza dell’individuo e di indagare sui suoi convincimenti religiosi, o di costringerlo a manifestare i suoi convincimenti in merito alla divinità. Questo è tanto più vero nel caso in cui una persona è costretta ad agire in tal modo allo scopo di esercitare certe funzioni, segnatamente in occasione della prestazione di un giuramento”. La Corte Europea con sentenza del 21 febbraio 2008 ha condannato la Grecia per aver costretto l’avvocato Arret Alexandridis a manifestare i propri convincimenti religiosi in occasione della prestazione del giuramento previsto per l’inizio della sua attività forense (la formula del giuramento, infatti, era predisposta in modo tale da far supporre che il giurante fosse di fede cristiano-ortodossa). La sentenza rende palese la violazione del diritto di libertà religiosa da parte delle varie confessioni religiose a cominciare dai preti della Chiesa cattolica che, durante il periodo pasquale, si presentano alle case per ‘benedirle’, oppure dei Testimoni di Geova che suonano ai campanelli per fare opera di conversione. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni dovrà emanare direttive atte a che simili illecite attività cessino. Dal Ministero dell’Interno dovrebbero essere inoltrate diffide alla CEI Conferenza episcopale italiana e ai Testimoni di Geova affinché si astengano dall’esercitare simili pratiche, con minaccia di azioni legali per il ristoro del danno derivante dalla lesione del diritto di libertà religiosa (la CEDU ha liquidato 2.000 euro, nel caso di specie). Contrariamente, c’è il rischio che ogni cittadino possa sporgere denuncia penale contro qualsiasi prete della Chiesa cattolica e contro i Testimoni di Geova che si presentassero alla porta. Per scaricare la Sentenza integrale della Corte Europea: http://olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4616


Pd e Pdl in difesa di Schifani


"L'attacco di ieri sera, utilizzando senza contraddittorio il mezzo televisivo pubblico, è una vergognosa imboscata. Mi auguro che vi si possa porre riparo evitando almeno che episodi del genere si possano ripetere", ha detto senza mezzi termini il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Altero Matteoli.

Ma anche Anna Finocchiaro del Pd ha criticato la condotta di Travaglio: "Trovo inaccettabile che possano essere lanciate accuse così gravi, come quella di collusione mafiosa, nei confronti del presidente del Senato, in diretta tv su una rete pubblica, senza possibilità di contraddittorio"

Bene, voi credete sia possibile che un avvocato palermitano, specializzato nel recupero crediti (Mancuso docet) ed elettore di vecchia data della Dc, non sappia chi è mafioso o meno? ma è mai possibile che questi sono tutti sprovveduti ed ingenui che si associano a mafiosi per caso? ma è mai possibile? e perché a noi comuni mortali non accade mai di associarci a mafiosi per caso?

In un rapporto dei carabinieri del nucleo di Palermo, di cui "L'Espresso" è in grado di rivelare i contenuti, si ricostruisce la storia di un'altra strana società di cui il capogruppo di Forza Italia è stato socio e amministratore per poco più di un anno. Si chiama Sicula Brokers, fu istituita nel 1979 e oggi ha cambiato compagine azionaria. Tra i soci fondatori, accanto a un'assicurazione del nord, c'erano Renato Schifani e il ministro degli Affari regionali Enrico La Loggia, nonché soggetti come Benny D'Agostino, Giuseppe Lombardo e Nino Mandalà. Nomi che a Palermo indicano quella zona grigia in cui impresa, politica e mafia si confondono. Benny D'agostino è un imprenditore condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e, negli anni in cui era socio di Schifani e La Loggia, frequentava il gotha di Cosa Nostra. Lo ha ammesso lui stesso al processo Andreotti quando ha raccontato un viaggio memorabile sulla sua Ferrari da Napoli a Roma assieme a Michele Greco, il papa della mafia.

Travaglio riporta dei fatti in Tv e sia il Pdl che il Pd insorgono in difesa del presunto ingenuo Schifani, e attaccano il giornalista che sta facendo solo il suo lavoro. Saranno contenti gli elettori che hanno buttato nel cesso la democrazia votando "utilmente" questi omuncoli.


venerdì 9 maggio 2008

mercoledì 7 maggio 2008

Nico, The end


The end. L'apice solistico (intitolato come l'omonima canzone dei Doors, qui coverizzata in un incubo marziale e spaventevole, che forse avrebbe reso Apocalypse Now ancora più devastante) della musa dei Velvet Underground, Nico, sorta di algida anticipatrice del dark già nel 1974. L'album vede la collaborazione dell'ex Velvet John Cale come polistrumentista e produttore, Phil Manzanera (Roxy Music) alla chitarra, e l'immancabile Brian Eno ai disturbi elettronici. Cliccate qui.

