martedì 28 dicembre 2010

L'alleanza delle religioni contro l'autonomia uomo



Umberto Galimberti

mercoledì 22 dicembre 2010

Il vero male


“Il vero male, l’unico male, sono le convenzioni e le finzioni sociali, che si sovrappongono alle realtà naturali – tutto, dalla famiglia al denaro, dalla religione allo stato. Si nasce uomo o donna – voglio dire, si nasce per essere, da adulti, uomo o donna; non si nasce, a buon diritto naturale, né per essere marito, né per essere ricco o povero, come non si nasce per essere cattolico o protestante, o portoghese o inglese”

Fernando Pessoa, Il banchiere anarchico

lunedì 20 dicembre 2010

Liberate Kabul


Mentre in Europa chi può permettersi l'università protesta per potersela permettere ancora ed evitare di fare l'idraulico, in altre parti del globo terrestre gli uomini, le donne ed i bambini muoiono straziati dalle bombe che, presumibilmente, qualche ricercatore avrà messo a punto, lavandosene poi le mani, intascando la sua borsa di studio all'estero:

di Massimo Fini - 18 dicembre 2010

Un'ottantina di celebrità del mondo dello spettacolo, della letteratura, della politica ha firmato sul Times un appello, inviato formalmente all'ayatollah Alì Kamenei e al presidente iraniano Ahmadinejad, intitolato "liberate Ashtiani", più universalmente nota come Sakineh. È una bella compagnia.

Ci sono il premio Nobel per la Letteratura V.S. Naipaul, gli attori Robert Redford, Juliette Binoche, Robert De Niro, Colin Firth, il cantante Sting, il leader dei laburisti britannici Ed Miliband, l'ex ministro degli Esteri francese Kouchner, la vedova di Harold Pinter Antonia Fraser e naturalmente l'immancabile Bernard-Henry Lévy che si è auto eletto campione dei "diritti umani". Nell'appello si sottolinea, fra le altre cose, che Sakineh, data a priori per innocente, è in carcere da cinque anni, mentre l'uomo accusato dell'omicidio del marito di lei, dato, chissà perché, per sicuro colpevole, è libero. Costoro che si rivolgono alle autorità iraniane non conoscono nemmeno la legge islamica per la quale il verdetto definitivo spetta ai parenti della vittima il cui perdono, se c'è, annulla la pena. E poiché il parente più vicino alla vittima, oltre al figlio, era la moglie, Sakineh appunto, è ovvio che abbia perdonato l'amante che gli ha fatto il favore di uccidere il marito diventato, per entrambi, ingombrante. Mi piacerebbe che tutte queste "anime belle" lanciassero anche un altro appello: “Liberate l'Afghanistan”. Liberatelo, egregio signor Bernard-Henry Lévy, egregio signor Redford, egregio signor Miliband, dalle truppe straniere che lo occupano e che appartengono alle nazioni di cui voi siete così illustri esponenti. In Afghanistan, con un calcolo al ribasso, sono state 60 mila le vittime civili della guerra. Secondo un rapporto dell'Onu del 2009 “la maggioranza delle vittime civili è stata causata dai bombardamenti della Nato”. Ma anche le altre non ci sarebbero se la presenza delle truppe occupanti non provocasse la reazione degli insorti che, di fronte a un esercito invisibile che combatte con i droni, i Dardo e i Predator, aerei senza equipaggio ma dotati di missili micidiali, teleguidati da Nellis nel Nevada e da una base segreta in Inghilterra, o con gli irraggiungibili B52 che bombardano da diecimila metri di altezza, sono costretti ad accompagnare le classiche azioni di guerriglia con attacchi di tipo terroristico estranei, fino al 2006, alla pratica afghana e talebana. Gli americani bombardano a tappeto i villaggi alla ricerca di talebani. Ma poiché tutti gli uomini validi sono a combattere, nei villaggi ci sono solo vecchi, donne e bambini (in Afghanistan il 40% dei ricoverati in ospedale sono bambini al di sotto dei 14 anni). Il numero delle donne uccise in Afghanistan è quindi altissimo. E non sono donne che hanno somministrato al marito una pesante dose di sonnifero perché l'amante potesse ucciderlo con sette scariche elettriche. La loro sola colpa è di essere donne afghane e di vivere in un Paese in cui qualcuno, venuto da lontano, i Bernard-Henry Lévy, i Miliband, i Kouchner, i Redford, i Robert De Niro, ha deciso di imporre loro di liberarsi dal burqa e, più in generale, di piegare una popolazione che nella stragrande maggioranza non ne vuol sapere ai costumi, agli usi, alle istituzioni, alle leggi degli occidentali. Questo massacro di donne non vi dice nulla "anime belle"? Queste donne innocenti non hanno diritto al vostro interesse? No, per voi il simbolo della libertà rimane Sakineh, un'adultera assassina. Le donne, spesso incinte, spesso spose nel giorno delle nozze, massacrate a decine di migliaia dai vostri bombardieri, in nome della libertà s'intende, sono solo dei semplici, inevitabili, "effetti collaterali". Liberate Sakineh! Sporcaccioni.

