martedì 28 dicembre 2010

L'alleanza delle religioni contro l'autonomia uomo



Umberto Galimberti

mercoledì 22 dicembre 2010

Il vero male


“Il vero male, l’unico male, sono le convenzioni e le finzioni sociali, che si sovrappongono alle realtà naturali – tutto, dalla famiglia al denaro, dalla religione allo stato. Si nasce uomo o donna – voglio dire, si nasce per essere, da adulti, uomo o donna; non si nasce, a buon diritto naturale, né per essere marito, né per essere ricco o povero, come non si nasce per essere cattolico o protestante, o portoghese o inglese”

Fernando Pessoa, Il banchiere anarchico

lunedì 20 dicembre 2010

Liberate Kabul


Mentre in Europa chi può permettersi l'università protesta per potersela permettere ancora ed evitare di fare l'idraulico, in altre parti del globo terrestre gli uomini, le donne ed i bambini muoiono straziati dalle bombe che, presumibilmente, qualche ricercatore avrà messo a punto, lavandosene poi le mani, intascando la sua borsa di studio all'estero:

di Massimo Fini - 18 dicembre 2010

Un'ottantina di celebrità del mondo dello spettacolo, della letteratura, della politica ha firmato sul Times un appello, inviato formalmente all'ayatollah Alì Kamenei e al presidente iraniano Ahmadinejad, intitolato "liberate Ashtiani", più universalmente nota come Sakineh. È una bella compagnia.

Ci sono il premio Nobel per la Letteratura V.S. Naipaul, gli attori Robert Redford, Juliette Binoche, Robert De Niro, Colin Firth, il cantante Sting, il leader dei laburisti britannici Ed Miliband, l'ex ministro degli Esteri francese Kouchner, la vedova di Harold Pinter Antonia Fraser e naturalmente l'immancabile Bernard-Henry Lévy che si è auto eletto campione dei "diritti umani". Nell'appello si sottolinea, fra le altre cose, che Sakineh, data a priori per innocente, è in carcere da cinque anni, mentre l'uomo accusato dell'omicidio del marito di lei, dato, chissà perché, per sicuro colpevole, è libero. Costoro che si rivolgono alle autorità iraniane non conoscono nemmeno la legge islamica per la quale il verdetto definitivo spetta ai parenti della vittima il cui perdono, se c'è, annulla la pena. E poiché il parente più vicino alla vittima, oltre al figlio, era la moglie, Sakineh appunto, è ovvio che abbia perdonato l'amante che gli ha fatto il favore di uccidere il marito diventato, per entrambi, ingombrante. Mi piacerebbe che tutte queste "anime belle" lanciassero anche un altro appello: “Liberate l'Afghanistan”. Liberatelo, egregio signor Bernard-Henry Lévy, egregio signor Redford, egregio signor Miliband, dalle truppe straniere che lo occupano e che appartengono alle nazioni di cui voi siete così illustri esponenti. In Afghanistan, con un calcolo al ribasso, sono state 60 mila le vittime civili della guerra. Secondo un rapporto dell'Onu del 2009 “la maggioranza delle vittime civili è stata causata dai bombardamenti della Nato”. Ma anche le altre non ci sarebbero se la presenza delle truppe occupanti non provocasse la reazione degli insorti che, di fronte a un esercito invisibile che combatte con i droni, i Dardo e i Predator, aerei senza equipaggio ma dotati di missili micidiali, teleguidati da Nellis nel Nevada e da una base segreta in Inghilterra, o con gli irraggiungibili B52 che bombardano da diecimila metri di altezza, sono costretti ad accompagnare le classiche azioni di guerriglia con attacchi di tipo terroristico estranei, fino al 2006, alla pratica afghana e talebana. Gli americani bombardano a tappeto i villaggi alla ricerca di talebani. Ma poiché tutti gli uomini validi sono a combattere, nei villaggi ci sono solo vecchi, donne e bambini (in Afghanistan il 40% dei ricoverati in ospedale sono bambini al di sotto dei 14 anni). Il numero delle donne uccise in Afghanistan è quindi altissimo. E non sono donne che hanno somministrato al marito una pesante dose di sonnifero perché l'amante potesse ucciderlo con sette scariche elettriche. La loro sola colpa è di essere donne afghane e di vivere in un Paese in cui qualcuno, venuto da lontano, i Bernard-Henry Lévy, i Miliband, i Kouchner, i Redford, i Robert De Niro, ha deciso di imporre loro di liberarsi dal burqa e, più in generale, di piegare una popolazione che nella stragrande maggioranza non ne vuol sapere ai costumi, agli usi, alle istituzioni, alle leggi degli occidentali. Questo massacro di donne non vi dice nulla "anime belle"? Queste donne innocenti non hanno diritto al vostro interesse? No, per voi il simbolo della libertà rimane Sakineh, un'adultera assassina. Le donne, spesso incinte, spesso spose nel giorno delle nozze, massacrate a decine di migliaia dai vostri bombardieri, in nome della libertà s'intende, sono solo dei semplici, inevitabili, "effetti collaterali". Liberate Sakineh! Sporcaccioni.