martedì 6 maggio 2008

Il dubbio


Da quando questo blog è in vita abbiamo avuto numerosissimi accessi (Stefano potrebbe essere più preciso sul numero esatto). Purtroppo, però, nessuno dei visitatori ha deciso di lasciare traccia del suo passaggio con un proprio messaggio o un commento ai diversi argomenti postati.
Tutto ciò mi ha fatto sorgere un dubbio: o noi scriviamo e postiamo così tante cazzate che non meritano neppure un commento oppure voi siete talmente pigri che faticate anche a metter mano alla tastiera.
Delle due l'una: nel primo caso fatecelo sapere, nel secondo muovete il culo e lasciateci i vostri commenti affinchè la discussione si allarghi e coinvolga sempre più persone.
Nihil

Fascismi a Roma


Che la terra ti sia lieve

Lo hanno ammazzato come si ammazza un cane. Lo hanno aggredito selvaggiamente con calci e pugni fino a sfondargli il cranio solo perché aveva “osato” rifiutargli una sigaretta. Ieri, dopo quattro giorni di coma, è morto Nicola Tommasoli.
Politici ed amministratori – di destra e, purtroppo, anche di sinistra – non hanno fatto altro che gettare benzina alimentando il fuoco della violenza. Così l’immigrato, il senza casa, il diverso diventano qualcosa da eliminare, come chi dice no alla richiesta di una sigaretta.
Non credo sia molto interessante sapere se i cinque assassini fossero o meno naziskin, fascisti o ultrà. E’ il clima in cui viviamo che è profondamente fascista: è fascista il clima creato dai nostri sindaci che inneggiano alle ronde di volontari per garantire la sicurezza dei loro cittadini; è fascista il clima creato dai media che fanno a gara per rappresentare una situazione di diffusa insicurezza per giustificare l’attuale deriva securitaria; è fascista il clima in cui una televisione criminale altera il senso comune di un’intera nazione - e massimamente dei suoi giovani – imponendo un modello sociale basato sulla competizione.
Nicola è morto di questo e forse anche noi, che ci diciamo di sinistra solo perché guardiamo Report o Anno Zero invece delle trasmissioni della De Filippi, abbiamo le nostre responsabilità.
Ciao Nicola, che la terra ti sia lieve.
Nihil

lunedì 5 maggio 2008

Imperialismi



Rifacendomi all'ultimo post di Nihil, che evidenzia l'idea che ha l'Impero di civiltà e democrazia, e che lascia sgomenti, volevo segnalare un breve testo di uno dei massimi storici contemporanei, Eric J.Hobsbawm, nel quale si parla proprio di imperi e di democrazia:

In che modo l'odierno impero americano si distingue dagli imperi del passato, come per esempio quello britannico dell'Ottocento? E qual è la caratteristica essenziale del moderno imperialismo dell'unica superpotenza mondiale, alle origini dell'intervento americano in Afghanistan e in Iraq? Per Eric Hobsbawm è la volontà (o piuttosto la velleità) di esportare la democrazia occidentale senza tener conto delle realtà locali, e senza elaborare prima un'efficace strategia di costruzione di uno Stato dalle sue fondamenta. In queste lucide pagine, Hobsbawm manifesta tutta la sua preoccupazione per quello che gli appare un Nuovo Disordine Mondiale.

Qui una recensione.