venerdì 10 dicembre 2010

Boicottiamo l'istruzione, la cultura borghese



Non potevo nemmeno pensare di studiare una sola delle dotte discipline che portano ad avere questo o quell'impiego, poiché mi apparivano tutte estranee ai miei gusti o contrarie alle mie opinioni. Coloro che stimavo più di chiunque altro al mondo erano Arthur Cravan e Lautréamont, e sapevo perfettamente che tutti i loro amici, se avessi accettato di fare studi universitari, mi avrebbero disprezzato non meno che se mi fossi rassegnato a svolgere un'attività artistica. E se non avessi potuto avere quegli amici, non avrei certamente ammesso di potermene consolare con altri. Mi sono fermamente tenuto, dottore in niente, lontano da ogni parvenza di partecipazione agli ambienti che passavano allora per intellettuali o artistici. (Guy Debord)

domenica 5 dicembre 2010

Prima poesia

Peter Orlovsky and Allen Ginsberg in Lee Forest's room, Hotel de Londres, Paris, December 1957. c. Harold Chapman


PRIMA POESIA

Un arcobaleno viene a versarsi nella mia finestra, sono elettrizzato.
Erompono canzoni dal mio petto, il mio primo pianto si ferma, il mistero riempie l'aria.
Cerco le mie scarpe sotto il letto.
Una grassa donna negra diventa mia madre.
Ancora non ho denti falsi. Improvvisamente dieci bambini mi sie-
dono in grembo.
Mi faccio crescere la barba in un sol giorno.
Bevo un'intera bottiglia di vino a occhi chiusi.
Disegno sulla carta e sento di essere ancora due. Voglio che tutti mi
parlino.
Rovescio l'immondizia sul tavolo.
Invito migliaia di bottiglie nella mia camera, le chiamo insetti di
giugno.
Adopero la macchina da scrivere come cuscino.
Un cucchiaio diventa forchetta davanti ai miei occhi.
I mendicanti mi danni tutti i loro soldi.
Non ho bisogno di altro che di uno specchio per il resto della mia
vita.
I miei primi cinque anni li ho vissuti in pollai senza abbastanza bacon.
Mia madre mostrava la sua faccia da strega di notte e raccontava
storie di barbe blue.
I miei sogni mi sollevano dal mio letto.
Ho sognato che saltavo nella canna di una rivoltella per far la lotta
con un proiettile.
Ho incontrato Kafka e lui è saltato sopra una casa per fuggire da me.
Il mio corpo è diventato zucchero, versato nel tè ho trovato il signifi-
cato della vita.
Non avevo bisogno d'altro che di inchiostro per essere un negro.
Cammino per la strada in cerca di occhi che accarezzino la mia faccia.
Ho cantato negli ascensori credendo di andare in paradiso.
Sono sceso all'86° piano, ho camminato per il corridoio in cerca di mozziconi freschi.
Il mio sperma diventa un dollaro d'argento sul letto.
Guardo fuori dalla finestra e non vedo nessuno, vado giù nella strada,
guardo verso la mia finestra e non vedo nessuno.
Allora parlo all'idrante dei pompieri, e gli chiedo "Hai delle lacrime
più grandi delle mie?"
Nessuno in giro piscio dove capita.
Mie trombe di Gabriele, mie trombe di Gabriele: spiegate i canti di
gioia, il mio gaio giubilo.


(peter orlovsky)

martedì 30 novembre 2010

E sicuramente passerà sui nostri corpi...