venerdì 10 dicembre 2010

Boicottiamo l'istruzione, la cultura borghese



Non potevo nemmeno pensare di studiare una sola delle dotte discipline che portano ad avere questo o quell'impiego, poiché mi apparivano tutte estranee ai miei gusti o contrarie alle mie opinioni. Coloro che stimavo più di chiunque altro al mondo erano Arthur Cravan e Lautréamont, e sapevo perfettamente che tutti i loro amici, se avessi accettato di fare studi universitari, mi avrebbero disprezzato non meno che se mi fossi rassegnato a svolgere un'attività artistica. E se non avessi potuto avere quegli amici, non avrei certamente ammesso di potermene consolare con altri. Mi sono fermamente tenuto, dottore in niente, lontano da ogni parvenza di partecipazione agli ambienti che passavano allora per intellettuali o artistici. (Guy Debord)

domenica 5 dicembre 2010

Prima poesia

Peter Orlovsky and Allen Ginsberg in Lee Forest's room, Hotel de Londres, Paris, December 1957. c. Harold Chapman


PRIMA POESIA

Un arcobaleno viene a versarsi nella mia finestra, sono elettrizzato.
Erompono canzoni dal mio petto, il mio primo pianto si ferma, il mistero riempie l'aria.
Cerco le mie scarpe sotto il letto.
Una grassa donna negra diventa mia madre.
Ancora non ho denti falsi. Improvvisamente dieci bambini mi sie-
dono in grembo.
Mi faccio crescere la barba in un sol giorno.
Bevo un'intera bottiglia di vino a occhi chiusi.
Disegno sulla carta e sento di essere ancora due. Voglio che tutti mi
parlino.
Rovescio l'immondizia sul tavolo.
Invito migliaia di bottiglie nella mia camera, le chiamo insetti di
giugno.
Adopero la macchina da scrivere come cuscino.
Un cucchiaio diventa forchetta davanti ai miei occhi.
I mendicanti mi danni tutti i loro soldi.
Non ho bisogno di altro che di uno specchio per il resto della mia
vita.
I miei primi cinque anni li ho vissuti in pollai senza abbastanza bacon.
Mia madre mostrava la sua faccia da strega di notte e raccontava
storie di barbe blue.
I miei sogni mi sollevano dal mio letto.
Ho sognato che saltavo nella canna di una rivoltella per far la lotta
con un proiettile.
Ho incontrato Kafka e lui è saltato sopra una casa per fuggire da me.
Il mio corpo è diventato zucchero, versato nel tè ho trovato il signifi-
cato della vita.
Non avevo bisogno d'altro che di inchiostro per essere un negro.
Cammino per la strada in cerca di occhi che accarezzino la mia faccia.
Ho cantato negli ascensori credendo di andare in paradiso.
Sono sceso all'86° piano, ho camminato per il corridoio in cerca di mozziconi freschi.
Il mio sperma diventa un dollaro d'argento sul letto.
Guardo fuori dalla finestra e non vedo nessuno, vado giù nella strada,
guardo verso la mia finestra e non vedo nessuno.
Allora parlo all'idrante dei pompieri, e gli chiedo "Hai delle lacrime
più grandi delle mie?"
Nessuno in giro piscio dove capita.
Mie trombe di Gabriele, mie trombe di Gabriele: spiegate i canti di
gioia, il mio gaio giubilo.


(peter orlovsky)