Imperialismi
, Eric J.Hobsbawm
Rizzoli, 2007

sabato 3 maggio 2008

Gli Stati Uniti e la loro idea di civiltà e di democrazia

Libero dopo sette anni a Guantanamo: "i topi vengono trattati con maggiore umanità"
Immaginate di venire rapiti mentre state facendo delle riprese su di un fronte particolarmente caldo come lo era il Pakistan nell'autunno del 2001. Immaginate poi di passare quasi sette anni chiusi in una gabbia senza avere la possibilità di incontrare un avvocato che vi dica di cosa siete accusati né, tanto meno, di incontrare i vostri familiari. E quando, per ottenere questi diritti, decidete di esercitare l'unica azione di protesta che vi rimane, ovvero lo sciopero della fame, ecco che vi ritrovate legati a una sedia appositamente costruita per l'alimentazione forzata, con tanto di bracciali imbottiti e di tubo che finisce direttamente in gola. Questo è quanto è accaduto a Sami al-Hajj, giornalista e cameraman sudanese che aveva la sventura di lavorare per la Cnn del mondo arabo, Al Jazeera, ed è successo più o meno nell'indifferenza di quei campioni della libertà di stampa che sono i media occidentali. Peccato perché, se avessero aderito alla campagna portata avanti da Al Jazeera e da numerosi media di lingua araba per chiedere la liberazione del giornalista, i nostri media avrebbero potuto dimostrare che non ci sono due pesi e due misure e fare qualcosa per disinnescare il risentimento che alimenta lo scontro fra civiltà.
Ieri l'incubo è finito. Sami al-Hajj è uscito dal gulag di Guantanamo ed è arrivato in volo a Karthoum su di un jet dell'Us Army: su Youtube si possono vedere i marines trasportare a braccia il giornalista giù per le scalette dell'aereo. Sette anni fa era un giovane di bell'aspetto vestito all'occidentale, ora sembra un vecchio con la barba grigia e l'abbigliamento da scuola coranica. In ospedale Sami ha potuto abbracciare il figlio che era appena nato quando è stato arrestato, arrivato insieme alla moglie e al fratello Asim che a stento è riuscito a riconoscerlo: «Sembra un uomo di ottant'anni» ha dichiarato. Fonti anonime del Dipartimento della Difesa statunitense hanno detto all'agenzia Reuters che al-Hajj «non è stato affatto rilasciato ma trasferito alle autorità sudanesi» le quali, dal canto loro, hanno invece affermato che il giornalista è un uomo libero visto che non esiste nessuna accusa a suo carico. Insieme a lui sono stati "trasferiti alle autorità" altri due cittadini sudanesi - Amir Yacoub al-Amir e Walid Ali - mentre altri 5 hanno ripreso il volo verso l'Afghanistan. Tutti - anche chi, come Sami, non può camminare - hanno viaggiato bendati, ammanettati e incatenati fino a destinazione.
L'insistenza delle autorità Usa sui "trasferimenti" è l'ultima foglia di fico rimasta per quell'aberrazione giuridica che si chiama Guantanamo, bocciata perfino dalla Corte Suprema. Non potendo giustificare in alcun modo l'arresto e la detenzione - nella base cubana così come in altre decine di prigioni segrete sparse per il mondo - bisogna andare avanti con la finzione: rilasciarli significa ammettere di avere sbagliato mentre consegnarli alle autorità di un altro paese consente di lavarsene le mani. Magari un regime "amico" potrebbe riuscire a imbastire uno straccio di processo per salvare la faccia a Washington - ma di sicuro non è il caso del Sudan. Ma perchè al-Hajj è stato sospettato di avere legami con Al Qaeda? In realtà Sami ha avuto una sola colpa: quella di trovarsi in Pakistan nel 2001, munito di regolare visto, per fare il suo lavoro di cameraman e documentare il flusso dei profughi che attraversavano la frontiera dopo l'inizio dei bombardamenti. Per questo Sami è diventato il prigioniero numero 345 nel lager di Guantanamo, e dopo anni di appelli e richieste inascoltate, il 7 gennaio del 2007 è entrato in sciopero della fame. Purtroppo, a parte i gruppi che si occupano di diritti umani come Amnesty Internazional e Human Rights Watch, sono stati in pochi a raccogliere la campagna dei media arabi e sono stati ancora meno quelli che hanno avuto il coraggio di pubblicare i disegni che Sami è riuscito a fare uscire da Guantanamo per mostrare come funzionano i dispositivi per l'alimentazione alimentazione forzata e quali sono le condizioni di detenzione. Resta il fatto che, se non fosse stato per la sua forza d'animo, forse Sami sarebbe semplicemente scomparso nel nulla.
«I topi vengono trattati con maggiore umanità» sono state le sue prime parole al rilascio. Le seconde sono andate a quei 275 detenuti «che non sono stati così fortunati». Perchè «le condizioni di detenzione dei fratelli rimasti a Guantanamo» ha dichiarato dal suo letto d'ospedale «sono terribili e peggiorano di giorno in giorno. La nostra dignità umana è stata violata e l'amministrazione americana è andata al di là di ogni valore morale o religioso. Là ci sono persone provenienti da più di 50 paesi. Persone» ha aggiunto «che non hanno nemmeno i diritti garantiti agli animali». Il direttore di Al Jazeera, Wadah Khanfar, si è detto «sopraffatto dalla gioia» ma non ha nascosto la sua preoccupazione sul comportamento dei militari americani, che hanno più volte offerto a Sami la libertà in cambio di informazioni sui suoi colleghi. «Ci preoccupa il modo in cui gli americani si sono comportati con Sami e ci preoccupa di quello che potrebbero fare in futuro». Ma se per il giornalista di un grande network è stato così difficile uscire da Guantanamo che fine faranno gli altri "nemici non combattenti"? David Remes, avvocato "a distanza" di 17 detenuti a Guantanamo Bay, punta sull'imbarazzo crescente dell'amministrazione ma non nasconde le difficoltà anche perchè «c'è un forte elemento di razzismo visto che nessun europeo sarebbe stato trattato come Sami». L'avvocato si riferisce al fatto che i primi a venire liberati sono stati proprio gli europei mentre probabilmente gli ultimi saranno gli yemeniti, ormai un terzo della popolazione in tutta arancione. Va ricordato che il gulag di Guantanamo - con le sue gabbie a cielo aperto, le stanze delle torture e le sedie per l'alimentazione forzata - non è servito a catturare nemmeno un terrorista.
Sabina Morandi su Liberazione del 03.05.2008