"Il mondo è da rifare. Per questo bisogna vincere, resistere, sopravvivere ad ogni costo. Più saremo duri e forti, meno verrà a costare. Duri e forti anzitutto verso noi stessi. La rivoluzione è un’impresa che va realizzata sino in fondo senza debolezze. Noi siamo soltanto gli strumenti di una necessità che ci trascina, ci travolge, ci esalta e sicuramente passerà sui nostri corpi. Noi non inseguiamo nessun sogno di giustizia, noi facciamo ciò che deve essere fatto, ciò che non può non essere fatto".
(Victor Serge, La città conquistata)

Ciao, compagno.

martedì 23 novembre 2010

Comunicato PRC


Coerentemente con le idee comunistiche che ci contraddistinguono, idee di egualitarismo e di dignità umana, il Partito della Rifondazione Comunista di Fermo si è impegnato ad appoggiare la candidatura a Sindaco di Fermo della Prof.ssa Nella Brambatti, già assessore quando la nostra città era libera dalla morsa delle destre. Il PRC di Fermo è giunto a questa decisione dopo un percorso costruttivo all’interno della coalizione di centro-sinistra (un percorso che ci ha visti richiedere ed ottenere rassicurazioni riguardo l’assenza di forze coinvolte con l’attuale amministrazione comunale), che si ripropone, in maniera decisa ed unitaria, di riconquistare la nostra città, per rifondarla. Nel ribadire l’esattezza ed il convincimento di una scelta di genere, di coerenza politica e condivisa all’unanimità, i segretari ed i consiglieri del PRC ricordano ai cittadini che contrasteranno ancora lo sfruttamento e l’urbanizzazione selvaggia del territorio, il clientelismo e gli sprechi, contando di poterlo fare in rappresentanza di una nuova maggioranza che persegua il bene di tutti, e non dei pochi e soliti noti.

Giacomo Piergentili (Segretario della Federazione di Fermo)
Simone Tizi (Segretario del Circolo di Fermo)
Giorgio Benni (Capogruppo nel Consiglio Comunale di Fermo)

giovedì 18 novembre 2010

Risparmiamo il motodromo al paesaggio di Fermo


Centoventi ettari di fertile campagna e di bel paesaggio nel mezzo del quadrilatero Fermo-Sant’Elpidio a Mare-Porto Sant’Elpidio-Porto San Giorgio, stanno per essere sommersi da una coltre di cemento e asfalto nella forma di un faraonico motodromo del quale la maggior parte degli abitanti della zona, francamente, non sente il bisogno. Il Comitato per la Bellezza si unisce alla denuncia contro questa iniziativa che porta ad altro inutile consumo di suolo e di paesaggio e che colpisce una zona di alto valore paesaggistico, storico e naturalistico. Il motodromo in questione, dovrebbe infatti sorgere alle porte di Fermo, in località San Marco, a trecento metri dall’Abbazia di San Marco alle Paludi, a poca distanza da una storica torre medievale, ai margini del Parco fluviale Alexander Langer. In questo ambiente incontaminato, attualmente destinato ad agricoltura estensiva, la società Agrisea, sostenuta dal sindaco di Fermo, intende realizzare il megaimpianto sportivo che, nelle più rosee prospettive, quando sarà in piena attività, darà lavoro al massimo a quaranta addetti. Quanti posti di lavoro – anche a voler ragionare soltanto in questi termini economicistici – può invece produrre un paesaggio ben conservato sotto forma di turismo culturale, di agriturismo, di residenze qualificate in antichi borghi e casali, di agricoltura specializzata, di “immagine” internazionale? Certamente molti ma molti di più. E senza dissipare un solo ettaro di suoli liberi e di paesaggio.
Qui, invece, 120 ettari rischiano di venire ‘consumati’, asfaltati e cementificati, per creare 40 ipotetici posti di lavoro (30.000 metri quadrati a testa), in una regione che in termini di impianti dedicati al motociclismo risulta già piuttosto fornita, senza contare la relativa vicinanza con quelli di Montorio al Vomano, nel Teramano, di Magione nel Perugino e di Misano Adriatico, fra Riccione e Cattolica, nel Riminese, per non parlare poi del Mugello e Vallelunga abitualmente frequentati dai centauri marchigiani.
La preoccupazione delle associazioni ambientaliste fermane e marchigiane è dunque più che fondata e condivisibile: il pericolo che la colata di cemento si abbatta su una zona di particolare pregio è incombente. Il richiamo alla mobilitazione per la difesa del suolo e del paesaggio è un dovere civico che ogni cittadino dovrebbe ascoltare e sostenere: soltanto nel decennio 1995-2006 in Italia sono spariti sotto un coltre di cemento e asfalto terreni agricoli o boschivi liberi pari alla superficie dell’intera Umbria. Si può soltanto immaginare con raccapriccio quale enorme porzione di Bel Paese abbia fatto la stessa fine dal 1946 al 1995. Con l’aggravante che il più recente “boom” edilizio, durato dal 2000 al 2007, non ha neppure scalfito l’emergenza-casa per le giovani coppie, per gli immigrati, per i ceti più deboli, concentrandosi per lo più su condominii a caro prezzo e su seconde e terze case. Facciamo pertanto appello alla sensibilità e all’intelligenza politica di quanti alla Regione Marche, in Provincia e in Comune sono politicamente preposti alla pianificazione urbanistica e paesaggistica e alla promozione turistica affinché questo nuovo grave scempio venga risparmiato al paesaggio fermano e marchigiano la cui particolare bellezza è ormai nota a livello internazionale. Uno straordinario valore “in sé” che va tutelato e quindi attentamente preservato.

Qui

lunedì 15 novembre 2010

Per un pugno di voti


Seguendo l’insano esempio nazionale di una menzognera politica del fare, che nasconde la “monnezza” sotto ai tappeti napoletani o lascia gli aquilani a se stessi, cacciati anche dagli alberghi dove erano stati abbandonati dopo le tendopoli e ammassati entro traballanti appartamenti obbrobriosi costruiti nella speculazione; seguendo quell’esempio – dicevo – questa imbarazzante amministrazione comunale sta preparando il terreno per le prossime elezioni, sicura di abbagliare il cittadino poco accorto con lo scintillio di progetti presentati come salvifici, ma decisamente inutili. Incurante del parere dei residenti e di molti cittadini, questi personaggi che vivono di politica continuano ad allargare lo squarcio* aperto con l’ascensore sopra il verde vicino all’Astoria – già mostro edilizio che deturpa l’immagine di Fermo per coloro che passano o che ci osservano da ogni ingresso alla città; un mostro costruito al posto di un belvedere che valorizzava il luogo, che fungeva da sosta per ammirare le nostre colline, le montagne vicine, sofficemente imbiancate d’inverno e ornate dalla luce solare d’estate. La bellezza violata impoverisce, ed allontana quei pochi turisti che ci vengono a trovare, li allontana perché il turismo vive di attrazioni, dei luoghi, dei negozi e delle proposte offerte, ed il visitatore accetta ogni tipo di scomodità pur di arrivare nei posti che vale la pena visitare. I nostri luoghi non sono né difficili da raggiungere né appetibili, così come sono oggi, abbandonati a se stessi come carrelli della spesa svuotati nei parcheggi asfaltati di “mercatoni” dell’assurdo. E lo saranno ancora meno, appetibili, dato che le brutture di cemento nei luoghi storici sono indigeste al turista, che nelle città d’arte vuole ritrovare la tradizione scordata, dispersa proprio dalle amministrazioni come la nostra.

Abbiamo cercato, noi cittadini fermani e residenti di viale Ciccolungo, di farci ascoltare da questi politici affamati, ma invano. Le nostre proteste puntuali, argomentate e sensate sono rimaste lettera morta, caduta nel vuoto delle loro idee macchiate d’opportunismo. Stanchi di essere presi per i fondelli, stanchi di essere sudditi senza voce, stanchi di questi continui scempi proviamo a scrivere ancora, al Comune come alla Provincia, alla Procura della Repubblica come alla stampa. Certi di stare dalla parte giusta, sicuri di una partecipazione sentita da tutti alziamo ancora le testa, pacificamente. Poi ci accamperemo sul viale, se sarà necessario, se quest’amministrazione rinchiusa in se stessa continuerà a fare orecchie da marcante, posizionando le ruspe prima del voto, per meri tornaconti economici ed elettorali.

* Nell’ultima Giunta è stato approvato il progetto preliminare definitivo del sistema di risalita meccanizzato che da Viale Ciccolungo sale fino a Via XX Settembre con nuovi ascensori.

Simone Tizi, un cittadino fermano residente in viale Ciccolungo

lunedì 1 novembre 2010

Dilma la rossa


Una guerrigliera marxista alla guida del Brasile - vero colosso economico, quinta potenza al mondo a breve -, mentre Chavez espropria la maggiore fabbrica siderurgica e le case delle immobiliari sfitte. Oramai Latinoamerica siamo noi, ci hanno sopravanzato. Stanno dimostrando che ci sono altri modi per amministrare la società, ben oltre il capitalismo.