venerdì 2 maggio 2008

FASCISTI, VIGLIACCHI E DELINQUENTI


Ostia, distrutta targa delle Fosse Ardeatine
Era dedicata a tre martiri della guerra civile
di Marino Bisso

Il municipio di OstiaDistrutta la targa commemorativa delle vittime delle Fosse Ardeatine in piazza della Stazione Vecchia ad Ostia, vicino al municipio XIII. L´atto vandalico è avvenuto domenica notte: la lapide è stata frantumata, probabilmente con un piccone, e sopra è stato scritto, con la vernice «Il popolo di Ostia inneggia al Duce. Onore alla R.S.I.».
Immediata la condanna del presidente del XIII municipio Paolo Orneli che ha annunciato, per questa sera alle 18, una fiaccolata per esprimere: «indignazione e collera per il vile atto». «Si tratta di un gesto di inaudita barbarie - ha commentato Orneli - uno scempio gratuito e ingiustificato alla memoria dei nostri concittadini che hanno trovato la morte in uno degli episodi più cupi della storia di Roma».
La targa distrutta era dedicata a tre martiri della guerra civile: il tenente dei carabinieri Romeo Rodriguez Pereira (Medaglia D´Oro al Valore Militare, trucidato nelle Fosse Ardeatine il 29 marzo del 1944); il Carabiniere Fagiani Arcangelo (Fucilato a Topolo di Civitale il 19 Novembre del 1943); il Partigiano Tesseri Walter (Fucilato a Busto di Varese il 06 Agosto del 1944). La scritta che inneggia al fascismo è già stata rimossa dall´ufficio Decoro Urbano mentre il Municipio ha predisposto l´acquisto di una targa per sostituire la lapide danneggiata a picconate. Immediate le reazioni politiche.
«Si tratta dell´ennesima azione di violenza di stampo nazifascista. Occorre punire i responsabili e tenere alto il livello di attenzione» incalza il consigliere regionale del Pd Alessio D´Amato. Dello stesso avviso Sandro Lorenzatti dei Verdi e l´assessore regionale all´ambiente Filiberto Zaratti: «Un gesto ignobile che provoca rabbia e indignazione per la grave offesa arrecata alle vittime delle Fosse Ardeatine e a tutti coloro che hanno dato la vita per liberare questo Paese dal nazifascismo».

giovedì 1 maggio 2008

BUONA FESTA DEL LAVORO


Appello agli internauti


Dato che la prevaricazione del voto utile ha fatto sì che la Sinistra l'Arcobaleno non raggiungesse neanche il 4% per avere una rappresentanza parlamentare, che aveva anche un valore economico (ricordo che i parlamentari di Rifondazione contribuivano alle spese del partito nella misura del 55% del loro stipendio), faccio un appello a tutti gli internauti che fluttuano nella "blogosfera" ed hanno a cuore l'informazione libera e controcorrente che gli uomini de Lo Scavatore portano avanti da oramai più di un anno. Chiedo a tutti voi che ci leggete, e credete sia possibile contrastare l'informazione totalitaria del nostro Paese e della nostra città, di aiutarci, sia economicamente che attraverso la partecipazione attiva alle discussioni aperte in questo Blog, che fa capo al sito del giornale (nel quale trovate tutti gli articoli del giornale stesso).

La redazione ha deciso di aprire il giornale alla pubblicità, perciò chi ha un'attività e si riconosce nelle idee che questo gruppo di persone porta avanti con passione è invitato a contattarci, per un'eventuale collaborazione.