Gianni Minà: "Oltre il capitalismo, il Brasile dimostra che ci sono altri modi per amministrare la società"

venerdì 29 ottobre 2010

Ruby baby

Ecco cosa ne pensa di noi il resto del mondo, ecco perché Berlusconi è comunque un problema da affrontare con un reale antiberlusconismo, che lo dichiari anticostituzionale, che non lo consideri un interlocutore credibile. Ecco perché serve una reale sinistra comunista ed anticapitalista che combatta la società dei consumi e dello spettacolo:




-1) El Mundo
Un escándalo erótico-festivo vuelve a salpicar a Berlusconi

-2) El Pais
Una menor marroquí implica a Berlusconi en otro turbio episodio sexual

-3) El Pais
"Liberadla, es la sobrina de Mubarak"

-4) The Guardian
Silvio Berlusconi denounces furore over links with 17-year-old girl

-5) La Libre Belgique
Nouveau scandale sexuel autour de Berlusconi en Italie

-6) Les Echos
Berlusconi: la gauche veut des explications sur un scandale sexuel

-7) Liberation
Berlusconi et la petite voleuse

-8) La Nacion
Otro escándalo sexual salpica a Berlusconi

-9) The Washington Post
Berlusconi dismisses prostitute reports as 'trash'

-10) The Telegraph
Silvio Berlusconi gave me cash after we had sex, says teenager

mercoledì 20 ottobre 2010

Il Papa PDofilo

di Alessandra Daniele

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E' terminata l'estrazione dei minatori cileni (numero jolly 33) continua invece quella dei parenti di Sarah Scazzi che avrebbero partecipato al suo omicidio. Ogni giorno se ne aggiunge uno, e le analisi del movente si diversificano. La Padania ha titolato: ''Pugliese uccisa perché voleva vivere all'occidentale''. Entro la fine di questa settimana i Misseri assassini potrebbero essere abbastanza da formare un loro gruppo parlamentare, e Bonaiuti auspica che non facciano mancare l'appoggio al governo.
Intanto lo scenario politico è in fermento come una discarica satura. Mentre i polifascisti si scindono per moltiplicarsi, le Brigate Redshirt piddine continuano a fottersi con le loro mani, lo slogan ''Rimbocchiamoci le maniche'' è infatti un chiaro riferimento al fisting. Il PD è alla ricerca dell'ennesimo nuovo leader, il cosiddetto ''Papa Straniero''. S'è parlato prima di Lapo Elkann coi fratelli Harpo e Zeppo, poi di Montezemolo, Marchionne, Marcegaglia, Bernie Madoff. In realtà i nomi più quotati, pienamente in linea coi valori del PD, sono altri. Eccoli:

Erich Priebke
Parzialmente liberatosi dai suoi precedenti impegni, condivide col PD l'alto senso dello Stato, l'intransigenza legalitaria, e il rispetto per le Forze Armate. La sua esperienza e la sua competenza sarebbero preziose sia nella soluzione finale del problema immigrazione, che in tema di lotta al terrorismo, e riguardo all'invio di bombardieri in Afghanistan proposto dal governo, che Fassino ha approvato. Inoltre, la sua leadership potrebbe migliorare i rapporti col Vaticano, instaurando con Joseph Ratzinger un'intesa basata sulle comuni radici culturali.

Il virus Ebola
Da molti anni si prodiga efficacemente per contrastare la sovrappopolazione, e limitare l'immigrazione. Il valore umanitario del suo impegno in Africa è secondo solo a quello di Walter Veltroni. La straordinaria capacità di diffusione del suo influsso sarebbe preziosa nell'annunciata campagna porta a porta del PD. Il suo intervento ridurrebbe drasticamente il numero dei disoccupati in Italia, e successivamente anche in Europa.

L'asteroide Apophis
Benché in rotta verso la Terra, da molti è ritenuto destinato a rimanere solo una meteora passeggera nell'orizzonte politico italiano. In realtà, il suo impatto potrebbe rivelarsi enorme e decisivo, modificando drasticamente il panorama istituzionale. Inoltre, le ricadute della sua discesa in campo cambierebbero notevolmente il clima politico, portando all'estinzione di molte specie di problemi, e instaurando la tanto auspicata era delle Riforme.

El Chupacabra
Pare che non esista. Proprio come il PD.

A decidere il nuovo leader saranno come sempre le primarie, nelle quali uno di questi candidati esterni - o forse tutti e quattro - sfideranno l'attuale segretario in quella che sarà anche una gara di popolarità. Pierluigi Bersani parte nettamente sfavorito.

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lunedì 18 ottobre 2010

Redistribuzione

domenica 17 ottobre 2010

sabato 16 ottobre 2010

Le bestie dalla Serbia, falso evento


di Wu Ming 5

Il Demos non sa che farsene della democrazia. Questo mi viene in mente se ripenso alle scene televisive di Italia-Serbia. Non sono Valerio Marchi, e le mie analisi tendono al generale, sempre. Non sono così addentro al “fenomeno ultras” da potermi spacciare per esperto, ero solo uno che andava in curva negli anni ’80. E’ proprio in questi frangenti che la voce di Valerio manca. Non che ci sia silenzio attorno alla vicenda. Anzi, c’è il frastuono. I titoli dei giornali: “Vergogna”, “Ecco le Bestie”. Le Bestie. Cioè quelli che portano fino in fondo il discorso imperante nel campo simbolico: identità, radici, essere-qualcuno, amico-nemico. Il medesimo discorso di molti partiti al governo in Europa. Mi viene in mente che parecchi dei nazionalisti serbi in azione a Genova devono essersi trovati, da bambini, sotto i bombardamenti democratici dell’occidente, cioè del Mondo. Non è un discorso giustificazionista: chi non comprende il nemico è destinato a soccombere. Vedete bene che qui, sì, il calcio davvero non c’entra. E neanche gli ultras. E’ utile quindi un sforzo di analisi, cercare il frattempo, riflettere, ragionare: tutte cose che non si possono fare sotto la spinta urgente della cronaca.
Nell’ansia di chiudere i conti con l’egualitarismo, l’ideologia-mondo ha esaltato il discorso della soggettività fino al parossismo. Non si tratta solo di identità etnico-religiose. Pensiamo al fiorire di identità sessuali, comportamentali, sottoculturali degli ultimi anni. Ogni discorso generale sull’uomo e sul suo ruolo nel mondo viene tacciato di Totalitarismo. Il Demos non sa che farsene della democrazia: la democrazia come confronto di opinioni pilotate interessa ormai solo chi pilota le opinioni e chi è incapace di pensiero critico. Chi crede che lo sfacelo ambientale, politico, sociale e morale che va sotto il nome di capitalismo sia “naturale”, e chi di questo sfacelo si nutre. Il populismo di destra, il riaffacciarsi paradossale della bestia proletaria sulla scena europea dà una risposta feticistica e brutale a questi problemi. E’ certamente falso evento, perché la sua rivolta, declinata dentro i parlamenti, nelle TV di regime o negli stadi non può toccare il reale. E’ pericoloso, proprio perché non è alternativo alla democrazia liberale. Ci convive, pronto a sussumerla e a perseguire gli stessi scopi: ognuno al suo fottuto posto. Quello che abbiamo visto in TV, l’ultrà serbo arrampicato sulle reti, dice, oggi più che mai: socialismo o barbarie.

venerdì 15 ottobre 2010

Quella guerra che dovremmo ripudiare


Afghanistan, ecco la verità
di Gianluca Di Feo e Stefania Maurizi

I civili uccisi. Le battaglie dei parà che La Russa non ha mai rivelato. I feriti italiani tenuti nascosti. E poi le stragi di talebani, le azioni coperte degli 007, i tradimenti e i doppi giochi. Ecco il vero volto della nostra 'missione di pace'. Nei file scoperti da Wikileaks e consegnati a L'espresso
(13 ottobre 2010)
«Molti leader talebani nel distretto di Farah vogliono organizzare attacchi contro gli italiani. Gli abitanti sono favorevoli alle truppe della Nato e sostengono gli italiani perché si stanno impegnando per rendere sicura la regione. I guerriglieri hanno paura dei "veicoli neri" della Folgore mentre non temono le jeep color sabbia degli americani e delle forze occidentali. Il capo dell'intelligence locale ritiene che questo terrore nasca dalle perdite che la Folgore ha inflitto ai miliziani nelle ultime operazioni». Eccoli i due volti della guerra in Afghanistan. Quello che ci viene raccontato da anni, con i nostri soldati che lavorano per aiutare la popolazione e proteggerla dagli estremisti islamici. E quello che è sempre stato nascosto, con i reparti italiani che combattono tutti i giorni e uccidono centinaia di guerriglieri. Una sterminata serie di scontri, con raid dal cielo e anche tra le case dei villaggi. Ma anche una missione che deve fare i conti con traditori e doppiogiochisti, con militari afghani addestrati dalla Nato che invece aiutano i talebani, con sospetti sul destino di centinaia di milioni di euro di aiuti pagati anche dall'Italia per la ricostruzione del Paese e scomparsi nei ministeri di Kabul. Una cronaca di reparti con la bandiera tricolore che sparano migliaia di proiettili in centinaia di battaglie, sfidando le trappole esplosive e le imboscate, convivendo con il terrore dei kamikaze che rende ogni auto una minaccia, mentre gli elicotteri Mangusta esplodono raffiche micidiali, incassando spesso i razzi dei talebani.

"L'espresso" è in grado per la prima volta di ricostruire la guerra segreta degli italiani grazie ai nuovi documenti concessi da Wikileaks: l'organizzazione creata da Julian Assange che raccoglie atti riservati e li diffonde sul Web. Si tratta di oltre 14 mila rapporti dell'intelligence americana non ancora noti che il nostro settimanale presenta in esclusiva mondiale e che integrano i files divulgati due mesi fa: dossier che mostrano anche la lotta senza quartiere tra spie con una serie di episodi misteriosi. Funzionari italiani che sparano contro uomini dei servizi afghani e vengono poi arrestati da questi ultimi, un presunto terrorista prigioniero degli americani che viene consegnato al nostro governo e trasferito a Roma. Sono tutti documenti ufficiali, raccolti dai comandi Usa, in cui i reparti italiani spesso compaiono con i loro nomi di battaglia, Lupi, Fenice, Vampiri, Cobra, Tigre, Lince, o con gli acronimi delle loro Task Force, Center, North, South, TF45: resoconti in codice che raccontano l'orrore di battaglie e spesso anche la correttezza degli uomini che rischiano la pelle per non coinvolgere civili negli scontri. Un diario impressionante in cui sono elencate diverse centinaia di combattimenti, con decine di italiani feriti in modo più o meno grave di cui non si è mai saputo nulla. Il database parte dal 2005 e arriva fino al 31 dicembre 2009: "L'espresso" si è concentrato sulle informazioni dello scorso anno, quando rinforzi e nuove regole d'ingaggio hanno provocato l'escalation delle operazioni sotto bandiera tricolore.

Battaglie taciute
Tra maggio e dicembre la Folgore ha cambiato il volto della presenza italiana in Afghanistan. I parà, sostenuti da elicotteri da combattimento Mangusta e dai blindati dei bersaglieri, sono andati alla caccia dei talebani per riprendere il controllo di territori sperduti. E, altra differenza, hanno cominciato ad operare fianco a fianco con gli americani, oltre che con le truppe afghane. I files segnalano oltre 200 scontri in cui sono stati coinvolti i nostri soldati, ma è una raccolta parziale che contiene solo le notizie trasmesse agli Usa.

Uno dei combattimenti più discussi avviene il 31 maggio 2009 intorno alla base Colombus. Siamo a Bala Murghab sulla frontiera occidentale, il settore strategico per esportare l'oppio che finanzia i talebani. Un confine invisibile: i files segnalano inseguimenti che proseguono nel territorio turkmeno. Poco prima del tramonto, sulle postazioni italiane e su quelle degli alleati afghani cominciano a piovere razzi. I parà rispondono anche con i mortai pesanti da 120 millimetri, quattro granate potenti come cannonate. Poi arriva una coppia di elicotteri Mangusta, che spara almeno un missile Tow «neutralizzando gli avversari». Il primo rapporto del comando italiano sostiene che siano stati uccisi 25 guerriglieri: 20 dai mortai e cinque dal missile.

Qui

giovedì 14 ottobre 2010

mercoledì 13 ottobre 2010

Er compagno scompagno


Un Gatto, che faceva er socialista
solo a lo scopo d'arivà in un posto,
se stava lavoranno un pollo arosto
ne la cucina d'un capitalista.

Quanno da un finestrino su per aria
s'affacciò un antro Gatto: - Amico mio,
pensa - je disse - che ce so' pur'io
ch'appartengo a la classe proletaria!

Io che conosco bene l'idee tue
so' certo che quer pollo che te magni,
se vengo giù, sarà diviso in due:
mezzo a te, mezzo a me... Semo compagni!

No, no - rispose er Gatto senza core -
io nun divido gnente co' nessuno:
fo er socialista quanno sto a diggiuno,
ma quanno magno so' conservatore!

Trilussa

Dedicata ai finti compagni con l'unico scopo "d'arivà in un posto"...

sabato 9 ottobre 2010

venerdì 1 ottobre 2010

Iniziativa del 6 ottobre a Fermo


In vista della manifestazione nazionale indetta dalla FIOM-CGIL per il 16 ottobre, i partiti aderenti alla Federazione della Sinistra della provincia di Fermo (PRC e PdCI) organizzano un incontro con Laura Spezia, della Segreteria Nazionale FIOM-CGIL.
Lo scopo dell’iniziativa è far conoscere la situazione del lavoro in Italia, e in particolare nelle Marche, dopo i fatti di Pomigliano e il grave attacco ai diritti dei lavoratori portato avanti dal trio Marchionne - Berlusconi - Marcegaglia. Per noi comunisti infatti quanto accaduto a Pomigliano è un’anticipazione di quello che a breve accadrà con il progressivo smantellamento dei contratti nazionali di ogni categoria.
L’incontro si terrà presso la Sala Multimediale in via Mazzini (di fronte al Comune di Fermo), il giorno 6 ottobre dalle ore 21.00.
Sostenere la causa dei lavoratori metalmeccanici significa mettere un freno all’arroganza di chi, non solo nel centrodestra, mira alla precarizzazione generalizzata del lavoro e dei diritti.

Federazione della Sinistra
Partito dei Comunisti Italiani
Partito della Rifondazione Comunista
Federazioni provinciali di Fermo

venerdì 24 settembre 2010

L'Onu sulla flottiglia turca di maggio: Israele commise tortura e omicidio


La scienza avanza per eresie. L’uomo evolve attraverso il pensiero estremo, rivoluzionario. La verità non sta nel mezzo, ma in profondità, ci si arriva scavando, approfondendo. Vivere è trasgredire. La civiltà è un atto brutale contro natura. Tutto questo afferma l’uomo in rivolta. In rivolta anche con il pensiero uniformato, con l’informazione di regime, con la violenza del potere, e degli Stati che lo detengono.

La rivolta palestinese è contro l’invasione israeliana. Gli uomini di Palestina sono in rivolta, giudicano inaccettabili nuovi comandi, nuovi soprusi, nuove oppressioni. E coloro che hanno sostenuto e sostengono ancora la causa palestinese sono anch’essi uomini in rivolta. Il 21 maggio scorso alcuni di questi uomini partirono per arrivare A Gaza, per portare aiuti umanitari, per testimoniare una presenza, per incoraggiare a resistere. L’esercito israeliano li fermò, e ne uccise brutalmente alcuni, assaltando le loro imbarcazioni in acque internazionali. Fu uno dei tanti atti criminali commessi da Israele. I volti ed i nomi dei quei morti ammazzati non li scordò nessuno, semplicemente perché nessuno li vide o lesse. Solo in pochi abbiamo avuto il coraggio da subito di condannare quell’atto criminale, come da subito abbiamo sempre condannato tutti gli atti criminali commessi da Israele. Per farlo siamo andati contro, ci siamo rivoltati al sentire comune, ci siamo distinti dal gregge idiota che giustifica l’oppressore. Abbiamo fatto di più. Abbiamo scovato quei volti, li abbiamo mostrati; abbiamo trovato i nomi di quei volti, li abbiamo scritti. Quelle persone sono tornate a vivere nella memoria di chi le ha conosciute, anche solo nella fissità di una foto o nella distanza formale di un nome. Non era giustizia, perché non c’è giustizia nell’omicidio, ma una forma d’esistenza. Per coloro che muoiono nell’esercizio della loro causa, far vedere la propria morte è l’unica maniera di esistere.

Noi abbiamo ricordato quei nomi, li abbiamo fatti esistere. Un atto dovuto, ma destinato a rimanere tale. Quella che continua, che resiste all’usura del tempo, è la causa. Resiste la sua nobiltà che, in questo caso, esige una forma di giustizia. Quegli uomini morti in rivolta non ci sono più individualmente, sono confluiti senza forma all’interno della loro causa.

Per questo oggi noi possiamo parlare di una forma di giustizia, seppur limitata. Non per quegli uomini, appunto, ma per la loro causa. Oggi l’ONU ci dice che “Israele commise tortura e omicidio”, che usò “brutalità inutile e inaccettabile” e che è consentito un eventuale procedimento penale per “i crimini seguenti: omicidio intenzionale, tortura o trattamenti inumani, grandi sofferenze o ferite gravi inferte intenzionalmente”.

Non è altro che un piccolo sasso sotto l’enorme zampa del tiranno, ma va ad assommarsi agli altri sassi, e tutti insieme formano un percorso di rivolta, che forse un giorno i nostri discendenti ricorderanno con indulgenza mista a fiera riconoscenza.

“Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi. Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando.“

Albert Camus, L’uomo in rivolta